Sono già arrivati in Sicilia gli ispettori inviati dal ministro Roberto Speranza. Come confermano fonti del dicastero della Salute, i controlli da Roma arrivano dopo le accuse avanzate dal Coordinamento medici ospedalieri alla Regione sui dati “gonfiati” sui posti in Terapia intensiva, raccontate dal fattoquotidiano.it. L’invio degli ispettori è legato anche alla diffusione dell’audio del superburocrate siciliano che incitava i manager delle Asp a caricare i dati entro il 4 novembre in modo da evitare l’inserimento dell’isola in una zona con maggiori restrizioni anti Covid.
Una task force di tecnici del ministero, dell’Agenas e dei Nas è stata stamattina a Catania, dove l’ispezione è già terminata nel primo pomeriggio.“I numeri di Catania sono di certo corrispondenti alla realtà, perché ne sono diretto responsabile e dubbi sui posti delle Terapie intensive non ce ne sono”, ha assicurato il commissario Covid per la città etnea, Pino Liberti. Gli ispettori passeranno adesso alle altre province. Lo scopo è quello di verificare se i dati caricati dai manager siciliani sulle piattaforme del ministero e della Protezione civile siano corrispondenti ai letti effettivamente disponibili nei reparti di Rianimazione. Il sospetto che i numeri non rappresentino la realtà dei fatti è scoppiato dopo la denuncia del sindacato dei medici Cimo che ha raffrontato i dati con una ricognizione “sul campo”: il risultato era di 210 posti in meno rispetto ai dati “caricati” sulle piattaforme nazionali e che erano fondamentali per stabilire il “colore” delle varie regioni, ovvero le restrizioni in cui sarebbero incorse secondo la classificazione voluta dal governo.
A pesare sulla decisione di inviare ispettori in Sicilia, anche la diffusione di un audio inviato in una chat whatsapp ai manager delle Asp siciliane. “Ragazzi, buongiorno, oggi su Cross deve essere calato tutto il primo step al 15 novembre, non sento cazzi perché oggi faranno le valutazioni e in funzione dei posti letto di terapia intensiva decideranno in quale fascia la Sicilia risiede”, diceva il 4 novembre Mario La Rocca, dirigente generale del dipartimento Pianificazione strategica dell’assessorato regionale alla Salute. La Rocca sollecitava i dirigenti nel giorno in cui il governo nazionale avrebbe comunicato alle regioni in che caselle erano state inserite: se rosse, gialle o arancioni. La Sicilia sarebbe finita in zona arancione, subendo restrizioni che hanno incendiato le polemiche.
“Ero incavolato: dicevo ai manager di ospedali e Asp che dovevano applicare il piano della Regione destinando posti letto ai malati Covid ma non lo facevano”, si è difeso La Rocca dopo la diffusione dell’audio. L’opposizione è andata all’attacco: i capigruppo di M5s, Giorgio Pasqua, Pd, Giuseppe Lupo, e gruppo Misto, Claudio Fava, hanno ribadito in una conferenza stampa comune la richiesta di dimissioni dell’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, invitando quanti nella maggioranza nutrissero dubbi ad unirsi alla richiesta in nome “della salute dei siciliani”. A carico dell’assessore le opposizioni hanno presentato una mozione di sfiducia che sarà discussa mercoledì pomeriggio all’Ars, mentre Razza è atteso per riferire in commissione Salute già domani pomeriggio. Intanto continuano le indagini della procura di Barcellona Pozzo di Gotto, nel Messinese, sui posti fantasma di terapia intensiva. Dovevano essere 10, con un finanziamento di quasi 2 milioni di euro, non ne risulta nessuno sulle piattaforme ufficiali, mentre due posti letto vuoti sono stati attivati all’interno delle sale operatorie, ma restano inutilizzati: i pazienti che si aggravano vengono trasferiti a Messina, così è successo il 2, il 4, il 6, il 19 e il 21 novembre. A chiedere l’invio degli ispettori sabato scorso, dopo l’esplosione delle polemiche, era stato anche lo stesso Razza che si è detto sicuro che dall’ispezione sarebbe emerso come i dati forniti dalla Regione combacino con i posti letto effettivi. Si vedrà alla fine della visita dei tecnici inviati da Roma.