Un'ipotesi che emerge dal lavoro della Procura generale, titolare dell’inchiesta sui mandanti della strage. Per i magistrati, quindi, la strage avrebbe visto impegnati personaggi provenienti da varie formazioni terroristiche, uniti per lo stesso obiettivo, alimentati e cementati da un fiume di denaro, di fronte al quale evaporano le diversità ideologiche.
A un giorno dall’udienza preliminare per Paolo Bellini, ex Avanguardia nazionale, imputato per concorso in strage, per l’ex generale del Sisde Quintino Spella e l’ex carabiniere Piergiorgio Segatel, imputati per depistaggio, e Domenico Catracchia, amministratore di condominio di immobili in via Gradoli a Roma, imputato per false informazioni al pm, al fine di sviare le indagini sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980, nuovi protagonisti entrano nell’indagine sulla strage di Bologna. Per chi indaga non furono solo i Nar ad agire, ma l’attentato vedrebbe coinvolte anche altre formazioni della destra eversiva dell’epoca: Terza Posizione e Ordine Nuovo. Un’ipotesi che emerge dal lavoro della Procura generale, titolare dell’inchiesta sui mandanti della strage. Per i magistrati, quindi, la strage avrebbe visto impegnati personaggi provenienti da varie formazioni terroristiche, uniti per lo stesso obiettivo, alimentati e cementati da un fiume di denaro, di fronte al quale evaporano le diversità ideologiche. Ma non solo gli inquirenti ipotizzano che non si possa escludere che la strage di Ustica, con le conseguenti polemiche mediatiche per una possibile azione di guerra nei cieli italiani, abbia determinato un effetto di accelerazione del progetto del massacro della stazione.
Secondo gli accertamenti fatti dagli investigatori per la procura generale questo effetto si può cogliere nell’accentuato flusso finanziario che alimenta la preparazione all’attentato, a luglio 1980, e riecheggia nelle parole di Carlo Maria Maggi, capo di Ordine Nuovo in Veneto, e di Aldo Bellini, padre di Paolo, l’ex esponente di Avanguardia Nazionale che le nuove indagini collocano in stazione, la mattina del 2 agosto 1980. Sempre per la Procura, già dalla sentenza della strage di Brescia ‘l’operazione Bologna’ venne concepita nell’ambito di una strategia della tensione non occasionale, ma programmata e prolungata nel tempo“. Dagli atti emergono i flussi di denaro che per l’accusa finanziarono la strage, a partire da febbraio 1979: ci fu una accelerazione a luglio 1980, subito dopo Ustica, in corrispondenza dei versamenti a Marco Ceruti, braccio destro di Licio Gelli, (un milione di dollari tra 20 e 30 luglio).
“Non mi sorprende” dice Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione 2 agosto. Per i magistrati alla stazione di Bologna non erano presenti soltanto i Nar Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ma anche due esponenti di Terza Posizione: Sergio Picciafuoco, già assolto nel 1996 in via definitiva per la strage, quindi non più processabile, ma sul quale grazie ai nuovi accertamenti ora sarebbe possibile rivedere il giudizio espresso. E poi Luigi Ciavardini militante prima di Terza Posizione (Tp) e poi dei Nar, che nel periodo immediatamente successivo all’attentato, grazie all’intervento di Roberto Fiore, suo superiore di riferimento in Tp, venne ospitato da un altro membro della stessa formazione di estrema destra, concittadino e amico d’infanzia di Picciafuoco.
La terza organizzazione, Ordine Nuovo, secondo i magistrati, invece, fu coinvolta quanto meno perché conosceva il progetto stragista prima della sua realizzazione. Secondo la Procura ciò emerge dalle dichiarazioni che Vettore Presilio, legato all’estrema destra, rilasciò dal carcere nel luglio 1980 al magistrato di sorveglianza di Padova, Giovanni Tamburino, sull’imminente attuazione di un progetto stragista da parte della destra eversiva. Del resto, sentenze che hanno trattato la vicenda del 2 agosto 1980, hanno accertato che Vettore Presilio ebbe le informazioni da Roberto Rinani, militante della componente veneta-padovana di Ordine Nuovo. Inoltre, secondo l’indagine, Avanguardia Nazionale, altra formazione di estrema destra, rappresenterebbe l’anello di congiunzione tra il vertice finanziario organizzativo della strage di Bologna, costituito dal binomio Licio Gelli-Federico Umberto D’Amato, e Paolo Bellini, militante operativo di Avanguardia Nazionale.
