Il governo va in pressing sull’Enel per la rete unica, ma l’amministratore delegato Francesco Starace frena: “Siamo pronti a monetizzare quando ci sarà un’opportunità in linea con i nostri interessi” ha spiegato il manager, durante la presentazione del piano industriale 2021-23 del gruppo energetico controllato dal Tesoro. “Come abbiamo sempre detto non saremo mai un operatore delle telecomunicazioni, ma ci limiteremo a gestire infrastrutture” ha ribadito il numero uno dell’Enel che, assieme a Cassa Depositi e Prestiti, controlla Open Fiber. E cioè la società che sta investendo nella realizzazione di nuova rete nazionale di telecomunicazioni e che il governo Conte auspica vada a nozze con FiberCop, controllata da TIM.

In piena autonomia gestionale, il manager ha silenziosamente preso atto dell’interesse del governo per la rete unica. Ma ha ritenuto più interessante per Enel, e per i suoi soci, attendere tempi migliori per un’eventuale vendita della partecipazione in Open Fiber. Un progetto che oggi, secondo le valutazioni del potenziale acquirente Macquarie, vale oltre 7,7 miliardi. E che l’Enel venderà solo se “il prezzo è giusto”. “Abbiamo sviluppato un modello originale, come operatore wholesale only (solo per operatori, non per clienti finali), che fornisce fibra a prezzi competitivi a tutte le compagnie – ha aggiunto Starace -. In 4 anni abbiamo più che raddoppiato la capacità dell’incumbent (l’ex monopolista TIM) nelle connessioni e oggi vediamo l’opportunità di monetizzare questo valore che è stato creato”.

La lettera dei ministri a Starace – Ma proprio per via dei risultati raggiunti, più che a vendere, l’amministratore delegato dell’Enel pensa invece a ripetere la felice esperienza d’investimento: “vogliamo replicare questo modello anche in altre parte del mondo dove noi vediamo condizioni simili o assimilabili”. Una doccia fredda per il ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri e quello dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, che proprio nella giornata antecedente la presentazione del piano industriale dell’Enel, avevano inviato una missiva a Starace per invitarlo caldamente a partecipare al progetto di rete unica che prevede le nozze fra Open Fiber e FiberCop . Con un intervento della politica decisamente invasivo nei confronti di una società, che, benché controllata dal Tesoro, è quotata a Piazza Affari ed è quindi sottoposta alle regole di mercato. Non è la prima volta del resto che il governo utilizza questa strategia. Già questa estate, il premier Giuseppe Conte aveva contattato l’amministratore delegato di Tim, Luigi Gubitosi, per stoppare il piano FiberCop con l’obiettivo, poi sfumato, di arrivare direttamente alla rete unica. In questo caso, l’ingerenza dell’esecutivo negli affari di una società privata non aveva generato alcuna reazione da parte del mercato. Segno di una scarsa fiducia degli investitori nelle mosse dell’esecutivo.

La politica dei dividendi piace al mercato – E’ andata diversamente oggi con il titolo Enel che in Borsa ha guadagnato oltre il 4%. Non tanto per il caso Open Fiber, quanto piuttosto per il fatto che il gruppo da oltre 77 miliardi di fatturato ha “definito una politica di dividendi semplice, prevedibile e interessante. Gli azionisti riceveranno un dividendo per azione fisso, garantito e crescente nei prossimi tre anni, con un obiettivo di 0,43 euro/azione al 2023, che si traduce in un tasso di crescita composto (CAGR) del 7% circa”, come si legge nel piano strategico al 2023. Inoltre l’Enel, che investirà 40 miliardi in tre anni, ha previsto un miglioramento della situazione finanziaria con l’indebitamento che dovrebbe attestarsi sui 57-58 miliardi entro il 2023. Infine, dopo circa 5-5,2 miliardi di euro nel 2020, l’azienda guidata da Starace ha fatto sapere di puntare ad un utile netto ordinario di 5,4-5,6 miliardi nel 2021, di 5,9-6,1 miliardi nel 2022, di 6,5-6,7 miliardi nel 2023. Risultati che garantiscono al Tesoro una generosa cedola annuale. Indipendentemente dal futuro di Open Fiber e della rete unica. Il cui controllo pubblico, secondo Starace, in caso di addio dell’Enel, dovrà essere garantito da Cassa Depositi e Prestiti, contrariamente a quanto auspica Tim che spera di poter mantenere il 51% nell’eventuale società unica della rete di telecomunicazioni.

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