L'Inps potrà attingere alle informazioni in possesso di diversi enti pubblici (Anagrafe tributaria, Pra, Regioni, Comuni) per fare controlli sui beneficiari del sussidio: possesso di beni immobili, intestazione di autoveicoli, ricovero in strutture pubbliche di lunga degenza, condanne o misure cautelari personali
I furbetti del reddito di cittadinanza hanno le ore contate. Il Garante della privacy ha dato il via libera all’Inps per incrociare in modo massivo le banche dati di diversi enti pubblici (Anagrafe tributaria, Pra, Regioni, Comuni), in modo tale da stanare chi incassa il sussidio pur non avendone diritto. Il parere dell’Autorità si è reso necessario perché le informazioni che l’istituto di previdenza potrà acquisire, pur essendo finalizzate all’esecuzione di un compito di interesse pubblico, presentano un rischio elevato per i diritti e le libertà degli interessati. Riguardano aspetti come la salute, la condizione sociale e la situazione economica e finanziaria, nonché condanne penali e reati, riferiti principalmente a soggetti vulnerabili, anche minori d’età.
Il Garante ha quindi stabilito, in base alla normativa nazionale ed europea, che i dati oggetto di scambio tra l’Inps e le diverse amministrazioni dovranno essere limitati a quelli strettamente necessari ad effettuare le verifiche previste dalla legge (possesso di beni immobili, intestazione di autoveicoli, ricovero in strutture pubbliche di lunga degenza, condanne o misure cautelari personali). Dovranno essere adottate, inoltre, adeguate misure di sicurezza volte ad assicurare l’integrità e la riservatezza dei dati. Come? Ad esempio utilizzando tecniche in grado di assicurare la cifratura delle informazioni e la firma digitale, ma anche imponendo dei limiti agli stessi enti coinvolti, che potranno trattare i dati dei beneficiari trasmessi dall’Inps solo per il tempo necessario ad effettuare le verifiche, rendendoli incomprensibili ai soggetti non autorizzati all’accesso e disponendo la loro immediata cancellazione una volta fornite le informazioni all’Istituto previdenziale.
Il tutto – come si legge nella nota del Garante per la protezione dei dati – ha l’obiettivo di favorire l’erogazione del reddito di cittadinanza solo a coloro che ne hanno diritto e per i quali risulti dimostrato il reale stato di necessità. Dal canto suo l’Inps assicura che i dati verranno utilizzati anche per verificare la permanenza dei requisiti di ciascun beneficiario durante tutto il periodo di fruizione del sussidio. Riguardo a quest’ultimo aspetto, l’Autorità fa sapere che si riserva di verificare la conformità al Regolamento Ue di questi controlli successivi.