I quasi 300mila lavoratori a termine lasciati a casa durante l’emergenza Covid. Le centinaia di migliaia di famiglie che hanno perso reddito e sono finite in povertà. Le piccole imprese e i 5 milioni di lavoratori autonomi indennizzati solo in piccola parte per le perdite subite con il primo lockdown e con le nuove restrizioni. È la lista minima delle categorie più danneggiate dalla pandemia e meno “ristorate”, per usare il termine che tiene banco nel dibattito politico sulla necessità di risarcire le fasce non garantite. Da mesi i leader del centrodestra insistono su questo punto. Matteo Salvini ripete spesso che bisogna mettere “soldi veri” nelle tasche degli italiani. “Ci vuole un bonus da mille euro per i precari, per chi non ha ottenuto nulla, per chi è rimasto dimenticato“, è l’ultima richiesta del segretario della Lega. Che rilancia una proposta dell’alleata Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia non parla di tasche ma direttamente di conti correnti: “Servono mille euro sul conto di chi ne faccia richiesta con semplice autocertificazione, perché non possiamo permetterci di perdere settimane per dare agli italiani soldi che servono a sopravvivere”, dice dall’inizio dell’emergenza. Domenica è poi arrivata la lettera di Silvio Berlusconi al Corriere della Sera in favore dei lavoratori autonomi, maggiormente colpiti dall’emergenza rispetto a quelli “già garantiti“, e cioè – secondo Arcore – i dipendenti e gli statali. “Quello che chiediamo al governo e alla maggioranza è di sanare questa disparità: è una delle condizioni per votare insieme i prossimi scostamenti di bilancio”, scrive il capo di Forza Italia.
La parola tabù – Per aiutare “chi è rimasto dimenticato” – per usare le parole di Salvini – sarà infatti inevitabile aumentare ancora un deficit già gonfiato di 100 miliardi. Ma non solo. All’apice di una crisi che accentua le disuguaglianze sociali, che colpisce maggiormente chi aveva meno anche prima del Covid, potrebbe essere arrivato il momento di fare un passetto in più. Quale? Chiedere ai super ricchi un mini contributo. Attenzione: non stiamo parlando di facoltosi e benestanti della fascia medio-alta, ma dei circa tremila italiani con patrimoni superiori ai 50 milioni di euro, e dei quaranta che invece sfondano il muro del miliardo. A loro andrebbe chiesto un versamento tra il 2 e il 3%, come quello ipotizzato dal fattoquotidiano.it sulla falsariga della proposta degli economisti americani Gabriel Zucman ed Emmanuel Saez. Mettiamo subito le mani avanti: non si tratta di una patrimoniale, parola tabù capace di mettere in imbarazzo politici di ogni colore, costretti a scusarsi ogni volta che pronunciano per sbaglio quel termine. L’ultimo è stato Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia. “Patrimoniale? Va evitata assolutamente ma siamo in grado di evitarla nella misura in cui siamo in condizione di favorire il risparmio ed evitare che resti bloccato ma diventi un pezzo importante degli investimenti”,ha detto presentando il rapporto Censis-Associazione italiana private banking. Qualcuno si è chiesto: vuol dire che se il risparmio dovesse rimanere bloccato, ci vorrà una patrimoniale? “Lo escludo categoricamente“, ha dovuto puntualizzare subito l’esponente del Pd. Infortuni simili sono capitati, negli ultimi mesi, al ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, al segretario dei dem, Nicola Zingaretti, persino a Matteo Salvini, che pur di evitare il Mes si era detto pronto a “chiedere i soldi direttamente ai risparmiatori italiani”.
