A tre anni dall’ultimo atto parlamentare sulla strage del Moby Prince il tema torna nell’agenda politica nazionale con un’interrogazione rivolta al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. A firmarla la deputata del Misto Gloria Vizzini. L’atto cita il contributo sul caso fornito alla magistratura dal pentito ‘ndranghetista Filippo Barreca, una serie di testimonianze terminate nel giugno 2020. Barreca risulta senza la protezione data ai collaboratori di giustizia dal 2015, benché la relazione della Direzione Nazionale Antimafia del 2016 lo indichi come “nuovo collaboratore di giustizia” con la dicitura “Inizio collaborazione (data rich. Piano Provvisorio) 30/1/2015 (Nuova Proposta)”.

Filippo Barreca è il primo pentito di mafia a fornire testimonianze sul Moby Prince a quasi trent’anni dai fatti. e Vizzini interroga il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede per conoscere se nelle sue intenzioni stia il ripristinare la protezione al pentito e, vista la portata dell’indagine penale in corso, ad abbinare un regime di protezione anche per i magistrati al momento al lavoro per trovare mandanti ed esecutori della strage, la più grande della storia repubblicana ad oggi impunita.

Dal ministero fanno sapere a ilfattoquotidiano.it di doversi astenere da commento al momento, per correttezza istituzionale. Ma fonti de ilfattoquotidiano.it assicurano un interessamento del Ministro sul caso, già avviato dopo la sentenza del tribunale di Firenze, che ha negato ai familiari delle vittime il diritto di chiedere il risarcimento del danno allo Stato per il mancato soccorso pubblico accertato dalla Commissione d’inchiesta parlamentare.

L’indagine penale scattata a Livorno dopo il lavoro della commissione e coordinata dal procuratore Ettore Squillace Greco e dalla sostituta procuratrice Sabrina Carmazzi – secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it è centrata sulle anomalie del quadro assicurativo legato alla vicenda e sui riscontri del documento declassificato del Sismi secondo il quale il disastro navale del 1991 potrebbe essere collegato ad una “rete di traffici illegali di scorie, rifiuti tossici e armi” caratterizzante la rada di Livorno a seguito dell’anomalo stazionamento nella rada di Livorno di navi militarizzate americane dalla Guerra del Golfo e altre navi ad oggi non identificate. In parallelo la Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze avrebbe posto la sua attenzione su alcuni indizi della presenza di associazioni di tipo mafioso nella cornice dove si consumò l’evento, con ruoli e responsabilità ancora da accertare.

“Vogliamo sapere e conoscere ciò che un pentito possa aver raccontato su questa strage – sottolinea a ilfattoquotidiano.it Loris Rispoli, storico portavoce dei familiari delle vittime -. In un momento come questo è più che mai necessario avere certezze e testimonianze attendibili che possano aiutare la magistratura a indagare e punire chi si è reso responsabile di questa strage”.

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