Secondo la Corte del Lussemburgo "è contraria al diritto dell’Unione la normativa italiana che rifiuta o riduce una prestazione di sicurezza sociale al cittadino extra Ue, titolare di un permesso unico o soggiornante di lungo periodo, per il fatto che i suoi familiari risiedono in un Paese terzo, mentre la stessa prestazione è accordata ai cittadini italiani indipendentemente dal luogo in cui i loro familiari risiedono"
I cittadini extra Ue residenti in Italia con permesso unico o soggiornanti di lungo periodo hanno diritto agli assegni Inps anche per i familiari a carico residenti fuori dall’Ue. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia della Ue in una sentenza che riguarda il caso di un cittadino dello Sri Lanka e uno del Pakistan, con permessi di soggiorno in Italia, a cui l’Inps aveva negato gli assegni per i loro familiari perché residenti nei rispettivi Paesi.
Secondo i giudici, “è contraria al diritto dell’Unione la normativa italiana che rifiuta o riduce una prestazione di sicurezza sociale al cittadino extra Ue, titolare di un permesso unico o soggiornante di lungo periodo, per il fatto che i suoi familiari risiedono in un Paese terzo, mentre la stessa prestazione è accordata ai cittadini italiani indipendentemente dal luogo in cui i loro familiari risiedono”.
I due cittadini rispettivamente dello Sri Lanka e del Pakistan risiedono e lavorano regolarmente in Italia. Uno è titolare di un permesso unico di lavoro, l’altro ha un permesso di soggiorno di lunga durata. Entrambi hanno a carico i rispettivi familiari (moglie e figli), anch’essi cittadini dei rispettivi Paesi extra Ue d’origine, e per loro beneficiano, secondo la legge italiana, di assegni familiari. Gli assegni sono stati tuttavia negati dall’Inps per i periodi nei quali i loro congiunti a carico sono rimasti residenti nei rispettivi Paesi d’origine. I due si sono allora rivolti alla giustizia italiana, chiedendo il riconoscimento degli assegni anche per quei periodi. Le cause sono attualmente pendenti in ultimo grado davanti alla Corte suprema di cassazione, che ha chiesto alla Corte di giustizia se la legge italiana contravvenga al principio di uguaglianza di trattamento previsto nelle direttive 2011/98 e 2003/109.
La Corte sottolinea che la stessa legge italiana invece riconosce tale diritto ai cittadini italiani che si trovano nella stessa situazione, cioè i cui familiari a carico risiedono in un Paese extra Ue. Nella sentenza quindi si ricorda che se spetta agli Stati membri decidere condizioni e importo delle prestazioni di sicurezza sociale, “nell’esercitare tale facoltà gli Stati membri devono rispettare il principio di parità di trattamento tra cittadini extra Ue soggiornanti di lungo periodo o ammessi nello Stato membro a fini lavorativi da un lato, e cittadini nazionali dall’altro, per quanto riguarda in particolare le prestazioni sociali”.