Il gup di Salerno Vincenzo Pellegrino ha condannato oggi il giudice, sospeso, Marco Petrini: è accusato di corruzione in atti giudiziari. Il magistrato, per il quale la Procura aveva chiesto 6 anni e 5 mesi di reclusione, è stato condannato anche a pagare 311mila euro al ministero della Giustizia a titolo di riparazione pecuniaria
Quattro anni e quattro mesi di carcere ma anche la remissione in libertà “se non detenuto per altra causa”. È la sentenza che il gup di Salerno Vincenzo Pellegrino ha emesso oggi nei confronti del giudice, attualmente sospeso, della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini. Il magistrato, per il quale la Procura aveva chiesto 6 anni e 5 mesi di reclusione, è stato condannato anche a pagare 311mila euro al ministero della Giustizia a titolo di riparazione pecuniaria a cui dovrà aggiungersi anche il risarcimento danni da liquidare in favore dello stesso ministero e della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Al termine del processo con il rito abbreviato, il gup ha ritenuto colpevoli anche Emilio Santoro detto Mario (3 anni e 2 mesi di carcere) e l’avvocato Francesco Saraco (1 anno e 8 mesi). Assieme ad altri indagati, il giudice Petrini era stato arrestato a gennaio dalla guardia di finanza per corruzione in atti giudiziari. Secondo l’accusa il magistrato ha accettato mazzette di soldi per aggiustare sentenze. Ma anche prestazioni sessuali da due avvocatesse e regali di valore minore come braccialetti e capi d’abbigliamento firmato.
L’indagine delle fiamme gialle ha riguardato anche Giuseppe Tursi Prato che ha scelto il rito ordinario. Si tratta dell’’ex consigliere regionale che nel 2017 ha presentato ricorso per riottenere il vitalizio, revocato dopo la condanna per concorso esterno con la ‘ndrangheta. Secondo i pm, per recuperare i privilegi che gli erano stati tolti dalla Regione nel 2008 quando la sua condanna a 6 anni di carcere divenne definitiva, Pino Tursi Prato si era rivolto a Emilio Santoro, detto “Mario”, un medico in pensione ed ex dirigente dell’Asp. Gli inquirenti descrivono quest’ultimo come il “motore” di un sistema consolidato per entrare in contatto con il magistrato Petrini. In altre parole è accusato di essere stato trait d’union fra i corruttori e Petrini. Con il giudice intratteneva “relazioni di intensa frequentazione e stretta confidenzialità”.
Stando all’impianto accusatorio, il giudice condannato “ha fatto mercimonio delle sue funzioni giudiziarie”. Non solo favorendo l’ex consigliere regionale Tursi Prato. Petrini avrebbe interferito anche in un processo di ‘ndrangheta alle cosche di Badolato e alla famiglia Saraco. L’aggravante mafiosa oggi è stata esclusa dal gup che però ha riconosciuto la colpevolezza di Petrini e dell’avvocato Francesco Saraco.