Un farmaco long acting, vaccini terapeutici in sperimentazione clinica e nuove molecole allo studio che inibiscono l’ingresso del virus. Quello dell’Hiv: il più temuto dagli scienziati prima che meno di un anno fa arrivasse Sars Cov 2. In tempi di Covid-19, tutto il resto sembra passato in secondo piano, come la prevenzione e gli screening, ma la ricerca non si è fermata e prosegue la decennale lotta a una delle più pericolose piaghe mondiali.

Ecco perché quest’anno la Giornata mondiale contro l’Aids assume ancora più importanza: da un lato si vogliono “risvegliare” le coscienze sull’importanza della prevenzione e dello screening e dall’altro si vuole ricordare che la scienza non ha rinunciato alla ricerca di una cura. “Dopo anni di successi – osservano gli esperti – in questi ultimi mesi siamo stati travolti dalla pandemia di Covid-19 che ha rallentato screening e trattamenti”, avverte la Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). “Abbiamo la necessità, a pandemia in corso e con i reparti di malattie infettive invasi da paziente con Covid-19, di garantire lo stretto necessario per il ricovero delle patologie acute Hiv/Aids correlate – dice l’infettivologo dell’ospedale Sacco e dell’università degli Studi di Milano, Massimo Galli – considerando questa malattia né più né meno delle altre a cui per questo è stato provveduto nel contesto specialistico corretto”.

PASSI AVANTI E NUOVI SCENARI – “La ricerca è andata avanti e lascia intravedere nuovi scenari per il 2021”, sottolinea la Simet. In cantiere ci sono numerose novità. “Gli studi HPTN83 e HTPN84 sono tra i più rilevanti dell’ultimo periodo”, riferisce Antonella Castagna, primario di Malattie infettive all’Irccs ospedale San Raffaele di Milano. “L’introduzione di un farmaco long acting somministrato per via intramuscolare ogni 8 settimane – continua – ha portato a una significativa riduzione delle nuove infezioni di Hiv, sia nelle donne che nei maschi che fanno sesso con maschi: questa è una delle acquisizioni più importati di questi ultimi mesi”. Sono stati fatti tanti altri passi in avanti e l’Italia gioca un ruolo di primo piano.

“Il nostro paese è coinvolto nella sperimentazione di nuove molecole con meccanismi d’azione innovativi tra cui l’inibizione dell’ingresso nella cellula, l’inibizione della maturazione virale e quella del capside virale”, dice Castagna. “Vi è innovazione anche nelle strategie terapeutiche: a fianco della triplice terapia nella sua attuale formula standard, adesso abbiamo la possibilità di proporre ai pazienti una terapia con due farmaci: una grande conquista nella gestione a lungo termine del paziente. In questo scenario – continua – si colloca il parere preliminare positivo di Ema (Agenzia europea del farmaco, ndr) sull’autorizzazione in commercio dell’associazione rilpivirina+cabotegravir, sei iniezioni intramuscolari l’anno nella terapia di semplificazione, una rivoluzione e una sfida che gestiremo nel 2021”. Anche sul fronte vaccini la ricerca continua, ma siamo ancora molto lontani dalla sua realizzazione. “Si sta lavorando, ma quello che di concreto abbiamo sono vaccini terapeutici in sperimentazione clinica che non prevengono il contagio, ma sembrano in grado di ‘potenziare’ il sistema immunitario delle persone sieropositive, aumentando la loro capacità di contrastare il virus”, spiega Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igm).

Ma ogni progresso è subordinato all’attuale emergenza. “Se riusciremo a controllare la pandemia di Covid-19 – dice Castagna – potremo offrire ai pazienti un percorso terapeutico nuovo, di semplificazione nei pazienti in soppressione virologica, di ottimizzazione nei pazienti con opzioni terapeutiche limitate, ponendo più attenzione a quelli che sono gli outcomes rilevanti per la qualità di vita del paziente. Nonostante le difficoltà nella gestione dei pazienti cronici, per la ricerca è un momento di grande fervore”. Pandemia permettendo, anche sul fronte dell’assistenza e dello screening il prossimo anno potrebbe riservare grandi novità. “Il protrarsi della pandemia – osserva Galli – pone la necessità di nuovi strumenti, anche, ma non soltanto, di medicina a distanza, che possano consentire di affrontare le due facce sociali della cronicità: da un lato infatti la terapia ha offerto l’opportunità di poter invecchiare; dall’altro vi è la conseguente necessità di potenziare le reti e i servizi per l’assistenza multidisciplinare delle malattie associata a un invecchiamento talvolta più precoce”.

RAFFORZARE IL SISTEMA DI LOTTA – Una cosa è però certa: “Occorre rafforzare il sistema di lotta all’Aids”, dice il presidente della Simit Marcello Tavio. “Bisogna creare e rafforzare una rete, intesa nel senso di squadra, che possa mettere in contatto istituzioni, amministrazioni locali, medici di famiglia, specialisti infettivologi, community dei pazienti. In particolare – continua – bisogna portare gli infettivologi sul territorio a fianco del medico di medicina generale, in quanto certe patologie infettive come l’Aids non possono essere delegate nella loro gestione territoriale senza interessare ulteriormente l’ospedale e puntando su un modello meno caratterizzato dall’ospedale”. In Italia si tratta di una questione urgente, tanto più in questi tempi di pandemia.

Foto di archivio

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