Il contributo dei super ricchi – Per questo motivo è il caso di mettere al bando la parola “patrimoniale”. E specificare che qui si parla di uno strumento redistributivo pensato per sanare una disparità sempre maggiore, accentuata dalla pandemia e che diventa intollerabile in un periodo emergenziale come questo. Quale? Non quella tra autonomi e dipendenti citata da Berlusconi, ma la più evidente delle disuguaglianze: quella tra super ricchi e persone normali. Con il Covid i patrimoni dei primi sono cresciuti, quelli dei secondi sono scomparsi. A questo giro, insomma, non si tratta di mettere “le mani in tasca agli italiani“, ma solo di chiedere un contributo ai conti miliardari dei circa tremila Paperoni nostrani, per aiutare alcuni milioni di Paperini meno fortunati. Un’operazione di giustizia e solidarietà in tempi eccezionali, forse irripetibili, che produrrebbe dieci miliardi di gettito senza “perdere settimane”, come dice la Meloni, creando un tesoretto di “soldi veri”, come invece auspica Salvini.
Interventi anti povertà con meno paletti – Ovviamente questi dieci miliardi non risolvono tutti i problemi, ma aiuterebbero ad affrontarne alcuni. L’intervento più immediato e più efficace, con quella cifra, potrebbe essere mirato alle situazioni di vecchia e nuova povertà: una vera emergenza, come hanno avvertito le associazioni che aiutano chi non ce la fa. E la conferma arriva dai dati sui beneficiari del reddito di cittadinanza che (al netto della sospensione di un mese iniziata a ottobre per chi lo riceveva già da 18 mesi) sono saliti a 3 milioni, il 25% in più rispetto a prima del Covid. Perché il blocco dei licenziamenti non ha “salvato” i precari con contratti in scadenza e chi lavorava in nero. L’anno prossimo il sussidio costerà 7,5 miliardi, ma i paletti troppo stretti lasciano fuori oltre 1 milione di cittadini stranieri e penalizzano le famiglie numerose e i residenti al Nord. Idem per il reddito di emergenza: pensato per raggiungere chi non ha altri aiuti, ha raggiunto solo 700mila persone a fronte dei 3 milioni che secondo la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ne avrebbero avuto bisogno. Con 10 miliardi si potrebbe potenziare il primo, allargare il secondo – per garantire 800 euro a 3 milioni di persone servono 2,4 miliardi – e rafforzare i servizi sociali dei Comuni, come chiede da mesi l‘Alleanza contro la povertà.
Due mensilità di bonus 1000 euro – Quanto agli autonomi a partita Iva, le tornate di bonus 600 euro erogate a quasi tutti per marzo e aprile – quello da 1000 euro di maggio prevedeva requisiti stringenti e moltissimi sono rimasti esclusi – hanno richiesto stanziamenti totali di 6 miliardi. Con 10 miliardi si possono finanziare altre due mensilità di indennità da 1000 euro ciascuna per 5 milioni di beneficiari o un contributo più corposo per una platea più ristretta, da individuare sulla base della riduzione del reddito nell’intero primo semestre. O ancora: raccogliendo la proposta Acta, l’associazione che riunisce i freelance, si potrebbe concedere il bonus a tutti salvo obbligando alla restituzione chi a fine anno non registri una perdita di fatturato di almeno un terzo rispetto a quello del 2019.
Ristoro del 60% dei ricavi persi a novembre – La stessa cifra potrebbe in alternativa essere messa sul piatto per finanziare nuovi contributi a fondo perduto per chi ha registrato cali di fatturato in seguito alle misure anti contagio. Il decreto Rilancio aveva previsto per quella partita poco più 6 miliardi, con cui è stato compensato tra il 10 e il 20% delle perdite subite in aprile da 2,3 milioni di attività con fatturato sotto i 5 milioni. I tre decreti Ristori approvati finora ne stanziano altrettanti, aumentando la percentuale di compensazione ed eliminando il tetto di fatturato ma restringendo il campo agli esercizi chiusi e a quelli maggiormente danneggiati dagli ultimi Dpcm, individuati sulla base dei codici Ateco. Scelte che scontentano chi è rimasto fuori e non soddisfano chi è dentro, perché la cifra arriva al massimo al 40% dei mancati ricavi di un mese. In Germania, per fare un confronto, l’indennizzo è pari al 75% del fatturato mensile ante pandemia. Stando a stime dell’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria e del suo ex consigliere Pasquale Lucio Scandizzo, riportate sul Sole 24 Ore, la perdita di valore aggiunto nell’ultimo trimestre dell’anno varierà tra un minimo di 40 e un massimo di 68 miliardi: 10 miliardi potrebbero quindi bastare per rimborsare a imprese e autonomi quasi il 60% del reddito perso a novembre. In questo modo, dunque, del contributo chiesto ai super ricchi potrebbero giovare anche i lavoratori meno garantiti per i quali ha deciso di impegnarsi Berlusconi. Bisogna capire se il leader di Forza Italia ha davvero a cuore i milioni di Paperini meno fortunati, come sostiene nella sua lettera al Corriere. O se invece preferisce la categoria dei tremila Paperoni, alla quale del resto appartiene.
