di Andrea Caputo

La proliferazione dei dispositivi digitali mobili e le loro caratteristiche di ubiquità, personalizzazione e facilità d’uso anche tra i giovanissimi hanno sollevato un acceso dibattito tra gli esperti circa i possibili effetti negativi della “iperconnessione” e la necessità di interventi preventivi nella fascia di età preadolescenziale. Un recente progetto di ricerca realizzato dall’Ordine degli Psicologi del Lazio che verrà presentato in occasione del prossimo Festival della Psicologia – evento organizzato dall’Ordine degli Psicologi del Lazio in modalità on line dal 27 al 29 novembre – si è posto l’obiettivo di esplorare percezioni, motivazioni e pratiche di utilizzo dei dispositivi digitali che consentono la connessione a internet (es. smartphone, tablet, i-pad, ecc.) ai tempi del coronavirus in questo specifico gruppo target.

La ricerca, realizzata tra maggio e giugno 2020 nell’ambito dell’iniziativa “Iperconnessi: Azioni di sensibilizzazione nei contesti scolastici sul tema della Dipendenza da Smartphone e Social media” promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Persona, Scuola e Comunità solidale e Dipartimento Politiche Sociali, in stretta connessione con Fondazione Roma Solidale onlus, ha coinvolto complessivamente 95 studenti di scuola primaria e secondaria di primo grado con un’età media di 11 anni.

I risultati hanno messo in luce la significativa diffusione e l’utilizzo dei dispositivi digitali tra i giovanissimi. Complessivamente, due ragazzi su tre hanno uno smartphone personale e uno su due dichiara di possedere un profilo sui social (tra i più utilizzati WhatsApp, YouTube, Google+ e Tik Tok). Ad ogni modo, il loro utilizzo sembra avvenire anche in occasioni improprie, come ad esempio durante i pasti o nelle ore notturne, fino a sfociare in vere e proprie condotte di dipendenza, a causa di un processo di abituazione che porta a intensificare l’uso dei dispositivi nel tempo e a ricadere nella condotta pur avendo la volontà di sospenderla.

Se internet diviene il principale canale di comunicazione utilizzato per relazionarsi con gli altri e rispondere a un certo bisogno di riconoscimento, la sua immediata fruibilità induce di fatto a frequentare ambienti virtuali con una sempre maggiore frequenza, nonostante i ragazzi siano consapevoli dei loro potenziali rischi e li ritengano meno coinvolgenti rispetto ad attività alternative da poter svolgere nel tempo libero.

Inoltre, mentre l’atteggiamento e le preferenze individuali verso l’online non sembrano di per sé avere un peso significativo sull’effettivo tempo trascorso online, uno stile educativo genitoriale orientato al permissivismo si associa a un più elevato utilizzo dei dispositivi, evidenziando pertanto l’importante ruolo delle influenze ambientali in questa fascia di età.

Sulla base dei risultati, la pandemia sembra aver rappresentato una fase cruciale che ha segnato l’intensificazione dell’utilizzo dei dispositivi, soprattutto in quanti hanno vissuto maggiormente i risvolti critici dell’isolamento forzato in termini di distress e stati affettivi negativi. È interessante segnalare che tali circostanze sono associate a un uso improprio ed eccessivo di internet, più che all’effettivo tempo trascorso generalmente in rete dai giovanissimi. Ciò potrebbe mettere in evidenza il ruolo delle diverse motivazioni d’uso, dal momento che il coping quale tendenza a ricorrere ai dispositivi per fronteggiare le emozioni negative risulta correlato a condotte di utilizzo a rischio.

* Psicologo

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