Alla fine il Piemonte ci ha ripensato: sì ai medici stranieri per fermare il Covid. Dopo averli esclusi in una decina di bandi che richiedevano come requisito la cittadinanza italiana, la regione di Cirio ha cambiato idea e ha pubblicato una manifestazione di interesse rivolta anche a personale sanitario extracomunitario in regola con il permesso di soggiorno. L’esclusione aveva provocato critiche e polemiche per la manifesta irragionevolezza, posto che i reparti piemontesi erano prossimi al collasso e che una specifica deroga del “Cura Italia” aveva già superato lo steccato normativo, consentendo in via straordinaria l’assunzione con il solo permesso di soggiorno. “E’ un vittoria, dimostra come gli stranieri debbano lottare per affermare perfino i loro doveri anche quando si limitano a chidere di fare la loro parte accanto ai medici italiani”, dice il presidente Foad Aodi, presidente associazione medici di origine straniera in Italia( Amsi).
Era stata l’associazione a porre il problema fin dalla prima emergenza, rilevando che mentre le regioni andavano a cercare medici cubani, romeni e siriani, in Italia miglia di medici stranieri iscritti ai relativi ordini professionali erano impossibilitati a lavorare direttamente per il pubblico. Questo esercito di migliaia di medici e infermieri (oltre 77mila secondo le stime), rimaneva appannaggio della sanità privata, delle cooperative o impiegato a chiamata come partita Iva. Lo steccato della cittadinanza è stato alzato anche da altre regioni, in alcune poi è caduto, dando finalmente seguito alle disposizioni del governo ignorate per mesi.
Un esempio è l’Umbria, dove i bandi escludevano il personale straniero. L’azienda ospedaliera di Perugia alla fine ne ha emesso uno (scade il 25 novembre) che non preclude l’accesso in base alla cittadinanza. “Il fatto che Piemonte e Umbria ci abbiano ripensato è importante”, evidenzia Foad Aodi. “Sono due regione governate da forze di centrodestra e questo fa ben sperare, perché significa che il pregiudizio ideologico e politico verso gli stranieri non ha retto alla prova dell’emergenza sanitaria che ci rende uguali nei diritti e nei doveri”.
La strada per l’integrazione (anche) professionale però è ancora lunga. “C’è stato un percorso e un confronto che ha permesso di rimuovere la barriera della cittadinanza, e per questo ringrazio il Vice Ministro della Salute Pierpaolo Sileri che ha sostenuto pubblicamente la causa a favore della possibilità di coinvolgere tutti i medici nella stessa maniera, compreso i medici gli infermieri stranieri senza muri burocratici e calcoli politici senza dividerli di serie A e seria B. Ma ora serve un ragionamento che vada anche oltre l’emergenza e punti a rende disponibile questo esercito bianco di medici stranieri per il futuro. Una soluzione transitoria, in attesa di una modifica di legge, potrebbe essere di supportare la richiesta di cittadinanza di chi risiede da cinque anni e sta rischiando del suo per aiutare questo Paese a uscire dalla pandemia”.