Cosa è stato fatto in Regione, tenendo conto della linea nazionale. Dall'obbligo di mascherina all'aperto alle regole stringenti per la somministrazione di alimenti e bevande fino al numero di clienti massimo consentito per metro quadro
VENEZIA – Assembramento. E’ questa la parola che anima gli incubi degli amministratori impegnati a cercare di arginare la diffusione della pandemia. Lo ha detto durante la conferenza stampa nella sede della protezione civile di Mestre Luca Zaia, governatore del Veneto, una Regione che sta vivendo un paradosso. E’ rimasta tra le poche in “zona gialla”, quindi con possibilità di spostamenti tra Comuni e province, con i negozi quasi sempre aperti e con una vita quasi normale. Ma adesso, mentre le altre realtà italiane più inguaiate stanno dando segnali di miglioramento – con declassamento e ritorno da zone rosse ad arancione come Lombardia e Piemonte – il Veneto ha un Rt che si è assestato a 1.20. “Qualche tempo fa era un dato positivo – ha detto Zaia – se rapportato alle altre Regioni, adesso è tra i valori più alti in Italia”. E questo spiega la preoccupazione che si respira in Veneto, dove la zona, in realtà, era stata battezzata “gialla plus” da Zaia, che si era scagliato contro gli assembramenti nei centri storici e nelle spiagge, durante il rito dello spritz e nei negozi. Adesso il Veneto attende il 3 dicembre come data clou in cui si fisseranno, in sede nazionale, i criteri per ridurre gli spostamenti per le festività natalizie.
E lo fa in un clima di apprensione. “Abbiamo raggiunto una fase alta della curva che consideriamo apicale, è una fase nella quale non si cresce e non si cala con i ricoveri, siamo in una fase di stabilità. – ha aggiunto Zaia – Quanto durerà questo stato di ‘pianoro’? Non è possibile stabilirlo. Adesso dobbiamo fare attenzione agli assembramenti. Se si guardano i dati, negli ospedali ci sono quasi 3000 persone ricoverate, la punta più alta di marzo era 2.400, ma va considerato il rapporto positivi-tamponi. Oggi abbiamo meno incidenza dei positivi sui tamponi fatti. E anche abbiamo anche una mortalità minore, +1% rispetto a novembre 2019, mentre a marzo era +32% rispetto a marzo 2019. Ma abbiamo negli ospedali 600 persone ricoverate in più rispetto a marzo”. Perché? “Oggi il virus circola molto di più, siamo tutti liberi mentre a marzo eravamo in lockdown”.
Ecco il problema, circolazione significa assembramento. E questo determina il tasso di infezioni. Ma cosa si è fatto in Veneto, tenendo conto della linea nazionale, con il coprifuoco alle 22 e gli esercizi pubblici chiusi alle 18? Centri storici, trasporti, negozi ed esercizi pubblici sono le principali preoccupazioni. Il 12 novembre la Regione Veneto ha disposto l’obbligo di usare la mascherina al di fuori dell’abitazione. Ha ammesso l’attività sportiva, motoria e le passeggiate all’aperto purché con distanza di sicurezza interpersonale di 2 metri per l’attività sportiva e di un metro per ogni altra attività punto. L’accesso agli esercizi di vendita di generi alimentari è stato consentito a una persona per nucleo familiare punto. Divieto di mercato senza un apposito piano comunale con perimetrazione, un solo varco arco di accesso o di uscita, sorveglianza pubblica e privata per verificare il rispetto dei divieti di assembramento. Nei negozi, raccomandazione di far accedere le persone con più di 65 anni nelle prime due ore di apertura dell’esercizio, in modo da evitare contatti con il resto della popolazione. Nei bar, dalle 15 fino alla chiusura dell’esercizio (le 18) la somministrazione di alimenti e bevande è stata autorizzata “esclusivamente con consumazione da seduti all’interno e all’esterno dei locali”. Vietata la consumazione di alimenti e bevande all’aperto, su area pubblica o aperta al pubblico, salvo che nel posti seduti degli esercizi.
Una stretta anche (nei giorni prefestivi) con chiusura delle “grandi e medie strutture di vendita, sia con esercizio unico, sia con più esercizi comunque collegati, ivi compresi i complessi commerciali”; la deroga riguarda vendita di generi alimentari, farmacie, parafarmacie, tabaccherie ed edicole”. Nei giorni festivi, invece, vietato ogni tipo di vendita anche in esercizi di vicinato. Norme di controllo per il servizio di trasporto pubblico locale. Il 24 novembre, visto che la situazione non migliorava, la Regione ha dato norme più stringenti per la somministrazione di alimenti e bevande, evitando la forma del buffet. E ha indicato dei limiti per l’accesso ai negozi: un cliente in negozi fino a 40 metri quadrati di superficie di vendita, un cliente ogni 20 metri quadrati in negozi fino a 250 metri quadrati, un cliente ogni 30 metri quadrati al di sopra dei 250 metri quadrati di superficie. Nelle code all’esterno, oltre al distanziamento tra le persone, istituito anche l’obbligo per il responsabile dell’esercizio di far rispettare la norma, a pena di sospensione dall’attività, con sistemi di contapersone. Chiusura anche nei giorni prefestivi dei negozi di grandi e medie dimensioni, oltre al divieto domenicale.
Il giorno dopo (25 novembre) sull’onda delle proteste, Zaia ha cambiato i parametri dei negozi, con un cliente per ogni negozio di superficie fino a 40 metri quadrati, ma un cliente ogni 20 metri quadrati per tutti gli altri esercizi. Commento di Zaia: “Abbiamo fatto qualcosa di unico con le ordinanze che hanno chiuso i negozi la domenica e regolamentato gli ingressi, che hanno ridotto gli assembramenti e i passeggi nei centri storici e nelle località turistiche”. Ma non è bastato per invertire totalmente la tendenza.