Diritti

Violenza sulle donne, dopo l’appello di Chiara Ferragni ho una domanda per lei

Cara Chiara, ti scrivo perché positivamente colpito da alcune parole che qualche giorno fa hai pronunciato riguardo la condizione delle donne in una società, la nostra, che giustamente definisci maschilista e patriarcale. Oggi, aggiungerei, più che mai. Ti rivolgo dunque questa missiva, e lo faccio non a caso nella Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, perché sei stata tu, direi in modo più che intelligente, a cercare alleati non solo fra le donne, che sottolinei quanto spesso, in una battaglia del genere, non siano unite fra loro, ma anche fra gli uomini, o meglio fra quegli uomini che si dicano vicini alla condizione femminile e siano capaci anche un minimo di sentire sulla propria pelle le offese fisiche, verbali, psicologiche e morali che la donna quotidianamente subisce.

Perciò ti scrivo, perché è da diversi anni che, sentendo forte questo tema, attraverso articoli, interviste e dal mio punto di vista privilegiato, quello di musicologo e storico della musica, affronto il tema della rappresentazione femminile interna al mondo della canzone. Lo faccio prendendo spesso insulti e offese da parte dei fan di artisti ai quali evidentemente non piace guardarsi allo specchio e scoprire quanto le parole che sostanziano i testi dei loro brani siano, prendendo a prestito la nomenclatura virologica, uno dei principali vettori del contagio maschilista e machista che viviamo ai giorni nostri: non che venti, trenta o cinquant’anni fa il problema non esistesse, ma non certo nelle dimensioni in cui lo si vive nei giorni in cui questa particolare curva epidemiologica è decisamente schizzata alle stelle.

Pensa, alcuni fra gli artisti a cui mi sono rivolto hanno anche avuto il coraggio di stigmatizzarmi perché uomo che si occupa di questioni di cui, secondo logiche che per fortuna non mi appartengono, a loro avviso dovrebbero occuparsi solo le donne, non riuscendo evidentemente a comprendere quanto una qualsiasi offesa, di qualsiasi genere, rivolta a una qualsiasi donna in quanto essere appartenente a un determinato genere, quello femminile, sia al tempo stesso una violenza contro l’intera umanità.

Ebbene, nel dirmi dunque tuo alleato mi chiedo, e ti chiedo: quanti alleati pensi di avere intorno a te? Perché vedi, se il rispetto verso l’universo femminile passa attraverso la rappresentazione che delle donne restituiamo per mezzo dei mille canali della comunicazione, a partire da quella televisiva per proseguire con quella cinematografica, giornalistica, musicale, letteraria e chi più ne ha più ne metta, allora bisognerebbe prendere in considerazione, e seriamente, le parole che animano i testi e le immagini che danno vita ai videoclip delle canzoni: usare tette e culi a mò di arredo nei videoclip e apostrofare le donne in qualità di bitch (puttane, nda) o peggio ancora non va esattamente nella direzione della società da te auspicata nel pregevole intervento di qualche giorno addietro, ossia libera da maschilismo e patriarcato, ma al contrario aiuta e non poco a consolidare e fortificare proprio quei pregiudizi a cui tu stessa fai diffusamente cenno nel tuo videomessaggio.

Una società che, come saggiamente sottolinea la cantautrice Grazia Di Michele, intitola una piazza a un trapper che fa del machismo un segno distintivo della sua “poetica”, è la stessa società, chiudendo il cerchio, che come sottolinei giustamente nel tuo lodevole intervento licenzia una maestra perché, sintetizzando al massimo la questione, ha fatto sesso col suo compagno: ed è la medesima società che consente, nello storytelling musicale dominante, di dipingere le donne in modi propri del ventennio fascista, periodo nel quale le stesse potevano essere di due soli tipi, o angeli del focolare o femmine dai facili costumi.

La musica ha in questo senso un ruolo determinante, ed è dunque proprio lì, dove si formano i tessuti sinaptici delle nuove generazioni, che è assolutamente necessario si inizi ad aggiustare il tiro: se l’errata rappresentazione di un dato genere, come anche di qualsiasi categoria, razza o addirittura specie può non risultare di per sé atto violento, è senza dubbio, come ancora una volta ricorda la Di Michele, generatore di violenza.

Alleiamoci dunque e aiutiamoci reciprocamente a fermarla. Adesso, come hai detto tu, è il momento.