La morte di Ilaria Alpi riguarda tutti. Riguarda anche quelli che non conoscono la sua storia ed è soprattutto a loro che è importante raccontarla. Nella graphic novel “Ilaria Alpi. Armi e veleni, le verità interrotte”, edita da PaperFirst e in edicola dal 26 novembre con Il Fatto Quotidiano, si parte da Mogadiscio, siamo nei primi anni ’90. Ilaria Alpi è una giovane inviata del Tg3 in Somalia, in piena guerra civile. Vuole raccontare la disperazione di un popolo, il suo impegno e la sua attenzione sono rivolti alle vittime del conflitto, le donne, i bambini, gli ultimi.
Ma Ilaria non si sottrae, e questo è importante ricordare e raccontare di lei. Come è giusto che sia per una giornalista vera, non si allontana dalla ricerca della verità, al contrario insiste fino all’ultimo, fino a quel viaggio a Bosaso, di cui nessuno sapeva nulla; fino a quel 20 marzo 1994 in cui fu assassinata a poche centinaia di metri dall’hotel Amana, insieme al suo operatore Miran Hrovatin.
A distanza di ventisei anni non abbiamo ancora una verità giudiziaria per queste morti. Non si conoscono i nomi dei mandanti, né quelli degli esecutori materiali del duplice omicidio. Abbiamo avuto, invece, una terza vittima, Hashi Omar Hassan, l’uomo che ha trascorso sedici anni in carcere da innocente. Un capro espiatorio messo davanti ai nostri occhi per nasconderci la verità.
E oggi, dopo il quarto ‘no’ all’archiviazione pronunciato dal Gip di Roma, è ancora più importante raccontare la storia di Ilaria, tenere vivo il suo ricordo e non smettere di chiedere verità. Perché non riguarda solo la sua famiglia, o un gruppo di giornalisti. Riguarda tutti noi. Il fumetto, che ha un appeal enorme tra i lettori più giovani, in questo senso, diventa uno strumento formidabile per arrivare a un pubblico nuovo a cui raccontare una storia non più così lontana.
ILARIA ALPI. Armi e veleni, le verità interrotte (ed. PaperFirst)
di Lucia Guarano con disegni di Matteo Ammirati