C’è ancora da indagare sulla morte di Sissy Trovato Mazza, l’agente di polizia penitenziaria trovata l’1 novembre 2016 in uno degli ascensori dell’ospedale Civile di Venezia e morta il 12 gennaio 2019 dopo oltre due anni di coma. Il gip del tribunale Venezia Barbara Lancieri ha respinto per la seconda volta la richiesta di archiviazione avanzata dalla pm Elisabetta Spigarelli nell’inchiesta per istigazione al suicidio.

Per l’accusa Trovato Mazza fece fuoco contro se stessa con la sua pistola d’ordinanza dentro il padiglione Iona. Ma la famiglia della 28enne – assistita dall’avvocato Eugenio Pini – continua a ritenere che le cose siano andate diversamente e la poliziotta, in servizio nel carcere femminile della Giudecca, non si sia suicidata. Da qui, l’opposizione che è stata in parte accolta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia.

Il gip, convinto dalla tesi dei familiari e del consulente Luciano Garofano, ex generale dei carabinieri, ha chiesto al pubblico ministero per la seconda volta di approfondire ulteriormente alcuni aspetti. Nuovamente tutto ciò che riguarda le celle telefoniche e i tabulati del cellulare di Trovato Mazza, ma anche la scena del crimine e, soprattutto, di ascoltare una collega, finora mai sentita dagli investigatori.

Secondo Garofano, infatti, non è possibile che l’agente di polizia penitenziaria si sia sparata da sola data l’assenza di tracce di sangue “da retroproiezione” sul corpo e la pistola. La collega da ascoltare, invece, è un’agente penitenziaria con cui la donna aveva avuto un diverbio, arrivando – secondo quanto ricostruito dai legali della famiglia – a prospettare di denunciarla.

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