“Il virus che dilaga nel mondo, non è il virus di Wuhan, è il virus del nord Italia“. È la teoria del virologo Alexander Kekulé, formulata in un libro di recente pubblicazione, The Corona Compass, e illustrata qualche giorno fa nell’ultima edizione del talk show della ZdfMarkus Lanz‘. “Il 99,5% di tutti i casi nel mondo – ha detto il virologo – può essere ricondotto geneticamente al virus del nord Italia. Anche i casi attuali in Cina sono reimportazioni dall’Europa e dal resto del mondo”. Una affermazione definita come “sbalorditiva” dagli stessi media tedeschi, mentre lo stesso conduttore durante la trasmissione ha fatto notare che le dichiarazioni di Kekulé ricalcano la propaganda cinese. Il virologo ha preso le distanze dalla tesi secondo cui il virus sia partito dall’Europa, ma ha aggiunto: “Ovviamente c’è una differenza tra trovarsi di fronte a qualcosa di simile – il coronavirus – per la prima volta a Wuhan“, “non avere idea di cosa sia e dover reagire”. Quindi, secondo Kekulé, in Cina non c’erano le premesse per contenere il virus, mentre l’Italia o l’Europa all’inizio potrebbero non aver “preso sul serio” gli avvertimenti.

Kekulé, direttore dell’Istituto di microbiologia medica dell’Universitätsklinikum Halle, sostiene che il virus che circola ora nel mondo “è in realtà una variante apparsa solo nel nord Italia. Questa è quella che chiamiamo la variante G ”. Secondo il medico tedesco, questa variante è più contagiosa di quella originaria di Wuhan e “il virus che ora viene rilevato in tutto il mondo è quello che si è diffuso nel nord Italia ”, ha ribadito Kekulé.

La Cina sostiene la tesi che i nuovi casi accertati nel Paese siano importazioni dall’Europa. Kekulé ha affermato che la ricerca scientifica ha supportato questa teoria, mentre ha smentito l’ipotesi che il virus si sia diffuso in tutto il mondo partendo solo dall’Europa. Tuttavia il virologo sostiene che le autorità italiane ed europee avrebbero potuto sfruttare meglio il loro vantaggio conoscitivo e rispondere più rapidamente al virus. Invece diversi studi hanno confermato che il virus circolasse in Europa già da novembre e che quindi Pechino ha ritardato la comunicazione di quanto stava accadendo a Wuhan. La comunicazione delle autorità sanitarie cinesi all’Organizzazione mondiale della sanità porta la data del 31 dicembre con la segnalazione del primo caso di polmonite l’8 dicembre. Un’inchiesta dell’Associated press ha scoperto non solo che Pechino ritardò le informazioni, ma che gli elogi pubblici fatti a gennaio dall’Oms alla Repubblica Popolare per la sua trasparenza sarebbero stati in realtà un’operazione diplomatica per assicurarsi più informazioni sull’epidemia, per spronarla a una maggiore collaborazione.

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