Quando, all’inizio del 2020, la direttrice del laboratorio di virologia Maria Rosaria Capobianchi, insieme al suo staff dell’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” (Inmi) di Roma, riuscì a isolare per prima in Italia il coronavirus SARS-CoV-2, l’opinione pubblica mondiale ancora non ipotizzava che l’epidemia si sarebbe presto trasformata in pandemia (che fu così definita l’11 marzo dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità). E che sarebbe stata responsabile, al momento, di oltre 55 milioni di contagi, causando più di un milione e 300mila morti. Numeri che, in attesa di uno o più candidati vaccini in grado di frenare la diffusione del Covid-19, sono destinati ad aumentare.

Grazie agli studi e alle ricerche di questi mesi, però, dallo stesso team dello Spallanzani arrivano, per il momento, buone notizie sul rischio che il Covid-19 possa mutare in modo da rendere inefficaci gli stessi vaccini oggi in sperimentazione: “Il virus muta, ma in modo contenuto, molto meno dell’Hiv”, ha spiegato al Fattoquotidiano.it la stessa direttrice del laboratorio di virologia dell’Inmi, in base a quanto emerso dalle analisi condotte sui cambiamenti del virus tra le alte e le basse vie respiratorie. “Sars-CoV2 ha un genoma più stabile di quello che causa l’Aids. Come tutti i virus a RNA, ha un enzima di replicazione fallace, non preciso: ha quindi una variabilità che nell’organismo genera una ‘quasi-specie‘, uno sciame di virus quasi uguali, ma che presentano piccole variazioni fra loro”.
Proprio il laboratorio dello Spallanzani era già stato tra i primi al mondo a seguire questo approccio di ricerca, dimostrando l’esistenza delle ‘quasi-specie’ anche nei virus HIV, dell’epatite e dell’influenza. “Il fatto che Sars-CoV2 muti in modo contenuto un po’ ci conforta, perché se pensiamo agli effetti degli anticorpi monoclonali, al vaccino costruito su un unico ceppo, siamo abbastanza fiduciosi che non ci troveremo di fronte a varianti che potrebbero rappresentare un problema. Il futuro ci dirà se questa interpretazione è corretta”, ha sottolineato Capobianchi.
Oltre alla sperimentazione di GRAd-CoV2, il candidato vaccino anti Covid di Reithera, l’azienda di biotecnologie di Castel Romano, alle porte di Roma, tra i diversi studi e ricerche in corso, lo Spallanzani coordina anche la rete dei laboratori italiani coinvolti nell’assistenza al progetto Tsunami, che riguarda la somministrazione del plasma da persone guarite a scopo terapeutico. Ma Capobianchi avverte, rispetto ai facili entusiasmi: “Non servono dati aneddotici o su singoli pazienti. Abbiamo bisogno di dati solidi, che vanno prodotti, altrimenti non possiamo dire che la terapia funzioni. I risultati della sperimentazione? Penso che sia questioni di mesi”, ha concluso.
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