Italia Nostra e il movimento culturale ReWriters organizzano un incontro in diretta Facebook il 23 novembre, dalle ore 18.00 alle 20.00, per riscrivere il rapporto tra cultura e territorio alla luce della contemporaneità

di Antonella Caroli*

A Trieste, in un luogo spettacolare come l’antico magazzino del Lloyd Austriaco (1838), in Androna Campo Marzio, un nutrito gruppo di architetti e sociologi si è riunito per tre giorni (3-6 settembre) per dettare le linee guida di una “Charta Trieste”. Il programma del forum, molto denso, disciplinato e costruttivo, ha visto sedici relatori confrontarsi con l’obiettivo di redigere una nuova “Charta“, un tentativo nella storia delle diverse “Charta” di elaborare una visione della città futura, aggiornando la Carta di Atene del 1934 di Le Corbusier.

Come si è detto da più parti, la pandemia che stiamo attraversando è una chance per riflettere sulla potenzialità delle città dopo il Covid 19. La sfida internazionale è stata lanciata da quattro architetti: Peter Lorenz, Giulia Decorti, Christian Kühn e Harald Trapp, i primi due ai vertici del LorenzAtelier con sedi a Vienna, Innsbruck e Trieste.

Questi architetti non ritengono che l’urbanistica debba essere dettata dalle indicazioni della classe politica ma debba invece rimanere responsabilità degli esperti e dei professionisti, che per educazione e pratica sono in grado di capire i mutamenti e le necessità per riprogettare le città. Il politico, dalla prospettiva della Charta, viene visto come manager della città ma non come esperto, che risponde a prospettive a breve termine mentre la città deve essere progettata tenendo conto di una visione a lungo termine.

Saranno gli architetti e gli urbanisti a comprendere e ridefinire/sviluppare in modi interdisciplinari gli spazi urbani e la vivibilità – in democrazia con la partecipazione dei cittadini. L’urbanistica è completamente sottovalutata e in Italia esiste solo in poche città, come per esempio a Milano. In tante città l’urbanistica costruttiva non esiste più perché a decidere sono i politici/sindaci, la cui agenda risponde in modo strumentale ai loro mandati.

Perché Trieste? Trieste è stata tradizionalmente un laboratorio di progettazione urbanistica di altissimo livello, a partire dal Settecento, ancora oggi molto vivace e attivo. Sotto gli Asburgo venne costruito il Porto franco, oggi un’area di 600 mila metri quadri in via di riqualificazione, che prevede il riuso dei 23 magazzini presenti in quel distretto storico monumentale. Come sottolineato dall’architetto Giulia De Corti nel simposio: “Trieste quale città internazionale e aperta sembrava la scelta migliore, con una potenzialità enorme, basti pensare all’edificio stesso in cui ci troviamo (l’antico magazzino del Lloyd Austriaco) costruito da un inglese che voleva fare di Trieste una “Little Liverpool”.

I promotori hanno scelto come primo grande tema, non sorprendentemente e certamente con buona ragione, quello dell’etica della città: si vuole prossimamente riunire i principi filosofici con l’urbanistica. Un obiettivo volto a dare concretezza a una visione avanguardistica, ma allo stesso tempo attenta alle reali esigenze della città. Sociale, ecosostenibile, moderna: questi i valori principali che caratterizzano il concetto di città che si vuole divulgare. Una città che si prende cura delle sue periferie e delle sue ferite; della natura, del paesaggio e del valore del suolo; delle necessità di tutti i cittadini; che valorizzi i punti di forza e “ripari” i punti deboli.

LorenzAteliers lavora, per esempio, sulla metamorfosi delle zone separate (industria, commercio, etc.) per destinarle nuovamente ad usi misti. Negli ultimi anni del dopoguerra, le nuove strutture urbane periferiche erano state concepite come interventi solo pratici ed economici. Oggi però le periferie devono affrontare e risolvere numerosi problemi, come i costi altissimi delle abitazioni, le distanze troppe alte che rendono necessario l’uso dell’auto e il traffico individuale eccessivo.

Accanto al tema delle periferie, Peter Lorenz ricorda anche i centri città, riscoperti mezzo secolo fa, partendo proprio da una città italiana – Bologna nel 1967 – e ormai rivalutati in tutta Europa. Il tema sembrava più o meno risolto ma attualmente si è cominciato a parlare di un “turning point”, di un cambio importante di parametri nel XXI secolo, che potrebbe diventare ora una visione per il dopo Covid.

Il patrimonio urbanistico/architettonico più importante al mondo è certamente italiano, ma va ricordato che l’invenzione dello spazio pubblico è nato in Grecia con l’inizio della democrazia. Soltanto recentemente abbiamo riscoperto l’importanza dello spazio pubblico, almeno nei centri storici delle città, ma manca ancora nelle periferie. La movida cittadina con il suo carico di contagi, le piazze chiuse, tutto sembra indicare che questi spazi dovranno tornare ad essere vissuti in modo diverso. Nessuno sa bene se dopo il Covid ci sarà più distanza fra di noi e se cambieranno i vecchi costumi dell’incontro, ma certamente questa è l’occasione necessaria per “ripensare la città”.

L’architetto Peter Lorenz sostiene che siamo alle prese forse con la prima, vera crisi mondiale della nostra generazione. Non è solo, lo pensiamo in molti, e immaginiamo un mondo nel 2022 completamente diverso dal 2019: un anno caratterizzato dalla crisi climatica, dal turismo eccessivo, dal traffico fuori limiti, dalla distruzione della natura, dei boschi. Abbiamo perso un terzo di animali in mezzo secolo e distrutto la metà delle foreste in pochi anni: segnali gravi per il nostro pianeta. Il Covid ha dato uno stop a tutto questo, costringendoci a fermarci e a ripensare la nostra economia, il nostro futuro umano/umanistico e la nostra relazione con la natura. La natura deve essere rispettata in modo religioso.

L’urbanistica sarà l’argomento numero uno del XXI secolo: sarà infatti nell’ecosistema urbano che si deciderà il nostro futuro umano e la sostenibilità del nostro modello economico-sociale, visto che ormai il 60% della popolazione mondiale vive in città. Cambiare il nostro modo di vivere e organizzare le città in modo ecosostenibile farà la differenza tra la distruzione e/o la sopravvivenza.

*Consigliera nazionale di Italia Nostra

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