Televisione

Loretta Goggi si racconta a FQMagazine: “La tv di oggi non è maschilista, la donna è centrale. Ma resta il problema della bellezza… Io icona? Non credo proprio”

"Il mio sogno del momento? Quello di fare da protagonista una fiction che racconti la storia di una donna della mia età costretta a ricominciare da zero dopo un momento complicato. Sogno un copione di quelli che mi lasciano senza fiato". La grande attrice e conduttrice si racconta a FQMagazine

di Francesco Canino

Scusi Goggi, lei si considera un’icona?
Ma quale icona. Le icone sono Raffaella, Pippo, Mike. Io sono un bersaglio troppo mobile per esserlo. E poi l’icona la riconosci a prima vista, io invece ho sempre cambiato look.

Mito vivente le piace di più?
Vivente di sicuro, mito non credo proprio.

Che fa, pecca di modestia?
No, semplice realismo. Mica mi hanno scolpita nelle montagne rocciose.

Dunque come si definirebbe?
Una professionista seria, me lo riconosco da sola, e un personaggio raro nel mondo dello spettacolo italiano. E sa perché?

Dica.
Perché non trovo nel mio ambiente un’altra uguale a me, una che ha impiegato sessant’anni per essere riconosciuta per ciò che sono. Non ho partiti alle spalle, non ho conoscenze ai piani alti e non le ho mai inseguite, sono un orso anti mondano e soprattutto non mi sono mai voluta vendere: se ho avuto una carriera così longeva e sono ancora qui, è solo per l’affetto e l’amore del pubblico.

A Loretta Goggi – Loretta con la O, Una Loretta centomila, Hello Goggi! – non piacciono le etichette, non piacciono le celebrazioni e, in fondo, non ama nemmeno troppo guardare al passato. Soprattutto se surfare tra i suoi sessant’anni di carriera diventa un esercizio di stile, di quelli un po’ agiografici. Coltivare il ricordo, ma senza derive nostalgiche. “Sono sempre stata proiettata sul futuro ed è così anche oggi, pur sapendo che si tratta di un futuro prossimo”, racconta a FQMagazine per Il Fatto Quotidiano mentre lascia il set de Il medico della mala – titolo provvisorio della nuova serie di Cinzia Th Torrini, di cui è protagonista con Bianca Guaccero e Marco Bocci – per partecipare all’ultima puntata di Tale e Quale Show 2020, in onda venerdì 20 novembre.

Curiosità: se l’è fatto un regalo per i suoi 70 anni?
No, non me lo sono fatto. In fondo la vita è un regalo tutti i giorni. Settanta poi è una cifra che fa un certo effetto, più dei 50, che ho compiuto nel 2000 quando dicevano che sarebbe finito il mondo.

Un regalo inaspettato l’ha fatto invece al pubblico: è tornata alla conduzione da sostituta di Carlo Conti a Tale e Quale Show. L’emozione più grande entrando in scena?
La gioia di non cadere dalla scala (ride). Scherzi a parte, ero emozionata come se fosse un nuovo debutto: erano anni che non conducevo più in prima persona e prendere le redini di un programma non tuo è complicato. In più Carlo è una macchina da guerra, un metronomo vivente, conosce ogni sfumatura.

Il bilancio finale?
Ho capito che condurre è come andare in bicicletta: non ti scordi mai come si fa. Ho fatto tutta la puntata con le lenti a contatto e quando sono entrata in camerino, volevo scaricare l’adrenalina con un bel pianto: peccato che una lente sia uscita e l’altra no e alla fine le lacrime le ho trattenute.

Poco prima, in diretta, ha dovuto dare la notizia della morte di Stefano D’Orazio.
Durante la pubblicità il vice direttore di Rai 1 ci ha detto cos’era successo e siamo rimasti senza parole: “Dobbiamo dirlo al pubblico”. Prima di rientrare in scena, Giorgio Panariello e Vincenzo Salemme mi hanno chiesto se me la sentivo di dirlo: “Parla tu che l’hai conosciuto”. Appena il tempo di raccogliere le idee e ho dovuto comunicarlo. Ho conosciuto Stefano qualche anno fa, quando ci hanno consegnato un premio in Puglia: siamo rimasti in contatto, ci siamo mandati molti messaggi carini, era un uomo per bene e spiritoso.

