Le diverse squadre che gestivano il traffico di stupefacenti agivano sotto il diretto controllo del clan di Nizza, aderente alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano. Sequestrate anche armi detenute illegalmente, anche da guerra, come mitra e Kalashnikov
Ottanta persone in carcere, tra cui due minorenni, nove ai domiciliari, quattro all’obbligo di dimora e otto che dovranno presentarsi alla polizia giudiziaria. In totale, 101 indagati. Sono i numeri della maxi operazione antimafia dei carabinieri che si è svolta nella mattinata di oggi a Catania. L’inchiesta della Procura, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) e condotta dal nucleo operativo della compagnia carabinieri di Catania Fontanarossa, ha permesso di sgominare 12 “piazze di spaccio” del rione San Giovanni Galermo, roccaforte del traffico di sostanze stupefacenti, che, attraverso diversi gruppi criminali, era sotto il diretto controllo di Cosa nostra.
Nell’operazione, ribattezzata ‘Skanderbeg‘, gli inquirenti accusano gli indagati di associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo e della finalità mafiosa, e detenzione illegale e porto di armi da fuoco. Secondo quanto emerso dalle indagini, “le diverse squadre che gestivano le ‘piazze di spaccio’ godevano di una chiara autonomia sotto il profilo della competenza territoriale e della gestione organizzativa, ma agivano comunque sotto il diretto controllo del clan di Nizza, aderente alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano. Il clan imponeva ai ‘capi piazza’ il rifornimento esclusivo della droga dal gruppo, i prezzi e i quantitativi da acquistare”.
Tutti i ‘capi piazza’ operavano sotto la supervisione di Lorenzo Michele Schillaci, arrestato l’8 novembre del 2019. Schillaci aveva anche il compito di dirimere i contrasti interni ai gruppi. Grazie a tecniche di intercettazione e di riprese video, i carabinieri hanno appurato “centinaia e centinaia di cessioni di dosi di droga giornaliere, organizzate con piglio imprenditoriale con precisi orari di lavoro e turnazioni che coprivano l’intero arco della giornata”. L’indagine dei militari ha accertato il possesso di armi da fuoco, anche da guerra, pronte a essere utilizzate in caso di spedizioni punitive da parte del clan. Come durante i festeggiamenti del 31 dicembre 2018, quando Schillaci e altri due responsabili di una importante piazza di spaccio, Mario Maurizio Calabretta e Giambattista Spampinato, sono stati ripresi mentre esplodevano colpi di arma da fuoco con un Kalashnikov e una pistola, noncuranti della presenza di diverse persone, tra cui un bambino. Nel video, si vede il pusher della piazza che continua a spacciare, incurante degli spari.
Le indagini si sono avvalse anche delle testimonianze di due collaboratori di giustizia, Dario Caruana e Silvio Corra. Quest’ultimo ha avuto il ruolo di reggente del clan Nizza, a cui facevano riferimento i gruppi di trafficanti e spacciatori, dopo l’arresto di Schillaci. Nel suo appartamento, all’epoca, furono trovati e sequestrati 60mila euro provenienti dall’attività dello spaccio, la “carta degli stipendi“, la “carta delle estorsioni“, e la “mappa delle piazze”. Secondo la ricostruzione della Dda, parte dei guadagni della droga servivano al mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti. Nelle “carte” erano segnate le iniziali di 43 detenuti con accanto la somma spettante alla famiglia, per un importo totale di circa 42 mila euro al mese.