“Guardavo il suo piede sinistro e mi pareva impossibile fosse così piccolo ed esistesse realmente”. Così lo scrittore Maurizio De Giovanni ricorda Diego Armando Maradona al fattoquotidiano.it. Il campione argentino è morto per arresto cardiaco. Aveva 60 anni. “Se ne va un pezzo della memoria epica della città di Napoli. Credo che Maradona sia parte della nostra cultura come il pastore di un presepe, un santo patrono laico”, racconta lo scrittore de I Bastardi di Pizzofalcone. “Una figura immensa che ha trovato Napoli e Napoli ha trovato lui. Non è un caso che né Maradona né Napoli abbiano mai rivinto se non insieme. I trofei di Diego sono stati contemporanei alla sua presenza in questa città. Tutti i successi del Napoli sono stati in quel periodo. Credo che questo sia più di tutto la definizione di questo meraviglioso incontro tra un genio e la sua fede”.
Il quotidiano argentino El Clarin, nel lungo articolo d’addio, ha scritto che la vita di Maradona è stata “un salto nel vuoto senza paracadute (…) un ottovolante costante con salite ripide e dislivelli”…
La vita di Diego Armando Maradona è stata la vita di un uomo di cuore. Un uomo sincero e generoso. Ha pagato la sua sincerità che lo faceva parlare senza diaframmi, senza mai pensare prima, senza utile personale, senza mai mediazioni. Ha pagato la sua generosità che lo ha portato a circondarsi di persone che ne hanno approfittato in ogni maniera. Sincerità e generosità sono anche state la sua principale origine di sofferenza e fragilità.
In questi ore tutti ricordano Maradona postando sui social un suo colpo di tacco, un gol, un dribbling: qual è il suo ricordo del cuore sul campo?
La punizione sotto la pioggia contro la Juventus al San Paolo. Punizione a due in area. Pecci che gli dice: non puoi tirare sei pazzo. E lui gli dice: tanto gli faccio gol lo stesso. Tacconi che metteva più uomini in barriera possibile. Segna il gol, Pecci va da lui e gli dice: però ti ho fatto un assist immenso. E lui lo abbraccia.
Lei è sempre stato al San Paolo a seguire Maradona?
Sempre, mai persa una partita. Ero allo stadio anche il giorno della presentazione: 5 luglio 1984. Mezzogiorno. Oltre quaranta gradi. Biglietto da mille lire. 80mila persone per vederlo uscire dagli spogliatoi in jeans e maglietta e salutarci tutti.
Altri tempi…
Noi ricordiamo Maradona con una maglia addosso. Ricordiamo Maldini con una maglia addosso. Ricordiamo Totti con una maglia addosso. Era un altro calcio. Oggi è diventato un business enorme, l’epoca in cui il business si pianifica e si programma. È tutto sintetico, tutto plastificato. L’epoca in cui Ronaldo va via dal Real Madrid per soldi.
Poi lei Maradona l’ha incontrato sul serio…
Sì certo. Quando ha avuto la cittadinanza onoraria. Ero uno di quelli che l’ha ricevuto sul palco del teatro San Carlo. Ero uno di quelli chiamati a salutarlo ufficialmente da parte della città. Ho avuto questa fortuna.
Cosa vi siete detti?
Guardavo il suo piede. Mi pareva impossibile. Guardavo il suo piede sinistro e mi sembrava impossibile che fosse piccolo ed esistesse realmente. Poi abbiamo scambiato qualche parola. L’ho ringraziato. Perché non credo esista un essere umano che mi abbia erogato la maggiore gioia gratis.
Il più grande di tutti…
Non il più grande, l’unico nella sua categoria. Gli altri sono spalettabili. Pelè, Ronaldo, Messi, Best si possono organizzare in una graduatoria. Ma davvero: lui non è stato il più grande ma l’unico nella sua categoria.
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