Comincia a prendere forma la struttura manageriale (e politica) che si occuperà di realizzare i progetti previsti dal Recovery plan italiano dopo che arriverà il via libera alle risorse da parte dell’Ue. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, riunito a Palazzo Chigi con i capi-delegazione di maggioranza, è al lavoro per definire i contorni dell’operazione: l’ipotesi è che a coordinare i lavori ci sia il Comitato interministeriale affari europei – lo stesso che finora si è occupato di definire i contorni del piano – coadiuvato da un organo politico composto dallo stesso premier, dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Le redini dei singoli progetti, però, sarebbero in mano a un comitato esecutivo composto da sei manager (anche se sul numero definitivo ancora non c’è una quadra).
Il team, oltre ad essere pienamente responsabile degli obiettivi del Recovery sia dal punto di vista dei tempi che della spesa (per l’Italia sono in arrivo 209 miliardi di euro), sarà dotato di poteri speciali. Un modo per evitare che la burocrazia rallenti i lavori e permetta a i manager di sostituirsi ai soggetti attuatori (enti, istituzioni, imprese), laddove necessario. La loro azione sarà inoltre supportata da una task force di 300 persone, mentre il ministro Enzo Amendola si occuperà dei rapporti con Bruxelles per aggiornare la Commissione sull’andamento dei lavori.
Una soluzione, quella a cui sta pensando la maggioranza, che punta a mettere d’accordo tutti: da un lato chi accusava il premier di volersi intestare la partita ed escludere i partiti dalla gestione delle risorse, dall’altro chi teme che una governance troppo larga rischi di creare rallentamenti e ritardi sulla tabella di marcia. Fonti di governo spiegano che l’intero assetto dovrà essere definito con una norma da inserire nella legge di bilancio. Per farlo, però, sarà necessario prendere una decisione definitiva e stilare l’emendamento prima dell’approvazione della manovra in commissione alla Camera.