“La Direzione sanitaria degli Ospedali San Carlo e San Paolo di Milano ha immediatamente avviato indagini interne ed esterne all’Asst, al fine di effettuare tutte le verifiche necessarie nella più totale trasparenza nei confronti dei pazienti assistiti e dei loro familiari”. In tre righe, i vertici dei due ospedali promettono chiarezza su come è stata gestita l’emergenza nella seconda ondata. Il caso è emerso ieri, dopo che il fattoquotidiano.it ha rivelato i contenuti di una lettera pesantissima che 50 medici, tra medici d’urgenza e rianimatori, hanno scritto alla propria direzione per rappresentare le estreme difficoltà in cui si sono trovati ad operare, con 350 posti letto già occupati, il Pronto Soccorso preso d’assalto, le barelle che si trasformano in letti e le sale di attesa in reparti, coi medici costretti “a fare scelte né clinicamente né eticamente tollerabili” e di essere “stati forzati a dilazionare l’accesso a terapie e tecniche“.

Il resto della nota (scarica il testo integrale) è una difesa d’ufficio che enumera i “rinforzi” reclutati dalla struttura da gennaio, nella misura di 97 medici e 94 infermieri, mentre il direttore generale Matteo Stocco assicura (a verifica appena annunciata) che “tutti i pazienti assistiti presso gli Ospedali San Carlo e San Paolo hanno avuto accesso alle cure intensive se bisognosi di tali cure e mai è stata negata ai pazienti le migliori cure possibili”. Proprio oggi è partita la richiesta di acquisire tutte le cartelle cliniche.

Diramata per raffreddare il caso, la nota non placa però le polemiche politiche, con diverse forze di opposizione che chiedono alla Regione e all’Asst di concentrarsi sul merito della denuncia e non dar corso a una “caccia alle streghe”. I Cinque Stelle chiedono che il caso sia tra i primi sulla scrivania della Commissione d’inchiesta Covid. Sul fronte Regione Lombardia non si registrano reazioni alla vicenda, non ne parla l’assessore alla salute Giulio Gallera. Il rischio è che l’ente alla fine controlli se stesso. Il Pd chiede allora “a Fontana e Gallera di fare subito le dovute verifiche e di intervenire”.

Negli ospedali intanto succede altro. Da ieri i medici che hanno testimoniato quella situazione temono rappresaglie e hanno paura di parlare. Se lo fanno, è dietro assoluta garanzia di anonimato. “Non ci possono licenziare – ragiona uno di loro – ma da ieri qui si respira un’aria di terrore, mi è giunta voce della richiesta di verificare tutte le firme per identificare i medici uno per uno”. Qualcuno, teme la cacciata. “Se non succede, è perché abbiamo 350 ricoverati Covid e altrettanti non Covid da salvare”, è l’unica sicurezza, che non cancella però la paura di future iniziative sul fronte disciplinare. Nessuno parla coi giornali. Su questo l’Asst dei due ospedali era già intervenuta nella prima ondata, su richiesta di Regione Lombardia, intimando i propri medici a non rilasciare interviste o interventi “in relazione all’emergenza Coronavirus”, se non preventivamente autorizzati.

Le lettera infatti non era destinata ad essere diffusa. Nasceva come comunicazione interna per fornire alla direzione un circostanziato resoconto delle difficoltà in cui i medici si trovano a operare per le carenze di organico. Finché era chiusa in un cassetto non disturbava nessuno. Lo prova il fatto che il direttore Stocco, prima della pubblicazione, era stato interpellato proprio per parlare dei problemi dell’area critica: pur ammettendo le difficoltà, nell’intervista non ha fatto cenno al documento, sebbene fosse stato trasmesso (e protocollato) il giorno prima. Solo quando è diventato di pubblico dominio, la temperatura nei corridoi del San Paolo e San Carlo si è fatta rovente. I primari dei reparti emergenza e rianimazione Francesca Cortellaro e Stefano Muttini sono stati convocati d’urgenza per chiarimenti e in serata hanno preso posizione dissociandosi pubblicamente dai colleghi. Su Repubblica, la Cortellaro ha poi parlato di “lettera vergognosa”, bollando come “falso” quello che hanno scritto i colleghi: “al Pronto soccorso non sono mai state negate cure necessarie a salvare pazienti Covid”. Insomma, i medici avrebbero mentito. Ma non erano uno o cinque: erano cinquanta. E tutti operativi nell’area critica. A quel punto anche i piani alti dell’Asst hanno dovuto fare i conti con quel documento, che non è stato presa come una legittima richiesta di aiuto e confronto con la direzione, ma come un gesto sconsiderato e irresponsabile che mette in cattiva luce gli ospedali e la loro direzione perché può insinuare nei pazienti e nei loro congiunti il dubbio sulle cure ricevute.

Se la lettera che scotta internamente viene trattata con piglio quasi militare, all’esterno è diventata un caso politico, sia per il clamore della denuncia che per il particolare momento che vede Fontana e la maggioranza in Regione impegnati da tempo a rivendicare la zona arancione per la Lombardia, anche sulla base della diminuzione della pressione negli ospedali negli ultimi giorni. La lettera racconta però cosa succedeva al loro interno, e l’opposizione attacca.
“Mentre Fontana si lamenta e parla di zona arancione, i suoi medici dagli Ospedali San Carlo e San Paolo scrivono una lettera che è un pugno nello stomaco”, dichiara il consigliere regionale Pietro Bussolati (Pd). “Fatti gravissimi che in questi mesi abbiamo denunciato con interrogazioni ed evidenziando la situazione, con forza e senza sosta, ricevendo risposte elusive e arroganti (anche dalla dirigenza sanitaria)”. L’auspicio è che “la direzione dell’ospedale prenda coscienza costruttivamente di queste grida per cercare di risolvere i problemi, e non intraprenda invece l’ennesima caccia alle streghe nei confronti di chi lotta giorno e notte in prima linea”. Rincara la dose il vicepresidente del Consiglio regionale Carlo Borghetti: “E’ comunque certo che quei medici hanno bisogno d’aiuto, così come tutti quelli in trincea negli altri ospedali dell’area metropolitana, e non vorremmo proprio che la Regione pensasse solo al reparto in Fiera”

Si muovono anche i Cinque Stelle. “Ho letto gli estratti della lettera, denuncia cose gravissime. Stavo giusto scrivendo una lettera al presidente della Commissione Covid perché su questa vicenda, gravissima, deve fare luce fino in fondo e senza condizionamenti”, dice il consigliere M5S Gregorio Mammì. “Una notizia del genere deve essere approfondita in quella sede, che è anche un modo per confrontare le diverse versioni dando ai medici che hanno ritenuto di segnalare le inefficienze una sede opportuna per dettagliarle e la copertura per farlo senza condizionamenti o rappresaglie. Ma posso dire che anche solo un richiamo scritto sarebbe inaccettabile”.

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