Lobby
Famiglie senza reddito, autonomi, precari: a chi “mettere in tasca” i 10 miliardi ottenuti chiedendo un contributo a 3mila Paperoni
Da mesi i leader del centrodestra chiedono al governo di "mettere soldi veri in tasca agli italiani", aiutare "chi è rimasto dimenticato", eliminare la disparità tra autonomi e dipendenti. Come? Di sicuro si dovrà aumentare ancora un deficit già gonfiato di 100 miliardi. Ma all'apice di una crisi che accentua le disuguaglianze sociali, che colpisce maggiormente chi aveva meno anche prima del Covid, potrebbe essere arrivato il momento di fare un passetto in più. Quale? Chiedere ai 3mila super ricchi italiani (che hanno più di 50 milioni di euro) un mini contributo per aiutare alcuni milioni di cittadini maggiormente colpiti dalla crisi
I quasi 300mila lavoratori a termine lasciati a casa durante l’emergenza Covid. Le centinaia di migliaia di famiglie che hanno perso reddito e sono finite in povertà. Le piccole imprese e i 5 milioni di lavoratori autonomi indennizzati solo in piccola parte per le perdite subite con il primo lockdown e con le nuove restrizioni. È la lista minima delle categorie più danneggiate dalla pandemia e meno “ristorate”, per usare il termine che tiene banco nel dibattito politico sulla necessità di risarcire le fasce non garantite. Da mesi i leader del centrodestra insistono su questo punto. Matteo Salvini ripete spesso che bisogna mettere “soldi veri” nelle tasche degli italiani. “Ci vuole un bonus da mille euro per i precari, per chi non ha ottenuto nulla, per chi è rimasto dimenticato“, è l’ultima richiesta del segretario della Lega. Che rilancia una proposta dell’alleata Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia non parla di tasche ma direttamente di conti correnti: “Servono mille euro sul conto di chi ne faccia richiesta con semplice autocertificazione, perché non possiamo permetterci di perdere settimane per dare agli italiani soldi che servono a sopravvivere”, dice dall’inizio dell’emergenza. Domenica è poi arrivata la lettera di Silvio Berlusconi al Corriere della Sera in favore dei lavoratori autonomi, maggiormente colpiti dall’emergenza rispetto a quelli “già garantiti“, e cioè – secondo Arcore – i dipendenti e gli statali. “Quello che chiediamo al governo e alla maggioranza è di sanare questa disparità: è una delle condizioni per votare insieme i prossimi scostamenti di bilancio”, scrive il capo di Forza Italia.
La parola tabù – Per aiutare “chi è rimasto dimenticato” – per usare le parole di Salvini – sarà infatti inevitabile aumentare ancora un deficit già gonfiato di 100 miliardi. Ma non solo. All’apice di una crisi che accentua le disuguaglianze sociali, che colpisce maggiormente chi aveva meno anche prima del Covid, potrebbe essere arrivato il momento di fare un passetto in più. Quale? Chiedere ai super ricchi un mini contributo. Attenzione: non stiamo parlando di facoltosi e benestanti della fascia medio-alta, ma dei circa tremila italiani con patrimoni superiori ai 50 milioni di euro, e dei quaranta che invece sfondano il muro del miliardo. A loro andrebbe chiesto un versamento tra il 2 e il 3%, come quello ipotizzato dal fattoquotidiano.it sulla falsariga della proposta degli economisti americani Gabriel Zucman ed Emmanuel Saez. Mettiamo subito le mani avanti: non si tratta di una patrimoniale, parola tabù capace di mettere in imbarazzo politici di ogni colore, costretti a scusarsi ogni volta che pronunciano per sbaglio quel termine. L’ultimo è stato Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia. “Patrimoniale? Va evitata assolutamente ma siamo in grado di evitarla nella misura in cui siamo in condizione di favorire il risparmio ed evitare che resti bloccato ma diventi un pezzo importante degli investimenti”,ha detto presentando il rapporto Censis-Associazione italiana private banking. Qualcuno si è chiesto: vuol dire che se il risparmio dovesse rimanere bloccato, ci vorrà una patrimoniale? “Lo escludo categoricamente“, ha dovuto puntualizzare subito l’esponente del Pd. Infortuni simili sono capitati, negli ultimi mesi, al ministro del Sud, Giuseppe Provenzano, al segretario dei dem, Nicola Zingaretti, persino a Matteo Salvini, che pur di evitare il Mes si era detto pronto a “chiedere i soldi direttamente ai risparmiatori italiani”.
