Calcio

Maradona, cosa non capiscono quelli del ‘era solo un cocainomane’

Lo hanno detto dei grandi artisti, scrittori, musicisti, politici. E oggi è toccato pure a lui, il più grande calciatore di sempre. Mentre il mondo piange la morte improvvisa di Diego Armando Maradona, sui social, nei colloqui privati, nei messaggi Whatsapp compaiono come funghi velenosi quegli elogi a metà. Quei “grande calciatore, ma nella vita…”. Ecco, queste parole, pronunciate per un calciatore che ha fatto sognare milioni di appassionati dello sport più popolare al mondo, significano solo una cosa: non solo non hanno capito Maradona, ma non hanno capito nemmeno le persone che lo amano.

“Era solo un drogato”, dicono. Ma non capiscono. Non capiscono che è anche per quello che la gente lo ha amato tanto. Non per la dipendenza dalla cocaina, uno dei suoi innumerevoli sbagli, ma per la sua debolezza. Maradona è stato un Dio dal volto umano, una luce che splendeva non dal cielo, dai palazzi del potere, da una residenza dorata. Quella stella ha brillato anche e soprattutto per le strade polverose di Villa Fiorito, tra i vicoli di una Napoli allora periferia del calcio e del mondo, non solo sui prati verdi e immacolati dei più importanti stadi del globo o sui red carpet.

È lì, nella periferia, a contatto con le persone, con gli umili e, sfortunatamente, anche con i criminali, che ha costruito questo amore. Maradona è stato un mito arrivabile, alla portata di tutti, perché oltre al talento splendente e genuino non ha mai nascosto le proprie debolezze. Era un uomo qualunque con doti da supereroe, era ciò che le persone normali aspirano ad essere, al di là dell’abusata formula “genio e sregolatezza”. Era genio e debolezza, genio e normalità, la stessa normalità che condivideva con chi lo amava.

Maradona, senza le sue debolezze, non sarebbe stato Maradona. Così come non lo sarebbero stati, in modo diverso, George Best senza i problemi con l’alcol, Van Basten senza le sue caviglie friabili, Cruijff senza quel carattere insopportabile, Roberto Baggio senza la maledizione delle ginocchia. Eroi fragili che anche per le loro debolezze sono rimasti nel cuore dei propri tifosi. Questo era Maradona. I problemi con la cocaina sono stati un’ombra costante sulla sua carriera, poi ci sono state le frequentazioni discutibili, i problemi col fisco, i figli non subito riconosciuti, le amicizie e il sostegno a leader come Castro e Chavez mentre la sua vita si svolgeva nella ‘parte opposta’ del mondo. Era umano, ha commesso errori terribili, ma ha anche fatto quello che chiunque avrebbe voluto fare una volta nella vita: alzarsi la mattina, andare al lavoro e mandare a quel paese il proprio capo.

Per questo è stato un mito globale, oltre i colori, oltre il tifo. Un’aspirazione alla quale i giocatori-robot, le pop star del calcio, gli atleti senza difetti apparenti, splendenti in campo e poi rinchiusi nelle loro vite fatate non potranno mai aspirare. È questo che quelli del “ma nella vita privata…” non capiscono: lui era più vicino alle persone di quanto non lo siano loro.

Twitter: @GianniRosini