Diritti

Giornata contro la violenza sulle donne, l’Onu dà l’allarme sull’aumento dei casi col lockdown

Il periodo che stiamo attraversando, iniziato in Italia il 10 marzo 2020 con l’entrata in vigore del decreto contenente le misure per il lockdown nazionale causato dal Covid-19, ha costretto molte coppie non conviventi a dover rinunciare alla vicinanza del partner e ad astenersi al consueto contatto fisico all’interno della coppia. Una doverosa attenzione va però posta anche alle coppie conviventi, soprattutto prendendo in considerazione la situazione all’interno delle relazioni cosiddette “violente”, in cui uno dei due partner si è trovato costretto ad un contatto continuo con il suo “carnefice”.

Facciamo questa considerazione anche riguardo la celebrazione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, per ricordare e ricordarci dell’importanza di denunciare reati e abusi all’interno della coppia. Secondo un rapporto dell’Onu, la quarantena forzata ha causato un preoccupante aumento degli abusi sulle persone più vulnerabili, compresi i minori, scatenando moltissime richieste di aiuto. L’allarme è stato lanciato in ogni parte del mondo, dal Regno Unito all’India, dove sono stati segnalati numeri in continua crescita. L’Onu per quest’anno prevede almeno 15 milioni in più di casi di violenza domestica.

L’Unfpa, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, ha addirittura ipotizzato un aumento del 20% dei casi di violenza per i primi tre mesi di lockdown in tutti i 193 Stati membri delle Nazioni Unite. In Gran Bretagna, nelle prime sei settimane di fermo nel Paese, una linea riservata ha ricevuto il 49% di telefonate in più da quando sono entrate in vigore le misure di sicurezza e la polizia a Londra ha effettuato oltre 4000 arresti per abuso domestico.

Con il lockdown, sono raddoppiate le chiamate alle helpline in Libano e in Malaysia, triplicate in Cina. In Australia, invece, i motori di ricerca come Google hanno registrato il maggior volume di richieste di aiuto per violenza domestica degli ultimi 5 anni.

Qual è la situazione in Italia? Stando ai dati Istat, durante il lockdown c’è stato un incremento della richiesta d’aiuto del 73% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Inoltre, il 45,3% delle vittime ha paura per la propria incolumità o di morire; sebbene il 72,8% esiti a denunciare immediatamente il reato. Sono, invece, 32 le donne uccise da gennaio a giugno 2020.

Le richieste di aiuto giungono attraverso le helplines, servizi di supporto e contrasto dalla violenza di genere, previste dalla Convenzione di Istanbul. In Italia, il 1522 è il numero verde messo a disposizione dal Dipartimento Per le Pari Opportunità Dpo-PdcM che, sia attraverso il telefono sia via chat, risponde alle richieste di aiuto, supporto e consulenza alle persone che vivono personalmente o indirettamente una situazione di disagio dovuto a violenza e stalking.

Osservando l’andamento delle chiamate valide, il numero verde 1522 sembra aver rappresentato uno strumento di grande sostegno alle vittime di violenza nel periodo del lockdown. La crescita di tali chiamate non è infatti paragonabile all’andamento registrato negli anni precedenti. Ciò anche per effetto dell’incremento delle campagne trasmesse in tv, lanciate sul web e rilanciate dai social, spesso con il supporto di testimonial del mondo dello spettacolo, che hanno concorso a dare consapevolezza e coraggio alle vittime della violenza e supporto concreto agli operatori.

A partire dal 22 marzo la crescita delle chiamate al 1522 ha avuto un andamento esponenziale. In 4 casi su 10 le chiamate avvengono per chiedere aiuto in caso di violenza e/o stalking e per segnalare casi di violenza, per chiedere informazioni sul servizio che viene fornito e per avere informazioni sui centri antiviolenza. Si rivolge a questo servizio un numero consistente di utenti per chiedere qualche forma di supporto di tipo sociale o psicologico. In particolare, è stata proprio la violenza di tipo fisico a crescere nel periodo del lockdown, passando dal 44,9% al 51,3%.

La violenza avviene maggiormente per mano dell’uomo (92,4%) e le variabili sull’autore riferite all’interno della richiesta di aiuto contribuiscono a rafforzare il carattere di trasversalità. Se si effettua un confronto con il periodo di marzo-aprile dell’anno precedente, inoltre, le richieste di persone coniugate sono aumentate (+0,4%), mentre quelle effettuate da persone celibi e nubili sono diminuite.

Non tutte le violenze subìte, però, sono oggetto di denuncia. Cosa porta alcune vittime di violenza domestica a non denunciare? Circa un terzo delle motivazioni ricade nella sfera delle pressioni (esplicite o implicite) da parte del contesto familiare: i motivi, infatti, sarebbero legati alle conseguenze negative che si possono generare nel contesto familiare, soprattutto per paura generica (14,8%) e per paura della reazione del violento (13,7%). Il 3,8% delle persone motivano il ritiro della denuncia perché invitate a farlo direttamente dalle Forze dell’Ordine o perché hanno poca fiducia in queste ultime.

Alla paura e alla sensazione di non essere tutelati si somma anche l’impossibilità concreta di un’alternativa di vita: sono molte in questo senso le persone che dichiarano di non avere un posto dove andare (6,9%, con +4,7 punti percentuali rispetto al 2019). Tra le vittime, il 2,9% ha ritirato la denuncia e una su due è tornata dal maltrattante.

Sia che si riesca a denunciare, sia che si decida di ritirarla o di non denunciare, l’effetto della violenza sullo stato d’animo delle vittime è molto pesante. In generale, la violenza interviene con forme diverse ad interrompere un equilibrio psichico e fisico che va ad impattare sulle diverse sfere del comportamento della vittima, da quello affettivo a quello lavorativo e sociale. Si prova paura o timore per la propria incolumità, un incessante stato di soggezione e una forte sensazione di ansia.

Non vanno inoltre dimenticati in questo contesto gli elevati costi sociali ed economici della violenza contro le donne che il periodo del lockdown concorre a generare: emergenza sanitaria, degenza ospedaliera, cure mediche, giorni di malattia persi sul lavoro, investigazioni di polizia, costi legali. Un aumento previsto delle diverse forme e manifestazioni della violenza potrebbe condurre infatti ad un rafforzamento dell’impatto economico negativo della crisi Covid-19: come si evince dai documenti Istat, “studi recenti hanno evidenziato che il costo globale della violenza contro le donne è stimato in circa il 2% del Pil globale, ovvero 1,5 trilioni di dollari”. Questa cifra può solo quindi aggravare la già difficile situazione economica post pandemia.

Si ringrazia la dr.ssa Elisa Ginanneschi per la collaborazione