L'ultima udienza di Mario Rosario Morelli, il magistrato che quando era in Cassazione firmò la storica sentenza su Eluana Englaro. A a fare gli onori di casa è stato il vicepresidente Giancarlo Coraggio, che dovrebbe succedergli nella carica. Prima la Cassazione indicherà il suo successore al plenum: i candidati sono Adelaide Amendola, Maria Rosaria Sangiorgio, Giorgio Fidelbo e Luigi Salvato
La Corte costituzionale ha tributato il suo saluto a Mario Rosario Morelli, che dopo 3 mesi da presidente, lascia la Consulta per scadenza (il 12 dicembre) del suo mandato. Quella di oggi è stata la sua ultima udienza. Venerdì prossimo sarà invece pubblicato sul sito l’ultimo podcast registrato dal presidente uscente, dedicato ai nuovi diritti. Un tema che è stato sempre a cuore a Morelli, che quando era in Cassazione firmò la storica sentenza su Eluana Englaro e che alla Consulta è stato l’estensore della sentenza che ha rimesso al legislatore il compito di valutare la tutela da dare al figlio di due madri e alla mamma partner di un’unione civile, che quel figlio lo ha voluto ma non partorito.
E a fare gli onori di casa è stato il vicepresidente Giancarlo Coraggio, che dovrebbe succedergli nella carica di presidente. Coraggio si è rammaricato per le modalità della cerimonia imposte dall’emergenza coronavirus che, ha osservato, ” ci obbliga a rinunciare alla solennità e alla pubblicità che caratterizza questo rito, cui in Corte Costituzionale attribuiamo grande importanza”.
“Non è l’unico sacrificio che dobbiamo fare di fronte alla pandemia”, ha aggiunto, ma “resta il dispiacere di non poter tributare a Mario Morelli tutti gli onori che merita, non fosse altro per il suo curriculum e per il numero e la rilevanza delle sentenze di cui è stato redattore”. Apprezzamenti a cui si sono uniti quelli espressi dai rappresentanti dell’avvocatura, espressi da Massimo Luciani in rappresentanza del libero foro e dall’avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri.
La data per l’elezione del nuovo presidente non è stata ancora fissata. Si attende che la Cassazione – che nel 2011 aveva eletto Morelli giudice costituzionale – ora indichi il suo successore tra i propri magistrati. Le urne al Palazzaccio saranno aperte il 15 dicembre e il giorno successivo per l’eventuale ballottaggio, se nessuno raggiungerà la maggioranza assoluta. Quattro i candidati già scesi in campo. Ci sono due donne, Adelaide Amendola e Maria Rosaria Sangiorgio (in passato consigliera togata del Csm). E due uomini, Giorgio Fidelbo (che in Cassazione ha presieduto il collegio sul Mondo di mezzo, l’inchiesta con al centro Salvatore Buzzi e Massimo Carminati) e Luigi Salvato, pg nel processo disciplinare che si è concluso con la radiazione dall’ordine giudiziario di Luca Palamara. Se la spuntassero Amendola o Sangiorgio, salirebbe a quattro su complessivi 15 giudici il numero delle donne alla Consulta (l’ultima, Emanuela Navarretta, l’ha nominata Sergio Mattarella il 9 settembre scorso).
Solo all’esito della consultazione elettorale in Cassazione, quando il plenum sarà completo, presumibilmente tra una ventina di giorni, il 17 o il 18, la Consulta sarà convocata per l’elezione del presidente. La partita si gioca tra i due i vicepresidenti, entrambi nominati da Morelli, Giancarlo Coraggio e Giuliano Amato. Ma se anche questa volta si seguisse il criterio dell’anzianità -da cui nella storia della Corte si è deviato solo in 4 casi – la presidenza dovrebbe andare a Coraggio. E’ quello che ha previsto lo stesso Morelli ( “al 99,9% sarà Coraggio il prossimo presidente”) quando tre mesi fa venne scelto a maggioranza dai colleghi al vertice della Consulta proprio all’esito di un confronto con quello che ora potrebbe diventare il suo successore.
Stavolta peraltro non si porrebbe il problema della presidenza breve. Coraggio, che è stato eletto alla Consulta a novembre del 2012 dal Consiglio di Stato e ha giurato il 28 gennaio del 2013, ha davanti a sé 13 mesi prima della scadenza del suo mandato. Non è tantissimo ma nemmeno poco, considerato che ci sono stati molti presidenti in carica per poco più di 3 mesi e che Cartabia l’ha guidata solo per dieci mesi. E’ comunque più lungo il periodo che potrebbe assicurare Amato: nominato a settembre del 2013 dall’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano, resterà alla Consulta ancora per quasi 2 anni, per l’esattezza un anno e nove mesi.