Il contributo dei super ricchi – Per questo motivo è il caso di mettere al bando la parola “patrimoniale”. E specificare che qui si parla di uno strumento redistributivo pensato per sanare una disparità sempre maggiore, accentuata dalla pandemia e che diventa intollerabile in un periodo emergenziale come questo. Quale? Non quella tra autonomi e dipendenti citata da Berlusconi, ma la più evidente delle disuguaglianze: quella tra super ricchi e persone normali. Con il Covid i patrimoni dei primi sono cresciuti, quelli dei secondi sono scomparsi. A questo giro, insomma, non si tratta di mettere “le mani in tasca agli italiani“, ma solo di chiedere un contributo ai conti miliardari dei circa tremila Paperoni nostrani, per aiutare alcuni milioni di Paperini meno fortunati. Un’operazione di giustizia e solidarietà in tempi eccezionali, forse irripetibili, che produrrebbe dieci miliardi di gettito senza “perdere settimane”, come dice la Meloni, creando un tesoretto di “soldi veri”, come invece auspica Salvini.
Interventi anti povertà con meno paletti – Ovviamente questi dieci miliardi non risolvono tutti i problemi, ma aiuterebbero ad affrontarne alcuni. L’intervento più immediato e più efficace, con quella cifra, potrebbe essere mirato alle situazioni di vecchia e nuova povertà: una vera emergenza, come hanno avvertito le associazioni che aiutano chi non ce la fa. E la conferma arriva dai dati sui beneficiari del reddito di cittadinanza che (al netto della sospensione di un mese iniziata a ottobre per chi lo riceveva già da 18 mesi) sono saliti a 3 milioni, il 25% in più rispetto a prima del Covid. Perché il blocco dei licenziamenti non ha “salvato” i precari con contratti in scadenza e chi lavorava in nero. L’anno prossimo il sussidio costerà 7,5 miliardi, ma i paletti troppo stretti lasciano fuori oltre 1 milione di cittadini stranieri e penalizzano le famiglie numerose e i residenti al Nord. Idem per il reddito di emergenza: pensato per raggiungere chi non ha altri aiuti, ha raggiunto solo 700mila persone a fronte dei 3 milioni che secondo la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ne avrebbero avuto bisogno. Con 10 miliardi si potrebbe potenziare il primo, allargare il secondo – per garantire 800 euro a 3 milioni di persone servono 2,4 miliardi – e rafforzare i servizi sociali dei Comuni, come chiede da mesi l‘Alleanza contro la povertà.
Due mensilità di bonus 1000 euro – Quanto agli autonomi a partita Iva, le tornate di bonus 600 euro erogate a quasi tutti per marzo e aprile – quello da 1000 euro di maggio prevedeva requisiti stringenti e moltissimi sono rimasti esclusi – hanno richiesto stanziamenti totali di 6 miliardi. Con 10 miliardi si possono finanziare altre due mensilità di indennità da 1000 euro ciascuna per 5 milioni di beneficiari o un contributo più corposo per una platea più ristretta, da individuare sulla base della riduzione del reddito nell’intero primo semestre. O ancora: raccogliendo la proposta Acta, l’associazione che riunisce i freelance, si potrebbe concedere il bonus a tutti salvo obbligando alla restituzione chi a fine anno non registri una perdita di fatturato di almeno un terzo rispetto a quello del 2019.
