Un servizio gratuito a pazienti non-Covid che non possono permettersi la sanità privata o più semplicemente non trovano uno specialista disponibile. A questo doveva servire Medicina Solidale, l'iniziativa nata a Milano da pochi giorni. "Invece finiamo per riempire i vuoti della medicina territoriale, in una filiera sanitaria spezzata in più punti", spiega il dottor Alessandro Lanzani
C’è un’Italia che vive aggrappata a un saturimetro. Si tratta di una parte degli oltre 800mila attualmente positivi, quella che combatte la battaglia contro il Covid tra le mura di casa e preoccupa le strutture ospedaliere che potrebbero essere chiamate a ricoverarli. Lo strumento che misura il livello di saturazione dell’ossigeno nel sangue è l’unico a permettere una gestione oggettiva delle cure domiciliari e di segnalare per tempo la necessità di un ricovero. “Ma diventa un’arma spuntata se poi il tuo medico non risponde al telefono, se non hai nessuno a cui riferire che i valori sono cambiati, magari in peggio”. Quella di Alessandro Lanzani, medico dello sport a Milano, è una constatazione tanto semplice quanto amara.
Con l’attività sospesa a causa dell’epidemia, Lanzani ha messo insieme un gruppo di medici per offrire consulti specialistici gratuiti. Una telefonata o una videochiamata per chi non può permettersi lo stesso servizio privatamente, senza però escludere nessuno. Medicina Solidale, questo il nome dell’iniziativa nata appena tre giorni fa, doveva rispondere a esigenze non-Covid. “Volevamo offrire un servizio a quanti si sentono abbandonati, magari a metà di un percorso e con in mano i risultati di un esame scritti in medichese e senza uno specialista disponibile”, spiega il medico, che sui social ha messo a disposizione una mail, medisolidale@gmail.com, e un numero di telefono: 351.6955152.
Ma la solidarietà messa in campo da Lanzani e colleghi fa presto i conti con le carenze della medicina territoriale lombarda subito evidenziate dall’emergenza. E pur senza averne la pretesa, fa in fretta ad accorgersi che può fare la differenza tra la vita e la morte. “Oggi ha chiamato Luisa (nome di fantasia), una donna di settantanni che vive da sola”, racconta Lanzani. “Mi ha chiamato perché da giorni non riesce a contattare il suo medico, nonostante i valori del saturimetro siano vicini a quelli che potrebbero far scattare il ricovero. Parliamo di una persona già sotto protocollo farmaceutico Covid e che andrebbe contattata almeno due volte al giorno”, chiarisce. E aggiunge che “se non mi richiama lei, mi farò sentire io”.
Una volta che l’infezione è in corso, la polmonite interstiziale da Covid può aggravarsi in fretta. “Di fronte al rischio di crisi acute, una medicina territoriale che risponde ogni tre, quattro giorni serve a poco”, riflette Lanzani, che parla di una filiera sanitaria spezzata in più punti. “Ci offriamo gratuitamente per traghettare questo vuoto, che per i malati, Covid e non, si traduce in ansia, senso di angoscia, solitudine”, spiega lo specialista in ortopedia e medicina dello sport, al quale si sono subito aggiunti professionisti in ecografia, medici di medicina generale, ortopedici, dentisti, ginecologi, oculisti, un chirurgo maxillo facciale e una cardiologa. “E ogni giorno se ne aggiungono altri. Non abbiamo intenzione di sostituirci a nessuno, men che meno al Servizio sanitario nazionale e al 118, ma se decine di persone si sono rivolte a noi fin dal primo giorno è perché le guardie mediche come i pronto soccorso sono intasati e i malati rimangono abbandonati a loro stessi”.
Malati come Mario, altro nome di fantasia. Un cinquantenne con tampone positivo che non aveva compreso quanto fosse importante la costanza nella misurazione della saturazione. “Saturazione ancora una volta al limite tra la gestione domiciliare e il ricovero ospedaliero, in una persona diabetica e con problemi di ipertensione”, racconta chi ha risposto alla chiamata. E ancora una volta il medico curante non rispondeva al telefono. “Ora ha capito come interpretare i valori restituiti dal saturimetro, a segnarli in un diario. In termini di prevenzione di un’eventuale infezione da polmonite interstiziale, questo significa guadagnare tempo e farlo guadagnare agli ospedali in affanno”, conclude Lanzani, spiegando che a Mario ci sono voluti altri quattro giorni per riuscire a farsi mandare a casa una bombola di ossigeno.
Medicina solidale, il servizio che offre a chi chiama, sembra essere proprio uno di quei pezzi mancanti di medicina territoriale, facciamo notare. “Non abbiamo informazioni sulla gestione e la logistica legata al Covid, che spetta alla sanità pubblica. Anche per questo abbiamo deciso di dare una mano occupandoci del resto. Ma dalle telefonate che riceviamo ci rendiamo conto che anche solo alzare la cornetta finisce per riempire un vuoto. E la gratitudine al termine di una telefonata è tale da sorprenderci”, chiarisce l’ideatore di Medicina Solidale, che per quando sarà passata l’emergenza si augura due cose: “Che la nostra iniziativa si dissolva a dimostrazione di un ritorno alla normalità, e che il profondo senso di abbandono del quale siamo testimoni porti a un’altrettanto profonda ridefinizione dei rapporti di convenzione tra privato e pubblico, destinando a questo le risorse finalmente adeguate”. Una posizione ideologica? Niente affatto, assicura Lanzani. “Basta attuare l’articolo 32 della Costituzione, che “garantisce cure gratuite agli indigenti”. A questo e a nient’altro ci siamo ispirati anche noi”