L'ex premier ha raccontato di aver ricevuto la notizia della scomparsa del ricercatore friulano solo il 31 gennaio, sei giorni dopo la sua sparizione. Ma dall'ambasciata italiana al Cairo e dalla Farnesina, informate già il 25, sono partite, raccontano al Fatto.it fonti vicine al dossier, comunicazioni ai vertici dell'Aise, che fa capo a Palazzo Chigi, al ministero dell'Interno e al Consigliere diplomatico del premier
Ci sono dei punti poco chiari, che contrastano con le testimonianze di altri protagonisti delle vicende legate alla scomparsa e uccisione di Giulio Regeni, nella dichiarazione rilasciata da Matteo Renzi di fronte alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio del ricercatore di Fiumicello, ritrovato senza vita il 3 febbraio 2016 lungo l’autostrada che collega Il Cairo ad Alessandria, in Egitto. Punti che hanno già scatenato un botta e risposta con la Farnesina.
Al centro dello scontro le parole dell’ex premier secondo cui la notizia della scomparsa del 28enne friulano gli è stata comunicata solo il 31 gennaio, ben sei giorni dopo quel 25 gennaio, quando di Giulio si sono perse le tracce: “Noi abbiamo reagito mettendo in campo tutti gli strumenti – ha detto – Abbiamo lavorato tutti insieme a livello istituzionale come una squadra. Sì, abbiamo rimpianti. Io ho pensato ‘perché abbiamo saputo questa notizia solo il 31 gennaio?’ Se avessimo saputo prima avremmo potuto agire prima“. Una versione che si scontra con quella dell’allora ambasciatore italiano in Egitto, Maurizio Massari, che sentito dalla stessa Commissione ha dichiarato a febbraio che l’ambasciata italiana venne informata da Gennaro Gervasio, il professore che avrebbe dovuto incontrare Regeni quella sera, il 25 gennaio alle 23.30. E anche il ministero degli Esteri ha sentito l’esigenza di puntualizzare e smentire la versione del senatore di Italia Viva: “La Farnesina precisa che le Istituzioni governative italiane e i nostri servizi di sicurezza furono informati sin dalle prime ore successive alla scomparsa di Giulio, il 25 gennaio 2016″, precisano in un comunicato. La controrisposta è arrivata poi dall’ufficio stampa di Renzi: “Nel corso dell’audizione di questa mattina il senatore Renzi ha espressamente richiamato la relazione del ministro Gentiloni e del Segretario Generale Belloni come parte integrante della sua esposizione. Che la Farnesina fosse informata dal 25 gennaio alle 23.30 è vero per esplicita dichiarazione lasciata a verbale dall’Ambasciatore Massari”. Nessuna rettifica, quindi: la Farnesina sapeva, lui, a suo dire, no. Almeno fino al 31 gennaio.
Ma fonti vicine al dossier sentite da Ilfattoquotidiano.it sollevano ulteriori dubbi sulla versione dei fatti fornita da Matteo Renzi, evidenziando tre passaggi fondamentali avvenuti nelle ore successive al sequestro di Giulio Regeni, il 25 gennaio 2016, che smentiscono il racconto del senatore toscano. Il primo, spiegano le fonti a Ilfattoquotidiano.it, è quello che riguarda l’informativa ufficiale inviata proprio dall’ambasciatore Massari, come avviene in questi casi, nelle ore successive alla comunicazione di scomparsa ricevuta il 25 gennaio, ai canali del ministero dell’Interno in collegamento con l’ambasciata d’Italia al Cairo e, soprattutto, a quelli dei nostri servizi segreti per l’estero (Aise). Quest’ultimi fanno capo al presidente del Consiglio dei ministri, ossia Matteo Renzi. Quindi: Massari informò i servizi segreti che rispondono a Palazzo Chigi già il 25 gennaio ma, secondo la versione resa dall’ex premier, nessuno lo informò di ciò che stava accadendo fino al 31.
Il secondo punto che solleva dei dubbi sulla versione fornita da Renzi è quello che riguarda due visite di alto livello della nostra intelligence al Cairo, il 27 e il 30 gennaio. Le fonti vicine al dossier sentite da Ilfattoquotidiano.it spiegano che i servizi segreti italiani arrivati da Roma hanno incontrato il 27 gennaio e il 30 dello stesso mese i loro omologhi egiziani, che già avevano informato l’ambasciatore Massari della scomparsa di Giulio il 25 gennaio. Al secondo incontro, specificano, era presente anche l’allora direttore dell’Aise, Alberto Manenti. È possibile, quindi, che in un clima del genere, con la notizia della scomparsa già inviata all’ambasciata italiana in Egitto, l’intelligence italiana e quella egiziana non abbiano affrontato la questione della scomparsa di Giulio Regeni? Ed è possibile che i servizi italiani, che ricordiamo fanno capo a Palazzo Chigi, e nello specifico l’allora direttore Manenti, non abbiano pensato di informare il presidente del Consiglio riguardo alla scomparsa di un cittadino italiano all’estero?
Il terzo punto è collegato alla conferma dell’avvenuta comunicazione alla Farnesina della scomparsa di Giulio già dal 25 gennaio. Le fonti vicine al dossier ricordano che quando al ministero giungono informazioni di tale rilievo, tra i canali che vengono attivati c’è anche quello del Consigliere diplomatico della Presidenza del Consiglio che, all’epoca, era l’attuale ambasciatore italiano a Washington, Armando Varricchio. Prendendo per buone le dichiarazioni di Renzi, rimangono solo due ipotesi sul tavolo: o dalla Farnesina, saputo della scomparsa di Regeni, si è deciso di non informare il Consigliere diplomatico del premier, nonostante questa sia una prassi tenuta anche per questioni meno urgenti del rapimento di un cittadino italiano all’estero, oppure, informato dal ministero, Varricchio, che faceva anche lui capo a Palazzo Chigi, ha deciso di tenere all’oscuro l’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Tutte ipotesi “decisamente bizzarre”, commentano le fonti.