L’udienza che si apre venerdì’ 27 novembre è discutere degli elementi raccolti dagli inquirenti nell’inchiesta chiusa proprio nel 40° anno dalla mattanza della stazione in cui morirono 85 persone e ne furono ferite almeno 200. Oltre ai quattro imputati, l’indagine della Procura generale si era concentrata su persone che in un’aula di tribunale non potranno più comparire, perché decedute. Cioè il capo della P2 Licio Gelli, il suo braccio destro Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato, ex direttore dell’Ufficio Affari riservati del Viminale e il giornalista Mario Tedeschi, accusati, da morti, di essere ‘le mentì, cioè mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato. Sono già in calendario altre due date: il 4 e l’11 dicembre. I magistrati bolognesi, che hanno coordinato le indagini di Guardia di Finanza, Digos e Ros, hanno individuato un filo nero che dal Maestro Venerabile della P2 passa dal cuore dello Stato e finisce agli estremisti di destra, passando da agenti dell’intelligence e faccendieri, assoldati per depistare le indagini. Per chi sostiene l’accusa fu la loggia massonica Propaganda 2 a organizzare e finanziare la strage. E dietro alla bomba alla stazione c’erano quattro menti nere.
Per i magistrati nelle precedenti inchieste non erano stati valutati in una visione d’insieme gli elementi emersi dai vari processi sulle grandi stragi italiane e altri episodi di terrorismo ad essi collegabili. In particolare, e soprattutto, i procedimenti sulla P2 e sul crac del Banco Ambrosiano. Questo è stato possibile grazie alla digitalizzazione degli atti che consente di fare collegamenti e arricchire di elementi nuovi il quadro. La storia personale di Paolo Bellini è considerata “in linea” con la figura di chi viene assoldato per partecipare ad un’azione terroristica, come la strage di Bologna, alimentata da un ingente flusso di denaro. Bellini viene considerato in condizione simile a quella di altri esecutori dell’attentato, cioè Giusva Fioravanti, Luigi Ciavardini (condannato in primo grado, ndr)e Gilberto Cavallini. Per la Procura generale ci sono infatti elementi che portano a dire che Bellini fosse un soggetto inserito tra le fila della destra eversiva, ma anche legato ad apparati dei Servizi, coinvolti inoltre nel depistaggio delle indagini sul 2 agosto, per contiguità familiare, cioè attraverso il padre Aldo. Tra le prove raccolte, oltre al video amatoriale che riprende un volto considerato compatibile con il suo la mattina dell’attentato, in stazione, c’è il riconoscimento ad opera dell’ex moglie e la predisposizione di un “falso alibi” per la giornata della Strage. A questo si aggiunge una disponibilità di soldi in Italia e all’estero, tra cui depositi in Svizzera, non compatibili con un’attività delinquenziale di basso profilo che lui apparentemente svolgeva.
L’azione stragista commessa alla stazione di Bologna, secondo gli inquirenti, fu alimentata da un imponente flusso finanziario di matrice piduistica, di fronte al quale evaporano del tutto le tesi eversive dei cosiddetti spontaneisti armati dei Nar, che furono, invece sempre secondo la procura generale, meri strumenti esecutivi prezzolati di strategie altrui di più alto livello. Sia Valerio Fioravanti, che gli altri Nar, infatti, nel corso dei processi hanno sempre sostenuto il loro ruolo di spontaneisti nel commettere i crimini per i quali sono stati giudicati, rifiutando legami con la P2 e i servizi deviati, una sorta di ‘cani sciolti’. Ma per la Procura generale lo stesso Fioravanti potrebbe essere stato impiegato in un contesto di interessi strategici di ben altro livello rispetto al ruolo, meramente esecutivo di bassa manovalanza, da lui svolto nell’ambito della galassia terroristica di estrema destra dell’epoca.
Dalle nuove indagini “emerge con chiarezza una struttura di potere che ha utilizzato il terrorismo come variabile dei propri giochi politici. Quella parte di potere che non ha mai avuto in particolare considerazione la democrazia” dicono i difensori del collegio di parte civile nel processo sull’attentato del 2 agosto 1980, avvocati Andrea Speranzoni, Roberto Nasci, Alessandro Forti, Lisa Baravelli, Alessia Merluzzi e Antonella Micele. L’udienza preliminare “è un approdo non scontato, a cui si arriva dopo anni di impegno della Procura generale, dopo un’avocazione e un lavoro che il collegio di parte civile ha svolto per due anni ininterrottamente. È importante per i famigliari delle vittime e per la cittadinanza bolognese e della Repubblica italiana”.