Dieci anni dopo l’assegnazione e due anni prima del calcio d’inizio dei mondiali di calcio del Qatar, Amnesty International è tornata a fare il punto sulla condizione dei lavoratori migranti, oltre due milioni, presenti nel paese, metà dei quali impegnata nel settore delle costruzioni e dunque degli impianti e infrastrutture necessari per lo svolgimento dell’evento.
La sintesi è: apprezzamento per le recenti riforme anche se permangono i rischi di mancati pagamenti, sfruttamento del lavoro domestico e scarso accesso alla giustizia.
A partire dal 2017 sono state introdotte alcune riforme a beneficio dei lavoratori migranti: l’orario di lavoro per le collaboratrici domestiche, tribunali del lavoro per facilitare l’accesso alla giustizia, un fondo da cui attingere per il mancato pagamento degli stipendi, il salario minimo, l’abolizione della normativa sullo sponsor (kafala), in vigore dal 2009, che prevedeva l’assenso del datore di lavoro, per cambiare impiego o lasciare il paese, e la ratifica di due importanti trattati internazionali. Non è stato invece riconosciuto il diritto ad aderire a un sindacato.
Se adeguatamente attuate, queste riforme potrebbero superare alcuni aspetti problematici rimasti in vigore del kafala e consentire ai lavoratori migranti di abbandonare condizioni di lavoro usuranti e chiedere risarcimenti. Ma, ancora, per migliaia di essi non ci sono stati passi avanti.
Ad esempio, un recente rapporto di Amnesty International ha rivelato che, nonostante la legge preveda un orario massimo di lavoro di 10 ore al giorno e una giornata di riposo, le lavoratrici domestiche continuano a lavorare 16 ore al giorno, sette giorni su sette, a subire violenza verbale e fisica e a non riuscire a portare davanti alla giustizia i loro datori di lavoro.
Un altro rapporto di Amnesty International ha denunciato che 100 lavoratori migranti impegnati nella costruzione di uno stadio di calcio non hanno ricevuto gli stipendi anche per sette mesi, nonostante le autorità fossero ampiamente a conoscenza di questa situazione. Dopo la pubblicazione del rapporto, quasi tutti hanno ricevuto buona parte delle somme dovute.
Per modificare gli impari rapporti di forza tra datori di lavoro e lavoratori migranti e realizzare davvero gli impegni presi, è necessario che le autorità del Qatar applichino meglio le riforme esistenti e ne introducano altre, come ad esempio istituire meccanismi ispettivi per scoprire tempestivamente i casi in cui non vengono rispettate le norme, migliorare l’accesso alla giustizia e ai risarcimenti, porre fine alla cultura dell’impunità e rispettare il diritto di formare sindacati. In particolare, dovrebbero essere rafforzate le norme a protezione delle lavoratrici domestiche, trascurate da molte delle riforme.
Il Qatar ha ancora due anni di tempo per migliorare le cose prima che, fischietto in bocca, un arbitrio dia il via ai mondiali.