Il divorzio ha 50 anni. Mezzo secolo di vita dopo un’epoca intera di battaglie. Cinquant’anni da quel primo dicembre 1970 quando il Parlamento diede il via libera alla Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, la legge 898, mettendo così fine ad un tabù della società italiana dove sposarsi era una scelta a vita. La legge sul divorzio altro non è che il primo passo verso una stagione prolifica di norme che ha scardinato obsoleti privilegi patriarcali e ha permesso l’accesso a nuovi diritti civili.
“La legge sul divorzio – commenta all’Ansa la statistica Linda Laura Sabbadini, chair di W20, Women20 gruppo di supporto al W20 che si terrà il prossimo anno, e componente del Comitato Colao – ha aperto una grande stagione di conquista di diritti civili e non solo. Nel 1975 il nuovo diritto di famiglia, cade la patria potestà. Passa la parità dei coniugi nella coppia e soprattutto cade la discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio. Certo rimane ancora il delitto d’onore ma anche questo crolla nel 1981.E ancora la legge sui consultori. Il 1978 la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza; sempre nello stesso anno l’istituzione del Servizio Sanitario nazionale basato sul circuito prevenzione, cura, riabilitazione, balzo in avanti per il diritto alla salute. E ancora la Legge Basaglia.
Gli anni ’70 sono stati una stagione effervescente nell’avanzamento dei diritti. Una rivoluzione che non poteva più attendere si è sviluppata anno dopo anno. Una modernizzazione culturale del Paese che ha permesso l’avanzamento della democrazia perché quando crescono i diritti, avanzano tutti, donne, figli, gli stessi uomini. Avanza la libertà di scegliere la propria vita, il proprio destino salvaguardando il coniuge più vulnerabile e i figli”.
La 898, giunta ad approvazione dopo lunga gestazione e nonostante la dura opposizione dei movimenti cattolici e del partito di maggioranza di allora, la Democrazia Cristiana, è sopravvissuta raccogliendo un largo consenso (circa il 60%) al tentativo abrogativo del 1974; il primo referendum abrogativo dell’Italia repubblicana che divise il paese in due, in fazioni di favorevoli e contrari. Con la conferma della legge Fortuna-Baslini, dal nome dei primi firmatari, si afferma un significativo cambio di rotta nella società: gli italiani distinguono chiaramente, per la prima volta, la sfera religiosa dalle leggi dello Stato. Quanto è diverso il paese odierno da quello di allora? “Oggi – prosegue Sabbadini, esperta di studi di genere – è necessario aprire una nuova stagione dei diritti per garantire che le norme siano rispettate. Tanto è stato accelerato quel processo negli anni ’70 quanto è lentissimo oggi il raggiungimento dell’uguaglianza di genere. Molti dei principi della nostra costituzione, in particolare l’art.3, che riguarda la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza fra i cittadini non sono applicati”. Ecco che, a suo avviso, “va rotto il muro di resistenza che impedisce di investire sulle infrastrutture sociali per liberare le donne da un sovraccarico di lavoro di cura insostenibile che impedisce che si realizzino su tutti i piani”. “Ma oggi come ieri – conclude Sabbadini – sono le donne a dover scendere in campo. Altrimenti non ce la faremo. E quindi, avanti con un piano straordinario per l’occupazione femminile e delle infrastrutture sociali. Avanti con le donne al comando. Avanti con i fondi per l’imprenditoria femminile. Dobbiamo anche oggi modernizzare il Paese. Se le donne non andranno avanti il nostro Paese sprofonderà”.