L'imprenditore è accusato di malversazione a danno dello Stato per aver distratto i finanziamenti pubblici destinati a sostenere il programma di riconversione e riqualificazione del polo industriale di Termini Imerese. Due settimane fa la Cassazione ha annullato il suo arresto con rinvio al tribunale del Riesame
Due settimane fa la Cassazione ha annullato il suo arresto con rinvio al tribunale del Riesame. Ora però per Roberto Ginatta, ex patron di Blutec, accusato di aver fatto sparire 16,5 milioni di finanziamenti pubblici destinati al rilancio del polo industriale sorto sulle ceneri dell’ex Fiat a Termini Imerese, arriva un nuovo sequestro preventivo. Riguarda la sua villa di lusso di Sestriere, nel cuore delle Alpi piemontesi, del valore di un milione e 100mila euro. Il provvedimento è stato emesso dal gip del tribunale di Torino ed eseguito da finanzieri del Comando provinciale di Palermo. Secondo le indagini della guardia di finanza la villa di 400 metri quadri e 16 stanze sarebbe stata intestata ad una società schermo per ostacolare l’attività della magistratura.
Insieme a Cosimo Di Cursi, ex amministratore delegato di Blutec, Ginatta è accusato di malversazione a danno dello Stato per aver distratto i finanziamenti pubblici, erogati a titolo di anticipazione da Invitalia spa (per conto del Ministero dello Sviluppo), per sostenere il programma di riconversione e riqualificazione del polo industriale di Termini Imerese, finalizzato alla realizzazione di una nuova unità produttiva presso gli stabilimenti già di proprietà di Fca.
Il provvedimento rappresenta il prosieguo dell’indagine della procura di Termini Imerese che il 12 marzo 2019 portò ai domiciliari Ginatta e Di Cursi. Dopo alcuni giorni il Riesame annullò quelle misure cautelari e riconobbe l’incompetenza territoriale della procura di Termini Imerese in favore di quella torinese. A giugno il nuovo arresto, con i domiciliari per il figlio Matteo Orlando Ginatta e Giovanna Desiderato, per le accuse di bancarotta e riciclaggio che portarono al sequestro della holding Mog. La quale, nell’ultimo bilancio, aveva iscritto partecipazioni per oltre otto milioni di euro, di proprietà di Matteo Orlando e formalmente amministrata da Desiderato, che controlla indirettamente la Alcar Industrie srl. Sequestrate anche quote societarie e disponibilità finanziarie per circa quattro milioni di euro.