Sempre a Tale e Quale ha condiviso il bancone della giuria con Gigi Proietti: eravate amici?
Gigi era pieno di amici veri, noi siamo stati buoni conoscenti e ci siamo stimati reciprocamente tutta la vita. Ci siamo conosciuti al doppiaggio: io facevo Titti e lui Gatto Silvestro, io avevo 15 anni lui 25. Poi ha avuto la fortuna di lavorare con lui nel musical Stanno suonando la nostra canzone. Mi ha travolto con la immensa bravura e ho potuto imparare tanto dalla sua grandezza.

In un’istantanea, un suo ricordo privato?
Una sera di tanti anni fa a Milano. Gigi e Gianni, mio marito, sono usciti assieme per discutere di lavoro. All’epoca non c’erano telefonini e alle tre del mattino, non vedendo Gianni rientrare mi spaventai e cominciai a chiamare tutti gli ospedali della città. Alle quattro lo vedo rientrare, bagnato fradicio: dopo cena erano rimasti in giro a parlare e un temporale li bloccò per ore in Piazza Beccaria. Gigi era intrattenitore pazzesco, anche nel privato, oltre che un uomo di grande cultura. Mi chiamava Stradivari: disse ad amici comuni che sono come uno strumento prezioso, di quelli che bisogna saper maneggiare con cura per emettere le note giuste. È un complimento bellissimo.

E nella sua lunga carriera, chi ha saputo valorizzarla come uno Stradivari?
In ogni campo c’è stato qualcuno che mi ha capito e instradato. Anton Giulio Majano sul piano della recitazione è stato un maestro: fu lui a volermi come protagonista de La freccia nera. Poi ci fu Pippo Baudo, che ha intuito il mio potenziale più comico e mi volle a Canzonissima, mentre Alighiero Noschese mi fece lavorare sull’impostazione vocale per plasmare la voce e arrivare all’imitazione perfetta. E poi mio marito: è lui che mi ha liberato dalla gabbia dorata della tv garbata e «copionata» in cui pur di essere tranquillizzante dovevo annullare la mia personalità. Gianni ha tirato fuori i miei punti di forza e le mie debolezze per arrivare a un contatto vero e sincero con il pubblico.

È vero che detesta le celebrazioni?
Sì, non mi piacciono.

Uno show per i suoi sessant’anni di carriera lo farebbe?
In estate mi ha contattata Stefano Coletta, il direttore di Rai 1: per il giorno del mio compleanno, il 29 settembre, avrebbe voluto fare una serata. Ho risposto: “Grazie Stefano, non me la sento”. Ho detto no perché avrei rischiato di fare una cosa malinconica.

Teme l’effetto nostalgia?
No, semplicemente sono proiettata sul futuro, per quanto prossimo. M’interessa vedermi e farmi vedere per quella che sono oggi: un artista evolve, cambia, non sono sempre e solo quella di Maledetta primavera, non posso cantarla come negli anni ’80.

Dunque niente Goggi Show?
Uno spazio per me mi piacerebbe, sono sincera, ma la mia convinzione è che il one shot non basterebbe: nella mia testa c’è una cosa più puntate mentre la Rai punta molto sulle serate evento. Ne riparleremo a febbraio, quando avrò finito di girare la fiction.

Serie tv e film. Un po’ seconda primavera professionale, un po’ ritorno alle origini.
Spingo sulla recitazione perché posso interpretare tante donne diverse e tirare fuori parti di me che sono rimaste nascoste in tutti questi anni di lavoro. Adesso sto girando con Bianca Guaccero, Violante Placido e Marco Bocci un progetto molto bello di Cinzia Th Torrini: il titolo provvisorio è Il medico dalla mala. Non è facile la vita sul set in tempi di Covid: pensi che ci facciamo i tamponi due volte la settimana.

Altro che gli anziani improduttivi, insomma: con buona pace di Toti, lei a settant’anni lavora più di prima.
Ho cercato nelle sue scuse una spiegazione a quelle parole, ma non l’ho trovata. Però mi è venuta in mente Rita Levi Montalcini, che ha vinto il Nobel a 78 anni: un cervello che funziona non ha età, così come il talento. Facendo l’attrice poi invecchi, ringiovanisci, è uno stupendo tira e mola anagrafico.