Ristoro del 60% dei ricavi persi a novembre – La stessa cifra potrebbe in alternativa essere messa sul piatto per finanziare nuovi contributi a fondo perduto per chi ha registrato cali di fatturato in seguito alle misure anti contagio. Il decreto Rilancio aveva previsto per quella partita poco più 6 miliardi, con cui è stato compensato tra il 10 e il 20% delle perdite subite in aprile da 2,3 milioni di attività con fatturato sotto i 5 milioni. I tre decreti Ristori approvati finora ne stanziano altrettanti, aumentando la percentuale di compensazione ed eliminando il tetto di fatturato ma restringendo il campo agli esercizi chiusi e a quelli maggiormente danneggiati dagli ultimi Dpcm, individuati sulla base dei codici Ateco. Scelte che scontentano chi è rimasto fuori e non soddisfano chi è dentro, perché la cifra arriva al massimo al 40% dei mancati ricavi di un mese. In Germania, per fare un confronto, l’indennizzo è pari al 75% del fatturato mensile ante pandemia. Stando a stime dell’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria e del suo ex consigliere Pasquale Lucio Scandizzo, riportate sul Sole 24 Ore, la perdita di valore aggiunto nell’ultimo trimestre dell’anno varierà tra un minimo di 40 e un massimo di 68 miliardi: 10 miliardi potrebbero quindi bastare per rimborsare a imprese e autonomi quasi il 60% del reddito perso a novembre. In questo modo, dunque, del contributo chiesto ai super ricchi potrebbero giovare anche i lavoratori meno garantiti per i quali ha deciso di impegnarsi Berlusconi. Bisogna capire se il leader di Forza Italia ha davvero a cuore i milioni di Paperini meno fortunati, come sostiene nella sua lettera al Corriere. O se invece preferisce la categoria dei tremila Paperoni, alla quale del resto appartiene.
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Economia & Lobby
Caro bollette, a due settimane dagli annunci di Giorgetti il decreto slitta ancora: cdm rinviato a venerdì
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Io sono un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente". Così Simone Cristicchi, ospite a 'Maschio Selvaggio' su Rai Radio 2, risponde alla conduttrice Nunzia De Girolamo quando fa notare al cantautore romano come la canzone sanremese 'Quando sarai piccola' sia piaciuta tanto a Elly Schlein quanto a Giorgia Meloni.
"Si tende sempre a identificare gli artisti politicamente, la musica invece non ha fazioni, non ha colori. Devo dire che tu hai messo insieme la destra e la sinistra", ha detto De Girolamo al cantautore arrivato quinto nella classifica finale. "Questo mi fa sorridere - ha confessato Cristicchi - sono molto contento di questo apprezzamento bipartisan, o anche super partes, che ha generato la mia canzone. Io sono sempre stato un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente, proprio perché volevo che la mia musica e la mia arte potesse arrivare a tutti ed è giusto che sia così".
"Ovviamente ho le mie idee, come tutti, non le rinnego e non mi vergogno di esternarle quando è il momento e quando ho voglia, però - ha concluso il cantautore - sono veramente contento di aver fatto questa canzone che sia piaciuta più o meno a tutti".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il caro bollette è un problema sempre più grave, che non possiamo più far finta di non vedere. Paghiamo le bollette più care d’Europa, che a sua volta paga le bollette più alte tra i competitor internazionali. Siamo i più tartassati tra i tartassati, con un evidente danno alla competitività delle imprese e al potere di acquisto delle famiglie. I lavoratori, in particolare, pagano questi aumenti tre volte: la prima in casa quando arriva la bolletta, la seconda perché le aziende devono metterli in cassa integrazione poiché con l’energia alle stelle perdono produttività, la terza perché l’energia spinge a rialzo l’inflazione e i prodotti nel carrello della spesa costano di più". Lo dice Annalisa Corrado della segreteria del Partito Democratico.
