I musicoterapeuti che organizzavano progetti per i ragazzi disabili nelle scuole, gli psicomotricisti che lavoravano nelle rsa, gli archeologi fermati dalla chiusura di archivi delle Sovrintendenze, musei e biblioteche. Ma anche organizzatori di eventi, designer di interni, counselor e grafici pubblicitari. Sono solo alcune delle decine di categorie professionali ferme a causa delle restrizioni per contrastare la seconda ondata di Covid, eppure escluse dall’elenco delle attività che hanno diritto ai contributi a fondo perduto previsti dai decreti Ristori. Una nuova beffa per autonomi e partite Iva individuali, che in estate erano rimasti fuori dalla prima tornata di aiuti distribuiti dall’Agenzia delle Entrate. “Per noi ci sono stati solo i bonus 600 euro di marzo e aprile e quello di 1000 euro di maggio per i pochi che sono riusciti ad ottenerlo”, ricorda Emiliana Alessandrucci, presidente del Colap (Coordinamento Libere Associazioni Professionali) che riunisce 200 associazioni con 300mila professionisti iscritti. “Intanto però continuiamo a dover pagare tasse e contributi, al netto di qualche rinvio che risolve poco: tra pochi mesi le nostre difficoltà finanziarie non saranno certo risolte. Almeno si azzerino i versamenti all’Inps sostituendoli con contributi figurativi, in modo che il 2020 non risulti poi come anno mancante ai fini della pensione“.
“Dobbiamo intervenire per la cultura, lo spettacolo e il turismo e interverremo anche per partite Iva e autonomi. Lo scostamento di bilancio che abbiamo chiesto è dedicato a loro”, ha assicurato lunedì sera il premier Giuseppe Conte. Ma, sebbene sia al centro delle interlocuzioni tra la maggioranza e Forza Italia, l’universo dei lavoratori autonomi continua per ora a sentirsi invisibile. Fuori dalla rete degli ammortizzatori sociali, ha incassato pochi aiuti e pagato un prezzo altissimo in termini di occupazione: stando agli ultimi dati Istat, a settembre gli indipendenti erano 388mila in meno rispetto a un anno prima. “Le indennità del decreto Agosto sono state riservate ad altre categorie (stagionali, intermittenti, lavoratori del turismo e dello spettacolo, ndr): noi siamo stati del tutto dimenticati“, spiega Alessandrucci. “Il primo contributo a fondo perduto non abbiamo potuto chiederlo. E ora la lista di codici Ateco che hanno diritto al nuovo aiuto lascia fuori tante categorie che stanno subendo azzeramenti o riduzioni drastiche dei fatturati”.
Nella lista preparata dal Colap, che l’ha girata al ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli chiedendo di rimediare alle dimenticanze, c’è per esempio tutta la schiera dei professionisti che non hanno un codice proprio e ricadono sotto la voce “Altre attività” o “Altri servizi”: si va dai counselor ai musicoterapisti “fino ai formatori di aspiranti operatori shiatsu e di altre discipline bionaturali che richiedono il contatto fisico”, ovviamente stoppate dalle misure anti contagio. Assenti dalla lista anche gli educatori cinofili, i grafologi forensi, i consulenti informatici e gestionali, i disegnatori tecnici, gli archivisti e i tecnici del cinema e della tv che lavorano nella post-produzione, negli studi di registrazione e nella regia. Tutte attività fermate o almeno rallentate dagli ultimi Dpcm.
Come gli archeologi, che “continuano a lavorare nei cantieri di opere pubbliche per intervenire in caso di ritrovamenti e documentare la stratigrafia che emerge dalle attività di scavo ma sono fermi se si occupano delle fasi di progettazione e verifica preventiva”, sottolinea Oriana Cerbone, vicepresidente dell’Associazione nazionale archeologi con delega alle politiche del lavoro. “Tutte le attività di chi deve consultare archivi e biblioteche sono congelate, cosa che comporta un rinvio della fatturazione e un forte impatto sui redditi, considerati anche i tempi di pagamento della pubblica amministrazione che se va bene sono di 60-120 giorni“.
Per Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, il problema è il criterio stesso con cui sono stati individuati i beneficiari: “Occorre includere tutte le filiere collegate alle attività chiuse o danneggiate dai Dpcm, quindi anche i professionisti e gli autonomi che lavorano per le aziende oggetto di restrizioni o per i loro fornitori. Questa disparità tra categorie è immotivata, tanto più che parliamo di interventi finanziati a debito o con prestiti europei come il Sure“. Come dire: i vincoli di bilancio sono sospesi, le risorse per tutti volendo si trovano. Resta inteso che gli indennizzi vanno distribuiti sulla base del reddito perso, “ma ora non ha più senso basare il contributo sul fatturato di aprile, come fa il decreto Ristori: si tenga conto dell’intero primo semestre o dei primi dieci mesi dell’anno”.
Gli autonomi però hanno anche un altro problema, pressante perché alla prossima scadenza del 30 novembre mancano pochi giorni: il versamento di tasse e contributi. Decreto Agosto e decreto Ristori hanno rinviato il pagamento del secondo acconto di imposte sui redditi e Irap per chi nei primi sei mesi abbia visto calare il fatturato di almeno il 33%, per le attività in zona rossa che abbiano uno dei codici Ateco ammessi ai ristori e per i ristoratori delle zone arancioni. Uno scherma intricato in cui ricadono solo alcuni. Ma a preoccupare le partite Iva individuali è l’assenza di riferimenti ai contributi Inps: il secondo acconto scade anch’esso il 30 novembre “e non sappiamo ancora se avremo diritto a una proroga”, spiega Anna Soru dell’associazione dei freelance Acta. “Per noi è cruciale perché la cifra da pagare è rilevante: l’aliquota della gestione separata è fissata al 25,72% del reddito. Speriamo che il decreto Ristori quattro (atteso per venerdì, ndr) ne tenga conto e conceda una sospensione”.
Alessandrucci alza il tiro e chiede l’annullamento tout court della scadenza, per chi è in difficoltà: “I versamenti andrebbero sostituiti con contributi figurativi, per evitare che ci ritroviamo con un anno di buco ai fini della pensione“. Un rischio, questo, che riguarda anche altre tipologie di diritti: “Una guida turistica a partita Iva ci ha segnalato che l’Inps calcolerà la sua indennità di maternità sui contributi versati nel 2020, per cui prenderà pochissimo”, racconta Soru. “Senza un intervento legislativo, il risultato sarà che questo anno disgraziato avrà un impatto pesante anche su altre tutele, compresa la malattia“. Oriana Cerbone guarda ancora più in là e spera che l’emergenza “faccia capire che è il momento di parlare di misure concrete e sostenibili di welfare per noi iscritti alla gestione separata. Penso alla deducibilità delle spese per chi ha un reddito basso e ricade nel regime forfettario, a un trattamento pensionistico equo e a sostegni per le lavoratrici”. Oltre il 70% degli archeologi sono donne, “ma tra i 35 e i 40 anni molte abbandonano la professione perché non ce la fanno”.