La sua toccante testimonianza nella puntata speciale di Verissimo dedicata al tema della violenza sulle donne
“Ho subito una violenza inaudita dalla persona che credevo di amare. Avevo uno spirito indipendente, ero andata via dalla Sardegna per lavorare. A 27 ho avuto la vita stravolta. È difficile sopravvivere guardandosi allo specchio senza riconoscere la propria immagine”. Inizia così la toccante testimonianza di Valentina Pitzalis che, ospite nella puntata speciale di Verissimo dedicata al tema della violenza sulle donne, ha raccontato l’incubo che ha vissuto per mano dell’ex marito, che l’ha prima cosparsa di liquido infiammabile e poi le ha dato fuoco. Oggi è riuscita a ritrovare il sorriso: “Mi considero un monito più che un esempio, perché ho avuto la fortuna di sopravvivere”. Ma emotivamente è ancora tutto molto difficile: “Mi sono dovuta scontrare contro il pregiudizio, i genitori spesso coprivano gli occhi ai bambini per non farli spaventare, ma niente potrà togliermi il sorriso”.
“Ho subito per anni violenza psicologica, senza riconoscere i campanelli d’allarme – ha raccontato a Silvia Toffanin -. Manule mi ha isolato dai miei cari, non potevo parlare al cellulare, aveva una gelosia patologica. Metteva mobili fuori alla porta, così se di notte mi svegliavo e mi alzavo avrebbe sentito. Ha iniziato a usare psicofarmaci, sostanze, si è scollegato dalla realtà. Nonostante tutto, io gli volevo bene e lo aiutavo. Una sera mi chiama, io lo avevo lasciato ed ero già tornata a casa da un anno. Mi attira lì, mi getta del liquido infiammabile addosso e mi dà fuoco. Non ho mai perso i sensi, speravo di morire perché faceva troppo male. Ho bruciato per venti minuti. Battevo i piedi per attirare i vicini e hanno chiamato i soccorsi. I danni erano tanto profondi, i polmoni pieni di fumo”.
“Ho avuto la fortuna di sopravvivere. La cosa più difficile – ha confidato Valentina Pitzalis – è stato perdere l’autosufficienza, mi hanno amputato la mano sinistra. I medici mi hanno salvato la mano destra. Ma tanti mi hanno fatto sentire in colpa per non essermi chiusa in casa a piangere, invece ho scritto un libro. Lui è morto, ha pagato con la sua stessa vita quello che ha fatto. La sua famiglia mi ha accusato di induzione al suicidio, cercando di farmi apparire come carnefice. Hanno detto che avevo appiccato io l’incendio in cui io ho bruciato, ma il caso è stato archiviato perché era chiaro. Non ho più il naso, le orecchie, ma il sorriso non me lo toglieranno mai. Io pratico la felicità”, ha concluso.