"Agire è possibile e doveroso. Possiamo farlo subito, a partire dalla protezione dei soggetti vulnerabili, oltre 3 milioni e mezzo di utenti, per il quali il governo vuole bandire aste che sarebbero una iattura. Bisogna fermarle immediatamente e riformare piuttosto l’acquirente unico, che al momento gestisce il servizio di tutela della vulnerabilità, perché possa tornare a stipulare i contratti pluriennali di acquisto, agendo come vero e proprio gruppo d’acquisto".
"È necessario inoltre agire ad ogni livello possibile per disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello del gas: occorre lavorare ad una riforma europea dei mercati, scenario non immediato, agendo però contemporaneamente ed immediatamente per un “disaccoppiamento di fatto”, come quello che si potrebbe attuare supportando i contratti pluriennali con i produttori di energia da fonti rinnovabili (PPA, Power purchase agreement). Dovremmo prendere esempio dalla Spagna di Sanchez, inoltre, che ha imposto un tetto al prezzo del gas, ottenendo risultati brillanti che hanno trainato la ripresa d’industria ed economia. Dobbiamo fare di più e meglio per la transizione energetica per liberarci dalla dipendenza del gas: oltre ad insistere su sufficienza energetica ed elettrificazione dei consumi, dobbiamo agire ad ogni livello perché la quota di energia da fonti rinnovabili nel nostro mix di produzione cresca: questo è l’unico modo strutturale di far penetrare il beneficio in bolletta del basso costo delle energie pulite".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - “Allarmano e inquietano gli atti violenti rivolti in questi giorni contro le Forze dell’Ordine, a loro va la nostra piena solidarietà”. Lo dichiara la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi dopo gli incendi dolosi che hanno coinvolto questa mattina il commissariato e la Polstrada di Albano Laziale e nei giorni scorsi il comando della Compagnia dei carabinieri di Castel Gandolfo.
“Auguriamo agli agenti intossicati una pronta guarigione. Nell’attesa che sia fatta chiarezza sulle dinamiche e che i responsabili siano consegnati alla giustizia, non possiamo che schierarci senza indugio al fianco di chi ogni giorno si impegna per la sicurezza delle cittadine e dei cittadini”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Le bollette energetiche di famiglie e imprese sono alle stelle. Meloni ha fischiettato per mesi, ignorando anche le nostre proposte. E oggi annuncia il rinvio di un Cdm promesso ormai due settimane fa. Non avevano detto di essere 'pronti'?". Lo ha scritto sui social Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Tutto quello che ha a che fare con le emergenze vere di cittadini, famiglie, imprese passa in secondo piano nell’agenda del governo Meloni. Così è stato ed è per le liste d’attesa e per il diritto alla salute negato a milioni di concittadini, così è per il caro-bollette che da troppi mesi penalizza le aziende italiane e mette in ginocchio le fasce sociali più disagiate". Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella segreteria del Partito Democratico.
"Oggi la segretaria del Pd Elly Schlein ha presentato proposte molto chiare e concrete, che raccolgono peraltro l’interesse di imprenditori e associazioni degli utenti. Il Cdm sul problema del caro energia pare invece che slitti a venerdì. La presidente Meloni ne approfitti per raccogliere le nostre proposte sul disaccoppiamento del prezzo dell’energia da quello del gas e sull’Acquirente unico".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - La lotta alle mafie andrebbe portata avanti "in maniera trasversale. Ma non stiamo vedendo disponibilità all'ascolto e al lavoro comune da parte di questa destra". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno. "Noi continueremo a fare da pungolo costante, il messaggio che deve arrivare chiaro alle nuove generazioni è che la mafia è un male, e un freno al nostro Paese. Il Pd oggi più che mai è intenzionato a portare avanti questo lavoro con determinazione, mano nella mano con le realtà che affrontano il problema ogni giorno e ne sanno certamente più di noi".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Nel contrasto alle mafie "il ruolo delle forze dell'ordine e della magistratura è fondamentale. Noi riconosciamo e sosteniamo il lavoro quotidiano delle forze dell'ordine. Vanno sostenute le forze dell'ordine, come la magistratura, che invece vediamo attaccata tutti i giorni da chi governa". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno.