Nel 15esimo anniversario dell’elezione della cancelliera Angela Merkel vengono spontanee alcune considerazioni relative al suo ‘stile politico’. Per molti la Merkel oggi rappresenta l’antitesi del politico aggressivo al quale piace indossare la divisa del maschio alfa, si pensi a Trump o a Putin. Tuttavia questa dicotomia non è un fenomeno del presente.
Angela Merkel venne eletta cancelliera nel 2005, quando George W. Bush e Tony Blair giocavano alla guerra in Iraq insieme ai loro fedeli alleati, lo spagnolo Aznar e l’italiano Berlusconi. La Germania, non dimentichiamolo, si rifiutò di entrare a far parte della coalizione promossa da costoro, un fronte che oggi sappiamo fu costituito grazie alle menzogne fabbricate ad hoc dai neo-con e dal new-labour. Sono dunque 15 anni che la Merkel ha a che fare con questo tipo di politico e 15 anni che gli tiene testa.
La sua più grande vittoria non è l’essere sopravvissuta per così tanto tempo nel recinto del narcisismo politico, né l’essere diventata il leader politico tedesco post-bellico con la maggiore anzianità a pari-merito con Helmut Köhl, ma aver gestito mirabilmente la politica interna ed estera tedesca ed europea durante le frequenti ondate di testosterone lanciate dai suoi colleghi maschi. Come c’è riuscita? Di certo l’ha aiutata l’essere intelligente, colta e anche scaltra, ma il vero segreto del successo è l’istinto politico che questa donna ha sviluppato durante l’adolescenza e la giovinezza.
Angela Merkel è nata nel 1954 ad Amburgo ma è cresciuta oltre cortina poiché suo padre, un ministro protestante, decise di portare la famiglia a vivere nella Germania dell’Est. E’ dunque sotto il regime comunista che la giovane Merkel si è formata, ha fatto i suoi studi e ha imparato a navigare le tormentate acque della politica post-bellica. Senza quella palestra non sarebbe stata in grado di gestire crisi epocali come quella del debito sovrano o dei migranti. In entrambi i casi la Merkel prese decisioni in netto contrasto con i colleghi: si rifiutò di espellere la Grecia dall’euro e aprì le frontiere a milioni di rifugiati. Nonostante l’opposizione degli altri leader europei, la Merkel ebbe ragione, sorprendendo un po’ tutti, inclusi i suoi fan.
L’abilità politica di questa donna, che ha un dottorato in fisica quantistica e non ha studiato legge, politica o economia come gran parte dei politici, sta nello scegliere le battaglie che vale la pena combattere e vincere senza farsi influenzare dall’ideologia. Poche ma fondamentali: era questa l’unica tattica della sopravvivenza oltre cortina. Tra l’una e l’altra la migliore strategia è mantenere l’equilibrio usando la razionalità come bilancia. Ed ecco spiegato perché molti hanno considerato la Merkel un leader cauto, forse anche troppo, e perché decisioni come l’aperura delle frontiere ai migranti hanno suscitato sorpresa.
La storia però non la descriverà come cauta né imprevedibile, ma come una grande leader sempre in sintonia con la realtà, una cancelliera al sevizio del proprio popolo, che una volta abbandonata la scena politica si godrà una vecchiaia tranquilla, lontano dai riflettori. La storia la celebrerà anche per la gestione della pandemia, che coraggiosamente Merkel ha descritto come la crisi più seria per il paese dalla seconda guerra mondiale. Con razionalità, conoscenza scientifica e grande umiltà la cancelliera ha affrontato la minaccia del coronavirus, a differenza di altri politici non ha mai sminuito né ingigantito il problema, lo ha costantemente analizzato sviluppando strategie ad hoc.
Nell’era della politica-spettacolo, in cui tutto e tutti sono sempre sopra le righe, Angela Merkel offre non solo un’alternativa solida alla politica del testosterone, ma ci ricorda che la carriera politica è una vocazione, una scelta per mettersi al servizio della comunità, non un trampolino di lancio per celebrare se stessi, far soldi o assoggettare le masse.