di Luigi Di Maso, Matteo Munno, Claudio Pellecchia, Marco Munno, Armando Fico e Valerio Savaiano

È sempre stata aperta la discussione su cosa avrebbe potuto fare Diego Armando Maradona senza le abitudini devastanti che lo hanno accompagnato fuori dal campo. Ma come si può immaginare qualcosa di meglio a uno che calcisticamente parlando ha rappresentato il meglio in assoluto? La sua mano torna a ricongiungersi col proprietario autentico, Dios. Maledetto 25 novembre, prima Best e oggi Maradona.

Mentre stiamo scrivendo l’Argentina ha confermato tre giorni di lutto nazionale mentre Napoli piange, ma lo sappiamo: non durerà tre giorni, bensì la durata dell’esistenza di ogni argentino. Quando cresci e inizi a tirare calci a qualcosa, non necessariamente un pallone, capita che un adulto col sorriso tra i denti ti dica: “E che vuoi fare a Maradona?”.

Maradona è e sarà un termine di paragone per tutto ciò che rappresenta il massimo. Il massimo del talento, il massimo dell’entusiasmo, il massimo dell’eccesso, ahimè. Il massimo. Non piange il mondo del calcio oggi. Piange il mondo della religione, dell’arte, della cultura. Piange il mondo, insomma.

Il Vangelo Secondo Maradona non richiede sforzi di fede, non ci sono dogmi né riti da osservare. Maradona è di tutti coloro che credono che il cielo possa scendere in terra, che l’uomo possa superare i propri limiti mortali muovendosi a proprio piacimento nel tempo e nello spazio. Lui, che col suo sinistro ha piegato le leggi della fisica al suo volere, è il calcio, ma anche l’infinita bellezza di un sogno che regalava ai suoi tifosi ad ogni tocco dato al pallone. E lui di questo ne era pienamente consapevole.

Fisico e metafisico insieme, questo è ciò che lo differenzia dagli altri: i suoi gesti. Perché le sue giocate sono ad oggi in fin dei conti replicabili, ma quella sensazione di trasporto e trascendenza nel vederlo creare calcio invece no. E chi ha avuto modo di ammirarti anche solo di sfuggita, non vivrà mai abbastanza per ringraziarti fino in fondo.

Maradona era uno dei tratti che accomunava persone a me tanto care: da mio padre a uno dei colleghi che vedo come mentori. Parlare di Maradona con loro era come entrare in un’altra dimensione, praticamente la stessa in cui ti portava lui con tocchi leggeri e gol pesanti. Non l’ho vissuto a pieno vista l’età, ma a Napoli, tra le città del cuore, si respira Maradona dai murales alle strade, passando per le reliquie fino a qualche ora fa considerate pacchiane e oggi invece votate a una di quelle divinità pagane che non dimenticheremo. Grazie D10S, con uno stralcio del sottofondo musicale di uno dei video virali a te dedicati ti saluto: “Every minute of an hour, don’t think about a rest. Live is life“.

“Ho pensato a mio nonno. A quando mi raccontava della mia nascita, a pochi mesi dal primo scudetto del Napoli, di come fosse felice del fatto che avessero messo me e mia mamma nella stanza numero 10. Non ho mai approfondito, mi piaceva immaginare che avesse ragione e che quel sorriso stampato in volto ogni volta che raccontava questo aneddoto corrispondesse a qualcosa di vero. Ho pensato a mio nonno e poi a mio padre, al dolore che so di avergli dato – anche se non me l’hanno mai detto – non diventando un tifoso del Napoli. Ho pensato a mio nonno, a mio padre e poi a Diego Maradona. A quella frase che lessi in uno dei tanti libri su di lui: “Io volevo solo giocare a pallone”. E ho pensato che oggi, più di tutto, serve il silenzio. Il resto, parole comprese, verrà. Quando sarà il momento.

Mio fratello si chiama Marco, è nato nel novembre del 1987 e mio padre, al momento della registrazione all’anagrafe, scelse per lui come secondo nome Diego Armando. Mio padre è un romanista pazzo, tanto che il mio secondo nome è Paulo Roberto, ma questo non fu neanche per un momento un ostacolo.

L’immagine che ho sempre avuto di Maradona è di quelle anime in pena, quelle esistenze nate ferite a cui neanche il dono di un talento esagerato è riuscito a lenire il dolore d’esistere. Più l’amore e l’ammirazione di tutti era grande e più la necessità di autodistruggersi cresceva. Un lampo nella storia dell’umanità che è caduto a Napoli ma ha lasciato i segni in tutto il mondo, un nome che non perderà mai la sua magnificenza come non l’ha mai persa nei quarant’anni in cui il mondo l’ha conosciuto.

Masaniello, Argentino, Rivoluzionario, Amatissimo. Debolezze umane. Onnipotenza calcistica. Nessuno mai così. Esiste qualcuno che non conosce e non conoscerà Diego Armando Maradona? No.

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