VENEZIA – “Forse abbiamo fatto il più grande errore della storia, noi è da dieci anni che non mettiamo tasse”. A pronunciare questa frase, in coincidenza con il dibattito sull’assestamento di bilancio della Regione del Veneto, è stato il governatore Luca Zaia, che si è sempre appuntato sul petto la medaglia di unico amministratore che ha reso la sua regione tax free. E ha aggiunto: “A me sembra un valore non aver applicato tasse, ma effettivamente la memoria umana è breve. Forse se le avessimo applicate, avremmo oggi un budget da dare e avrebbe rappresentato un’azione mutualistica. Ma noi abbiamo fatto un’altra scelta, in questi anni”. Doveva, infatti, giustificare il fatto che la Regione non è in grado di stanziare rimborsi per le categorie danneggiate dal Covid, come fanno altre realtà italiane.

E così ha tirato fuori dal cilindro della dialettica il riferimento a questa scelta strategica, che si può leggere in due modi diversi. La versione del presidente è che il Veneto non impone tasse e quindi i veneti non le pagano. In realtà le tasse le pagano, eccome, visto che versano l’addizionale Irpef dell’1,23 per cento del reddito destinata alle spese sanitarie, di cui beneficia poi la Regione. Nel 2020 la quota prevista era di 847 milioni di euro. Zaia, però, ha deciso di non aumentare quella percentuale, come la legge gli darebbe facoltà di fare, fino ad un massimo del 3,3 per cento. In realtà l’1,23 per cento viene applicato anche dalle regioni e province a statuto speciale, e da quelle ordinarie in Lombardia, Liguria, Marche, Umbria (fino a 15 mila euro di reddito annuo) e Basilicata (fino a 55 mila euro). Comunque il Veneto non ha inserito scalini e ha deciso che quella soglia vale per tutti.

La frase del governatore appare quindi come un clamoroso dietrofront. Durante la campagna elettorale si è spesso vantato: “Io non metto le mani nelle tasche dei veneti”. Ma ora che non ha potuto destinare ristori regionali alle categorie economiche in crisi, lo definisce un “errore storico”. C’è stata una volta, nel 2017, in cui aveva annunciato che avrebbe aumentato l’Irpef per far fronte alle spese della Pedemontana Veneta. Ma nel giro di alcuni giorni, per non passare da voltagabbana, ci aveva ripensato, cercando finanziamenti alternativi. E qualche mese fa, quando si trattava di decidere sui premi per medici e infermieri impegnati nella prima ondata della pandemia, aveva tirato fuori ancora il Veneto tax free, calcolando che i medici avevano già avuto il loro aumento di stipendio grazie all’Irpef all’1,23 per cento.

Un affondo è venuto da Giacomo Possamai, capogruppo regionale del Partito Democratico: “Zaia abbandona la retorica del Veneto tax free? Meglio tardi che mai, lo aspettiamo in aula per il bilancio. A meno che non stesse scherzando”. E lo ha accusato: “Se oggi altre Regioni hanno la possibilità di intervenire con ristori e noi siamo disarmati non è per colpa del destino cinico e baro, ma di chi – per consenso politico – ha sempre detto che non avrebbe introdotto tasse sui redditi alti, rivendicando un modello che, di fatto, lascia indietro gli ultimi”. Poi la sfida “Se veramente vogliamo aiutare chi è in difficoltà, il Presidente si assuma la responsabilità dell’introduzione di un’addizionale Irpef sui redditi più alti, anche nella forma di una tantum, una tassa di scopo”.

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