Una “manovra vergognosa“, organizzata da un “giacobino di periferia“. Un “piccolo Robespierre ligure” che “utilizza le istituzioni per demolire i suoi avversari”. Il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Mimmo Tallini, di Forza Italia, a gennaio commentava così la decisione della commissione Antimafia guidata da Nicola Morra di inserirlo nella lista degli “impresentabili” alle elezioni regionali. “Nella mia lunga attività politica, in cui ho ricoperto incarichi istituzionali particolarmente importanti, non sono stato mai neppure sfiorato da ipotesi di reato infamanti quali quelli relativi alla criminalità organizzata”, scriveva su Facebook Tallini, che ora è finito ai domiciliari proprio con le accuse di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso. A dieci mesi di distanza da quelle offese, rilanciate da tanti esponenti azzurri, il centrodestra è tornato ad attaccare Morra, accusandolo di aver offeso la memoria della governatrice Santelli. In’intervista a Radio Capital il senatore M5s ha ricordato la “responsabilità politica” dei cittadini quando si sceglie di sostenere candidati come Tallini, “il più votato nel collegio di Catanzaro”, o la presidente di Regione scomparsa a causa di una malattia “di cui tutti sapevano”. Parole che gli sono costate una censura su Rai3 e per cui Morra – a differenza di Tallini e del resto del partito – si è scusato, ribadendo però che Forza Italia “ha un problema nel suo dna“, dimostrato dai tanti politici condannati o sotto processo.
Lo scontro tra Morra e Tallini è esploso tre giorni prima delle elezioni regionali che hanno visto il trionfo della coalizione guidata da Santelli con il 55,29% dei voti. La commissione parlamentare Antimafia, infatti, come avviene alla vigilia di ogni appuntamento alle urne, si è riunita per individuare i candidati da considerare come “impresentabili” sulla base della legge Severino (i condannati) o del Codice di autoregolamentazione delle candidature (che invita i partiti ad escludere pure chi è stato rinviato a giudizio per alcuni reati). Ed è proprio sulla base del Codice che la corsa di Tallini, insieme a quella del collega berlusconiano Giuseppe Raffa, è stata definita “non conforme” da Morra. Il motivo è che l’esponente forzista è a processo a Catanzaro con l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità per fatti risalenti al 2013. Subito dopo l’annuncio da parte dell’Antimafia, Tallini ha affidato a Facebook i suoi commenti di fuoco.
“Il senatore Morra consuma nei miei confronti una meschina vendetta personale per le critiche da me rivoltegli in merito alle sue farneticanti dichiarazioni sul ‘rosario’ quale simbolo della mafia”. Il riferimento è all’agosto 2019, quando il presidente della commissione fu attaccato dal centrodestra per aver accusato Salvini di ostentare il rosario in Parlamento in piena crisi di governo, gesto che in Calabria potrebbe essere letto come messaggio dalla ‘ndrangheta. Poi Tallini si è spinto anche oltre, sostenendo che “non è la prima volta che questo giacobino di periferia utilizza le istituzioni per demolire i suoi avversari. Se c’é un impresentabile in Calabria è proprio il senatore Morra che risponderà in tutte le sedi di questa vergognosa manovra ai miei danni. Ha utilizzato un procedimento appena aperto, per reati che nulla hanno a che vedere con la funzione della sua commissione, per una vendetta postuma“. Il forzista ha sostenuto di non comprendere “l’attenzione del presidente della commissione antimafia che dovrebbe occuparsi dei fenomeni di criminalità organizzata“. Ignorando quindi che, tra i compiti della commissione parlamentare presieduta da Morra, c’è anche quello di passare al setaccio le candidature alle elezioni regionali, nazionali ed europee sulla base del Codice di autoregolamentazione che la stessa bicamerale ha stilato quasi un decennio fa. Tallini ha inoltre escluso di essere mai stato “sfiorato” da reati di mafia e ha definito “indegno” che il “presidente della Commissione utilizzi strumentalmente la sua carica a soli tre giorni dalle elezioni per infangare la mia persona“.
Non contento, il giorno dopo ha rincarato la dose: “Saranno i calabresi e le urne a dire se sarò degno di essere ancora consigliere regionale. Sono in campo, con la grinta e la forza di sempre, nonostante l’entrata a gamba tesa di una persona non degna di sedere in Parlamento. Non sarà certo un paracadutato, un nominato senza alcun contatto con la gente, un untore che si scaglia con odio contro innocenti, ad impedire che sia democraticamente eletto”. Tra i commenti al post c’è quello di Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza, intervenuto per esprimere “solidarietà” a Tallini dopo che anche lui è stato vittima dei “soprusi di questo signore”. In sua difesa si era schierata pure Santelli, accusando Morra di “scorrettezza”. Il politico alla fine ha ottenuto oltre 8mila preferenze alle urne ed è stato messo dal centrodestra a capo di Palazzo Campanella. Incarico dal quale si è dimesso dopo l’arresto, proprio mentre il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha firmato la proposta di decreto per sospenderlo dalla carica prevista per chi finisce ai domiciliari. Tallini è accusato dalla procura di Catanzaro di aver aiutato la cosca Grande Aracri a costituire una società per la distribuzione di prodotti medicinali in cambio del sostegno alle elezioni regionali del 2014.