A proposito di età: lei ha ceduto al fascino indiscreto del ritocchino?
Macché. Sono fortunata perché a Tale e Quale c’è l’unico chirurgo che non provoca dolore, il direttore della fotografia Mario Catapano. Lì sono spianata, nei film e nelle serie si vedono tutte le rughe. Accetto il tempo che passa, anche perché ho investito più sul talento che sulla bellezza. Quello bello, a casa mia, era Gianni.

Non si è rifatta ma ha cambiato spesso look, a differenza della Carrà che ha giocato tutta la vita con il suo caschetto biondo identitario. Perché?
Perché credo di non essere una sola Loretta, ho mille donne in me e voglio farle esprimere anche attraverso un abito o una pettinatura. Ho seguito il mio istinto, non mi piace andare sul sicuro.

Per questo ha fatto scelte controcorrente, come lasciare la carriera per dedicarsi alla sua vita privata?
L’ho fatto almeno tre o quattro volte e c’era sempre qualcuno che me lo sconsigliava. Ma non sono mai stata tra quelli che investono tutto sul lavoro, è una cosa che non fa per me: quando sentivo che mi mancava qualcosa mi sono fermata per acciuffare quel qualcosa. Ripensandoci, ho aspettato troppo solo per trovare la persona giusta per avere un figlio.

Le dispiace non aver avuto figli?
Gianni era l’uomo giusto e aveva già tre figli. Abbiamo atteso il momento giusto per averne uno nostro ma non è arrivato: mi sono privata di quella botta di follia che forse mi avrebbe permesso di avere un figlio. Ma forse è stato meglio così. Sono religiosa e penso che il Signore avesse altri progetti per me.

Essere definita un’icona non le piace, eppure è considerata un’icona gay. Si è mai chiesta il perché?
Forse perché sono stata una capace di esagerare, di uscire dai binari della normalità. E poi so che la mia storia d’amore con Gianni ha rappresentato un sogno, anche per molti omosessuali.

Curiosità: come la convinse Berlusconi nel 1981 a lasciare la Rai per l’allora Fininvest?
Più che Berlusconi, a spingermi a cambiare fu il maschilismo che all’epoca imperava in Rai. Ero stanca di essere una co-conduttrice che finiva per fare la sigla e qualche sketch. Mi sentivo stretta e dissi basta.

Così, lasciò Fantastico 2.
Andai a fare teatro con Proietti. Poi Carlo Fuscagni, storico dirigente Rai, passò a Canale 5 e mi chiamò per dirmi che Berlusconi mi voleva offrire un programma di varietà geniale: poco dopo nacque Hello Goggi. Fui la prima ad avere uno show mio e grazie ai miei no credo di avere spianato la strada a tante donne in tv.

Pensa che la tv di oggi sia ancora maschilista?
No, per fortuna. Basta vedere che ruolo giocano due professioniste fortissime come Maria De Filippi e Milly Carlucci. La donna è centrale, non è più solo una spalla. Però resta un problema l’estetica: sembra quasi che agli uomini della tv sia concesso invecchiare o prendere peso, alle donne invece no.

C’era un problema di maschilismo anche alla base dell’epico scontro in diretta tra lei e Mike Bongiorno a Miss Italia 2007?
Sì, lo vissi come una mancanza di riguardo nei miei confronti, sia come donna che come professionista. Ma non ne parlo mai perché Mike non c’è più e non sarebbe corretto tirarlo in ballo. Fui attaccata da sua moglie Daniela, dissero che il mio fu lo sfogo di una donna in menopausa, ma nessuno venne a chiedermi cosa accadde davvero.

Tornando al presente: il suo grande sogno?
Quello di fare da protagonista una fiction che racconti la storia di una donna della mia età costretta a ricominciare da zero dopo un momento complicato. Sogno un copione di quelli che mi lasciano senza fiato.

Ultima curiosità: mi dice il regalo che avrebbe voluto per i suoi 70 anni?
Il regalo me lo faccio tutti i giorni vivendo una vita piena di lavoro e dell’affetto della mia famiglia e dei miei amici. Il regalo è esserci e continuare a mordere la vita.

Loretta Goggi si racconta a FQMagazine: “La tv di oggi non è maschilista, la donna è centrale. Ma resta il problema della bellezza… Io icona? Non credo proprio”
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