Paolo Berti, all’epoca del crollo del ponte Morandi direttore Operazioni centrali di Aspi, avrebbe mentito al processo sulla strage del bus di Avellino, avvenuta il 28 luglio 2013 sulla A16, per uno scatto di carriera e per un aumento di stipendio di circa 400mila euro. Un comportamento processuale, come emerge dalle intercettazioni secondo i pm di Genova che conducono l’inchiesta sui pannelli fonoassorbenti, tenuto per coprire il suo superiore Giovanni Castellucci. Le verità nascoste agli inquirenti campani erano già emerse nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nell’ambito dell’indagine sulle barriere fonoassorbenti pericolose che lo scorso 11 novembre ha portato agli arresti domiciliari oltre a Berti anche l’ex ad di Aspi e Atlantia Castellucci e il suo numero due Michele Donferri Mitelli.

Berti è stato condannato dal tribunale di Avellino, l’11 gennaio 2019, a cinque anni e 10 mesi per la strage del bus precipitato nel 2013 dal viadotto “Acqualonga” dell’A16 Napoli-Canosa causando la morte di 40 persone. Castellucci era stato assolto. Il manager, emerge dalle intercettazioni depositate al Riesame, si aspettava una condanna di gran lunga inferiore in modo poi da chiedere la messa alla prova ed evitare il carcere. E quando invece i giudici leggono la sentenza, quello stesso giorno, si arrabbia tanto che al telefono dice: “Meritava che mi alzassi una mattina e andassi ad Avellino a dire la verità“. Dalle chiamate che Berti fa alla moglie ma anche a Donferri e altri colleghi, si capisce che il primo aumento di stipendio non basta più. Il manager vuole chiedere anche che Castellucci non prenda provvedimenti disciplinari. La procura di Avellino aveva impugnato la sentenza lo scorso anno mentre i colleghi genovesi avevano trasmesso le intercettazioni chiave.

Nell’ordinanza del gip si descriveva il dirigente come un uomo agitato e arrabbiato: “…dalla conversazione si comprende che nell’ambito di quel procedimento, non ha riferito la verità per difendere la ‘linea aziendale’ condotta che ha contribuito all’assoluzione di Castellucci e che quest’ultimo evidentemente interessato al fatto che Berti mantenga tale impostazione e non cambi linea difensiva nei successici gradi del giudizio ha incaricato Donferri di tenerlo tranquillo e di rassicurarlo del suo futuro aiuto”. E Donferri nella conversazione rivela “perché ha chiesto una mediazione con te ti vuole rasserenare che ti aiuterà per tutta la vita ti vuole dire questo messaggio”. Donferri incoraggia Berti a fare” tesoro dell’attuale momento. Rivendica quello che devi rivendica”. Del resto chi parla non è coinvolto nei fatti di Avellino, ma con Castellucci e lo stesso Berti è indagato per la strage del Ponte Morandi. “Hai capito Paole’ … questo però, che tu sia stanco non è chi, gli puoi… imputa’,, lui che ci sono quarantrè morti de là .. quaranta de qua. Stamo tutti sulla stessa barca”. Poco dopo Berti parla con la moglie e continua il suo sfogo: “Siccome le memorie difensive … diciamo .. abbiamo dovuto difendere la linea la linea la linea la linea, alla fine qualcuno ci è andato di mezzo capito? Quelli piccoli per un modo, quelli alti per un modo. E siamo rimasti in mezzo. capito? Ma questa è la vita, capito?”.

Poche ore dopo Donferri richiama e, scrive il giudice nell’ordinanza, si apprende che ha incontrato Castellucci. Il mediatore ricorda al collega che anche se avesse detto la verità e non avesse coinvolto l’allora ad la situazione non sarebbe cambiata. “Mò, indubbiamente, questo cosa qua non è che. .. tu non pensare che se se coinvolgevi pure lui a te non te li davano, è questo il tema. Questo glielo devi far pesare, come l’ho fatto pesare io oggi. Ora, io sto dicendo tu .. il tuo obiettivo è salvaguardare il rapporto con lui, è l’unica speranza che hai, da qui al futuro perché ti darà tutto nel senso di condividere la strategia, condividere le cose. almeno quello poi, state insieme per l’altro processo. State insieme per l’altro processo (Ponte Morandi, ndr)”. Il 14 gennaio Donferri torna alla carica perché Berti continua a essere arrabbiato e agitato e confessa di fatto all’interlocutore di aver mentito. “Quello quello veramente è uno che meritava una botta di matto ma una botta dì matto dove io mi alzavo la mattina, andavo ad Avellino e dicevo la verità così l’ammazzavo credimi era … era l’unica soddisfazione che avevo … omissis”. Donferri però insiste: “No ma a te non cambiava niente. Adesso invece ha la speranza di trovare un accordo con sta gente .. che tacciano ma devi trovarlo … questo devi riflettere ora voglio dire Andreotti insegna”. Ora dai nuovi atti depositati dagli inquirenti ai giudici del Riesame emerge anche un prezzo.

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