Hanno già aderito più di 140 tra donne, uomini e persone transgender, con l’obiettivo di evidenziare e contrastare la disparità e la violenza di genere nel mondo dello spettacolo dal vivo. Il collettivo si è formato durante il primo lockdown e in questi mesi ha lavorato soprattutto su due fronti: una mappatura basata sul lavoro volontario delle attiviste e auto-finanziata, e la funzione di raccordo tra lavoratrici che hanno subito violenza e avvocate dei centri antiviolenza
Tra le categorie di lavoratrici che si sono organizzate per rompere gli schemi delle relazioni di potere tra i generi, ora ci sono anche le attrici. In particolare, le attrici di teatro. È un nuovo soggetto politico quello che esordisce in questo giorni con la presentazione al pubblico e alla stampa di una mappatura sulla presenza di donne, uomini e persone transgender nei teatri Nazionali, Teatri di rilevante interesse culturale (Tric) e Fondazione Piccolo Teatro di Milano.
Il nuovo soggetto si chiama Amleta e fra l’essere il non essere ha scelto l’essere: un collettivo di attrici professioniste a cui hanno già aderito più di 140 tra donne, uomini e persone transgender, con l’obiettivo di evidenziare e contrastare la disparità e la violenza di genere nel mondo dello spettacolo dal vivo. Il collettivo si è formato durante il primo lockdown e in questi mesi ha lavorato soprattutto su due fronti: una mappatura basata sul lavoro volontario delle attiviste e auto-finanziata, e la funzione di raccordo tra lavoratrici che hanno subito violenza e avvocate dei centri antiviolenza.
La mappatura ha coinvolto le strutture maggiormente sostenute dal Fus, Fondo Unico per lo Spettacolo, ovvero, come dicevamo, teatri Nazionali, Teatri di rilevante interesse culturale (Tric) e Fondazione Piccolo Teatro di Milano. In totale sono state mappate più di 100 sale e più di 1000 spettacoli tra il 2017 e il 2020. “Abbiamo contato quante attrici fossero fisicamente presenti sui palcoscenici in proporzione ai colleghi maschi; abbiamo contato quante registe avessero diretto gli spettacoli e quante drammaturghe fossero state rappresentate. Abbiamo considerato anche chi si definisce transgender, una percentuale piccola ma non per questo meno importante. Abbiamo fatto una distinzione tra palcoscenici principali e sale minori, ponendo l’attenzione anche sui giorni di replica”, spiega Eleonora Giovanardi, attrice di Amleta, nel corso della presentazione alla stampa di lunedì 23 novembre. Il risultato è riassunto in un video sulla pagina Facebook del gruppo, e ulteriormente sintetizzato in una tabella.
Sui 25 teatri considerati, solo 6 sono diretti da donne, e neanche un teatro nazionale lo è. Nelle sale principali, le registe sono il 17,1%, le drammaturghe il 14,6%, le curatrici e tecniche di adattamento teatrale il 28,2%, le attrici il 35,9%. Meno donne che uomini a tutti i livelli, dunque il che risulta paradossale considerando che in platea il pubblico è largamente femminile, come osserva Cinzia Spanò, attrice di Amleta, durante la presentazione.
Le lavoratrici dello spettacolo dal vivo, è la denuncia di Amleta, si confrontano con diversi livelli di violenza sessista, dalla discriminazione lavorativa fino all’abuso e alla violenza sessuale. Per questo il collettivo Amleta ha in progetto di formare un’associazione che potrà costituirsi parte civile nei processi. Un assaggio di cosa potrebbe accadere se si accendono i riflettori sulle zone in ombra del palcoscenico viene da alcune esperienze fatte dal collettivo nei mesi scorsi.
“Abbiamo ricevuto una segnalazione da due colleghe molto giovani – racconta Cinzia Spanò. – C’era in giro un regista che organizzava finti provini per aggredire le attrici. Il primo colloquio era fatto esattamente come un provino vero, per il secondo le faceva andare in un appartamento dove non c’era nessuno e le aggrediva. Un aggressore seriale, quindi. C’erano già state delle denunce da più di un anno prima, ma senza esito. Quando abbiamo ricevuto la segnalazione di una donna violentata, abbiamo interpellato Teresa Manente, avvocata e referente nazionale per il settore penale della rete della avvocate dell’Associazione Di. Re Donne in rete contro la violenza alle donne, che si è subito messa in contatto con questa ragazza, è andata dal magistrato e l’uomo è stato arrestato. Cos’era accaduto con le denunce precedenti? Fatte all’avvocato o alla stazione dei Carabinieri, non erano state inviate alla magistratura”.
Un altro caso è stato preso in carico da Francesca Garisto, avvocata della Casa delle donne maltrattate di Milano. “Il caso, che rientra nella categoria del Revenge porn, riguarda alcune giovani attrici che hanno recitato in grandi teatri dove erano previsti nudi artistici. Un tizio le ha fotografate e ha diffuso le immagini su siti pornografici. Anche in questo caso abbiamo ottenuto l’apertura di un’indagine da parte della magistratura”.
Raccogliere le denunce, mettere i contatto le donne che hanno subito violenza con i centri antiviolenza, costituirsi parte civile e contribuire alle spese dei processi, nei casi in cui non è previsto il gratuito patrocinio, sono tutti obiettivi del collettivo e della costituenda associazione. Le attiviste di Amleta intendono darsi forza e dare forza nel contrastare gli stereotipi che le colpiscono nella quotidianità. Li ha elencati con efficacia Francesca Turrini, attrice di Amleta, nell’intervento di apertura della presentazione, un elenco allo stesso tempo raccapricciante e familiare, come il paesaggio in cui abitiamo. “Forse non vedremo i risultati di quello che abbiamo cominciato, ma abbiamo deciso di tracciare una linea. Non isolarci più e gridare che gli abusi che abbiamo subito fin qui non sono questioni personali che riguardano singoli individui, ma che sono sistemiche. Ci definiamo femministe con gioia. Qualcuna ci ha fatto notare che potrebbe essere controproducente, ma per noi è una grande liberazione”. Per chi volesse segnalare storie o chiedere informazioni è possibile contattare Amleta a questa mail: osservatorio.amleta@gmail.com.