Bianca Zarfati, classe 1949, nota come "Zia Bianca", è finita in carcere insieme ad altre 5 persone mentre alle 2 sono ai domiciliari e 7 acquirenti hanno l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria
“Le telefonate mie e sue sono tutte di mangiate… mai… mai… mai parlato di niente…”. Così ha detto “zia Bianca” agli uomini della guardia di finanza di Roma che l’hanno arrestata con l’accusa di essere a capo di un’organizzazione criminale che spacciava droga – cocaina in particolare – nella periferia ovest della Capitale e sul litorale romano. D’altra parte, effettivamente, Bianca Zarfati, classe 1949, parlava in codice chiamando lo stupefacente di volta in volta “lasagna”, “fettine panate” o “spaghetti alle vongole”. Roba d’altri tempi insomma, così come sostenevano anche gli altri appartenenti al sodalizio criminale che, come emerge dalle intercettazioni, parlavano tra loro dicendo essere rimasti tra i pochi a operare con “serietà” nel settore, facendo le cose alla “vecchia maniera”, in cui contava la “parola data”.
Oltre a “zia Bianca”, in carcere sono finite anche altre 5 persone mentre altre 2 sono ai domiciliari e 7 acquirenti hanno l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. L’operazione è stata eseguita dal Gico del nucleo di polizia economico finanziaria, coordinati dalla direzione distrettuale antimafia. Bianca Zarfati si riforniva stabilmente di droga da Marco Corina, classe 1952 e Marcello Gauzzi, 58 anni, tutti con numerosi precedenti specifici.
Essendo già agli arresti domiciliari, la Zarfati aveva stabilito il centro direzionale e operativo dell’associazione nella propria abitazione a Fiumicino, dove intratteneva i contatti con i fornitori e impartiva le disposizioni per le cessioni dello stupefacente e la riscossione dei relativi compensi a Fernanda Succi, 63 anni alla figlia di quest’ultima, Valentina Mercadante (classe 1981), e a Cesira Succi, 62 anni. Per queste attività il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere per Mercadante e gli arresti domiciliari per le Succi. Pur privilegiando gli incontri di persona ai colloqui telefonici, per le conversazioni a distanza era stato condiviso un singolare linguaggio criptico ispirato al mondo della gastronomia, in cui la cocaina diventava, a seconda dei casi, “fettine panate”, “lasagne” e “spaghetti alle vongole”.
Per trovare una valida alternativa al business in corso e compensare la perdita economica derivante dal sequestro di droga nell’ambito di un’operazione di servizio conclusa con l’arresto di un “corriere”, Zarfati “rispolverava” un suo vecchio contatto peruviano per avviare, insieme a Corina e Gauzzi, una trattativa per l’acquisto di narcotico direttamente dal Sud-America a prezzi concorrenziali, che si sarebbe dovuta concretizzare con una prima fornitura di 6 kg di cocaina. Anche se l’affare non si concludeva, le indagini hanno consentito di individuare i referenti dell’organizzazione peruviana in Walter Jesus Nunez Moren (classe 1978) e Lopez Huaman Junior Gabino (classe 1986), nei cui confronti e’ stata disposta la custodia cautelare in carcere. Con riferimento a 7 acquirenti di droga, anche loro compiutamente identificati dagli investigatori, il G.I.P. ha disposto, invece, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Gli approfondimenti svolti hanno, infine, fatto emergere come 7 indagati percepiscano o abbiano percepito – direttamente o in quanto inclusi nel nucleo familiare dei beneficiari – il “reddito di cittadinanza” o il “reddito di emergenza”; saranno quindi interessati i competenti uffici dell’I.N.P.S. per sospendere il beneficio economico. Le azioni di contrasto assicurate nel corso delle indagini, culminate nell’esecuzione dell’odierno provvedimento cautelare, testimoniano l’impegno quotidiano della Procura della Repubblica e delle Fiamme Gialle di Roma nella tutela della legalità e nel contrasto ai traffici illeciti.