Nonostante gli accordi di febbraio tra Stati Uniti e talebani, la pace continua a essere un miraggio. Anzi, il livello della violenza e dell’instabilità è addirittura aumentato. All'orizzonte c'è anche il ritiro delle truppe americane. Ma Sediq Sediqqi, portavoce del presidente Ashraf Ghani (nella foto), dice: "Non conviene a noi e non conviene neanche al resto del mondo"
Il 28 novembre è stata una domenica di sangue in Afghanistan. Almeno 34 persone sono rimaste uccise in due distinti attentati suicidi. Uno, avvenuto nella provincia orientale di Ghazni, dove l’attentatore a bordo di un veicolo militare pieno di esplosivo si è fatto saltare in aria nei pressi di una base militare dell’esercito afghano. Trentuno soldati rimasti uccisi e 24 feriti. L’altro, è avvenuto a Zabul, provincia meridionale dell’Afghanistan. Tre morti e 23 feriti, tra cui alcuni bambini. Secondo fonti militari sentite da Al Jazeera, l’obiettivo dell’attacco di Zabul era il convoglio del capo del consiglio provinciale Attajan Haqbayat, sopravvissuto all’attentato.
Nonostante i buoni propositi manifestati all’indomani della firma dell’Accordo di Doha fra Stati Uniti e talebani dello scorso 29 febbraio, la pace in Afghanistan continua a essere un miraggio; anzi, il livello della violenza e dell’instabilità è addirittura aumentato. Nell’ultimo mese, un’ondata di attentati ha investito il paese. Prima l’attacco all’Università di Kabul seguito poi da quello ad un centro educativo; nel mentre l’uccisione sistematica di giornalisti ritenuti scomodi. Da parte dell’Isis le rivendicazioni dei propri attentati non tardano ad arrivare, mentre dal fronte talebano tutto tace.
Eppure, fonti dal campo sentite dal fattoquotidiano.it confermano: “Come in questi ultimi due casi, dietro alla maggior parte degli attentati, ci sono loro, i talebani”. Il tutto avviene mentre Joe Biden attende di entrare alla Casa Bianca, Donald Trump annuncia di voler ridurre le truppe americane dal fronte afghano entro il 15 gennaio – quindi prima del giuramento di Biden del 20 – e i negoziati di pace fra governo afghano e talebani a Doha procedono a rilento.
“Il motivo alla base della lentezza dei colloqui di pace è apparentemente che entrambe le parti aspettano solo di vedere quale sarà la politica del presidente eletto Joe Biden sull’Afghanistan, oltre al fatto che ancora non sono riusciti a raggiungere un accordo sulla procedura di negoziato”, ha detto al fattoquotidiano.it Miraqa Popal, giornalista di Tolonews, canale all news afghano. Il rimpatrio totale delle truppe, al di là delle dichiarazioni di Trump, dovrebbe avvenire entro maggio 2021 come concordato dalle parti a Doha. Una richiesta dei talebani sulla carta che verrà accolta soltanto se assicureranno la fine delle ostilità e la presa di distanza da Al Qaeda.
La guerra in Afghanistan è iniziata nel 2001, dopo l’attentato delle Torri Gemelle, ed è costata ai contribuenti americani circa 978 miliardi di dollari fino ad oggi, quasi 49 miliardi di dollari all’anno. Circa 157mila persone sono state uccise, tra cui oltre 43mila civili, mentre più di 2.400 soldati americani sono caduti in guerra. Trump, la cui politica nei confronti di Kabul è stata considerata più pragmatica rispetto a quella di Obama, ha incassato la vittoria della firma dell’accordo con i talebani aprendo concretamente la strada al ritiro delle truppe americane. Ora la palla passa a Biden. E il governo di Kabul in tutto questo? Il FattoQuotidiano.it ha raggiunto Sediq Sediqqi, portavoce del presidente Ashraf Ghani (nella foto).
Nonostante i negoziati di pace con i talebani gli attentati in Afghanistan sono aumentati soprattutto nell’ultimo periodo. Come vede l’imminente ritiro delle truppe americane?
I talebani non hanno mostrato alcun impegno per il processo di pace. Nonostante la promessa fatta a noi di fare cessare le ostilità se il governo afghano avesse liberato 5mila prigionieri talebani, loro non l’hanno fatto. Anche dopo la riduzione della presenza statunitense sul terreno, noi continueremo a fare affidamento sul supporto significativo delle forza americane e della Nato per combattere il terrorismo nel nostro paese.
Però si parla di ritiro totale delle truppe americane dal suolo afghano entro maggio 2021.
Non si parla un ritiro totale ora, siamo in una partnership duratura con gli Stati Uniti, speriamo che continui così. Noi crediamo che un ritiro totale incoraggerà i terroristi e causerà instabilità nella regione, speriamo che non succeda. Non conviene a noi e non conviene neanche al resto del mondo.
A quanto pare, però, i talebani sarebbero intenzionati a far saltare i negoziati di pace con il governo di Kabul, se anche un solo soldato americano rimarrà sul terreno. Come risponde?
I talebani stanno perseguendo una strategia violenta, usano la pace solo come diversivo. Finché non abbandoneranno veramente la violenza e non accetteranno un cessate il fuoco, noi non ci fideremo di loro. Posso dire che in questo momento, i negoziati sono ad un punto di stallo.
In che modo gli Stati Uniti intendono supportare le forze afghane anche dopo il loro ritiro?
Attraverso l’assistenza, l’addestramento e il supporto aereo quando richiesto. Gli Stati Uniti sono il nostro alleato militare più importante e questo sostegno fondamentale continuerà, ne sono certo.
La vittoria di Biden alle presidenziali americane influirà sui negoziati di pace fra governo afghano e talebani?
Ci siamo congratulati con il presidente eletto Biden. Per il resto, no comment.