“Mi ero allontanato dalla Chiesa perché pensavo non facesse abbastanza per i bisognosi, ma con Francesco è diverso. Cosa mi ha detto? Che mi stava aspettando”. L’abbraccio tra i due argentini più famosi al mondo, il più grande calciatore di tutti i tempi e il primo Papa del Paese latinoamericano, era stato sugellato da queste parole di un commosso Diego Armando Maradona. “Oggi – aggiunse il fuoriclasse – si sono unite due potenze, la ‘mano di Dio’ e quella del Papa”. Un incontro atteso anche da Francesco tifosissimo del San Lorenzo de Almagro, rivale del Boca Juniors, la prima squadra dove giocò il mito argentino agli inizi degli anni Ottanta. Tra i due nacque subito un’amicizia intensa segnata dall’impegno di Maradona nella Fondazione Scholas Occurentes, voluta dall’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio a Buenos Aires e poi portata in Vaticano, per l’educazione dei giovani, soprattutto di quelli più bisognosi, in tutto il mondo. Per questo Francesco ha voluto dire il suo grazie a Maradona inviandogli un suo rosario. Bergoglio lo ha affidato a Roberto Carlés, che è stato recentemente designato ambasciatore argentino presso l’Italia, che lo ha consegnato all’ex moglie del campione, Claudia Villafañe. Francesco, come ha fatto sapere il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, subito dopo la notizia della morte, “ripensa con affetto alle occasioni di incontro di questi anni e lo ricorda nella preghiera, come ha fatto nei giorni scorsi da quando ha appreso delle sue condizioni di salute”.

El Pibe de oro, battezzato da un sacerdote francescano il 5 gennaio 1961 nel Santuario del Rosario de Nueva Pompeya in Avenida Sáenz ed Esquiú a Buenos Aires, si è sempre dichiarato cattolico confessando di pregare molto. Anche se era rimasto non poco amareggiato da ciò che aveva visto nei sacri palazzi tanto da polemizzare con San Giovanni Paolo II: “In Vaticano ho visto i tetti d’oro, e dopo ho sentito il Papa dire che la Chiesa si preoccupava dei bambini poveri. Allora venditi il tetto amigo, fai qualcosa”. Ma poi tornò sui suoi passi, nel novembre 1985, portando tutta la famiglia alla messa che ogni giorno Wojtyla celebrava la mattina presto nella cappella del suo appartamento privato. Con il Papa che dovette aspettarlo a lungo prima di iniziare la messa perché Maradona, proveniente da Napoli, arrivò in notevole ritardo giustificandosi col Papa che non aveva sentito la sveglia e aveva dormito troppo a lungo. Wojtyla non ci diede peso e l’incontro fu per il fuoriclasse “un’emozione indimenticabile”.

La scintilla, però, ci fu solo con Bergoglio. “Vorrei davvero ringraziare Francesco – disse Maradona – per tutto l’affetto che mi dà. È un fenomeno e so che farà qualcosa per i ragazzi. Abbiamo un Papa fantastico. Noi due abbiamo parlato di molte cose, dell’impegno affinché i giocatori si uniscano e facciano qualcosa per i bambini che non mangiano in molte parti del mondo. E siamo stati d’accordo totalmente, anche se siamo consapevoli che ci vorrà molto tempo. Oggi posso dire di essere sostenitore di Francesco. Il primo sostenitore di Francesco sono io”. E aggiunse: “Papa Francesco è molto più di Maradona. È lui il vero fuoriclasse”. A Bergoglio donò una maglia dell’Argentina con la dedica: “A Papa Francesco con tutto il mio affetto e molta pace per tutto il mondo”. Dietro la maglia il suo numero 10 e la scritta “Francisco”. Quell’abbraccio aveva capovolto il giudizio che Maradona aveva della Santa Sede: “Quando ho visto l’oro nel Vaticano non ho seguito più perché tanti bambini in Africa muoiono per la febbre. I cardinali guadagnavano come se giocassero nell’Inter o nel Napoli. Sono tornato vicino alla Chiesa per Papa Francesco perché lui ha cambiato le cose. E se un argentino ha potuto far vincere due scudetti e una coppa Uefa al Napoli anche lui può far bene alla guida della Chiesa perché è un argentino”.

È innegabile, però, che soprattutto con i napoletani e gli argentini Maradona ha sempre avuto un rapporto che ricordava molto un vero e proprio credo religioso. Del resto molti suoi fan di diverse generazioni lo hanno sempre indicato come un “dio del calcio”. In Argentina, precisamente a Rosario, nel 2001, fu persino realizzata la “Iglesia Maradoniana” con centinaia di migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo e i suoi riti: “Natale” lo si celebra il giorno della nascita del fuoriclasse, il 30 ottobre, gli anni si contano a partire dal 1960 quando Maradona venne alla luce e la “Pasqua” cade ogni 22 giugno, anniversario dell’indimenticabile mano de Dios. Santuari del celebre mito si ritrovano anche nelle strade del centro storico della Napoli dove vinse gli unici due scudetti della squadra della città partenopea facendo sognare migliaia di tifosi. In uno di essi, a via San Biagio dei Librai, c’è perfino un capello di Maradona che viene venerato dai napoletani come fosse la reliquia di un santo. Si trova a pochi passi dalla famosa strada dei presepi, San Gregorio Armeno, dove il campione, dalla fine degli anni Ottanta, divenne una statuetta gettonatissima da collocare accanto alla natività. Del resto come sostiene l’antropologo Marino Niola, per i napoletani la differenza tra San Gennaro e Maradona è una sola: “I miracoli dei due scudetti li ha fatti il Pibe de oro e non il santo patrono”.

Twitter: @FrancescoGrana

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Spero che Napoli non abbia più bisogno di altri Maradona per sentirsi orgogliosa

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