Era ufficialmente disoccupata. E forte di questo ha fatto domanda (e ottenuto) il bonus spesa Covid da 100 euro, ma in banca di euro ne aveva oltre 320mila. È uno dei casi simbolo dell’operazione condotta dal comando provinciale di Napoli che ha portato alla scoperta e alla denuncia di oltre 700 percettori di bonus spesa legati ai fondi stanziati tra marzo e aprile per fronteggiare le conseguenze economiche dell’emergenza pandemica. Secondo quanto appurato dalla Guardia di Finanza, la donna, che aveva presentato un’attestazione Isee inferiore ai 5mila euro, in realtà era titolare di conti correnti e libretti di risparmio sui quali risultano 325mila euro, oltre ad avere un patrimonio immobiliare del valore di circa 36mila euro. Anche per questa ragione i finanzieri adesso approfondiranno la sua posizione, in quanto il reddito complessivo risulta sproporzionato rispetto alla condizione di inoccupazione della donna, che adesso dovrà pagare una multa di 300 euro.

Tra le 700 persone smascherate – e sanzionate per oltre 250mila euro – anche due coniugi che hanno richiesto entrambi il bonus, pur appartenendo allo stesso nucleo familiare; altri che percepivano già l’assegno di mantenimento per separazione, altri ancora che erano titolari di partita Iva e congiunti di esponenti della criminalità organizzata. I controlli, eseguiti dai finanzieri della compagnia di Torre Annunziata, hanno portato alla luce anche altri collegamenti tra elementi di clan attivi nella zona ed indebiti percettori del sussidio. Ma gli inquirenti hanno voluto mantenere il riserbo sull’identità dei beneficiari.

“I 700 soggetti sanzionati non si riferiscono s0ltanto alla città di Napoli ma all’intera cinta metropolitana”, precisa Monica Buonanno, assessora alle Politiche sociali e al Lavoro del comune di Napoli. “Per il Bonus spesa, con cui abbiamo raggiunto circa 130mila persone, Napoli è l’unica città in Italia ad aver adottato una procedura totalmente informatizzata, con controlli incrociati con tutte le banche dati a disposizione e a monte del processo, consentendo l’erogazione dei buoni attraverso dei Pin elettronici inviati direttamente ai percettori e provando ad evitare al massimo il rischio di truffe a danno delle pubbliche amministrazioni”.

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