L’evocazione del Venezuela come regno del male, tirannia di satrapi sanguinari, luogo di disastri economici e Stato fallito, è un classico dei luoghi comuni di cui sono soliti infarcire i loro sconclusionati discorsi i neoliberisti impenitenti, i reazionari di ogni risma e gli imbecilli in genere. Quanto affermato dall’avvocata di fiducia dell’ex presidente Trump Sidney Powell supera però ogni immaginazione e ogni limite della decenza.

In sostanza la signora Powell addossa alla Repubblica bolivariana di Venezuela e al suo compianto leader, il comandante Hugo Chavez che ci ha lasciato oltre sette anni fa, la responsabilità del “complotto pro Biden” che avrebbe “rubato” – per riprendere la terminologia dei suoi fanatici e armatissimi sostenitori – la presidenza al fu Donald.

Arma del delitto oltre al sovvenzionamento di Biden, di cui sarebbero responsabili anche Cuba e forse la Cina, il sistema di votazione computerizzato impiegato sia in Venezuela che negli Stati Uniti fornito dalla società Smartmatic. Le affermazioni della Powell sono zeppe di fake news e inesattezze, prontamente evidenziate dalla stampa statunitense. La logica dell’avvocata Powell merita tuttavia una certa attenzione: non abbiamo sempre detto, dice la signora, che le elezioni in Venezuela sono fraudolente? Il fatto che sia la stessa ditta ad occuparsi delle elezioni degli Stati Uniti conduce a un’indubitabile conclusione: anche qui c’è stata frode, tanto è vero che Trump è stato sconfitto.

In sostanza la signora Powell non fa altro che applicare alle faccende domestiche statunitensi il principio che gli Stati Uniti hanno sempre applicato al resto del mondo: se in una competizione elettorale prevale qualcuno che non ci sta bene ci deve essere per forza una frode e occorre quindi intervenire per ristabilire la democrazia e la giustizia. L’intervento in questione può assumere varie forme e approfitta, nel caso in esame, del carattere estremamente astruso e barocco del sistema elettorale statunitense.

Esso viene effettuato in primo luogo nei confronti degli organismi giudiziari, che però almeno per il momento non sembrano cedere alle pressioni dei trumpiani, e delle assemblee elettive dei singoli Stati maggiormente contesi, in alcuni dei quali i repubblicani hanno la maggioranza. Solo in ultima istanza l’intervento potrebbe assumere le sembianze, da sempre praticate da Washington in America Latina e in ogni parte del mondo, dell’impiego della forza militare per imporre la propria volontà. Pare invero al momento un’ipotesi alquanto improbabile e non si sa bene chi interverrebbe: il Pentagono e l’Fbi i cui vertici Donald ha sostituito per renderli più malleabili ai suoi desideri? La Guardia Nazionale? I Proud Boys e analoghe milizie suprematiste? Il Ku Klux Klan? Staremo a vedere.

La verità è come sempre lontana migliaia di chilometri dai deliri e dalle baggianate di Trump e dei suoi seguaci. Molto semplicemente, il sistema adottato, fosse esso fornito dalla Smartmatic o da altre ditte specializzate, ha funzionato correttamente e i risultati delle elezioni resi pubblici corrispondono alle preferenze espresse dagli elettori, negli Stati Uniti come in Venezuela. Ne consegue che Trump deve sgombrare il campo al più presto, lasciando che il presidente eletto Biden e la vicepresidente Harris assumano le loro cariche.

Ne consegue che gli Stati Uniti e l’Unione europea devono riconoscere pienamente il diritto del popolo venezuelano ad esercitare democraticamente il proprio diritto di voto nelle prossime elezioni politiche del 6 dicembre, nonostante queste siano boicottate da gruppetti e settori politici irrilevanti quantitativamente quanto asserviti ad interessi stranieri, guidati dall’impresentabile Guaidò.

In particolare l’Unione europea, che attraversa nuovamente una grave crisi per i ricatti esercitati da governi autoritari come quello dell’ungherese Orban e quello del polacco Duda, per i rigurgiti di monetarismo neoliberista espressi dalla signora Lagarde e per la sua assoluta inconsistenza sul piano della politica estera, deve smetterla una volta per tutte di tentare di sabotare il processo democratico venezuelano, come chiesto da questa petizione.

Il 6 dicembre i venezuelani e le venezuelane si recheranno alle urne per eleggere una nuova assemblea parlamentare che, respingendo ingerenze esterne e tenendo presente come propria bussola suprema l’interesse del popolo, farà avanzare il processo di sviluppo e avanzamento del Paese, dando una risposta esemplare al complottismo della destra reazionaria. Occorre augurarsi che quest’ultima sia emarginata definitivamente anche negli Stati Uniti e che Biden, sedendo infine sullo scranno presidenziale come richiesto a grande maggioranza dal suo popolo, non continui a riprodurre impostazioni imperialiste oramai sconfitte dalla storia.

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