Questa pandemia lo ha ribadito in modo piuttosto chiaro: giocare davanti ai propri tifosi è essenziale per tutti i club. E non solo perché la ripetuta visione di spalti nudi e scheletrici ha prodotto il “football light”, un progressivo disimpegno da parte dei fan che iniziano a venir meno ai propri “obblighi” domenicali. Il vero problema, infatti, è molto meno romantico. Zero spettatori vuol dire anche zero incassi al botteghino. E, di conseguenza, più grattacapi per tutti quei club che devono accontentarsi della fetta più piccola della torta dei diritti televisivi. Eppure quando la scorsa settimana Boris Johnson ha annunciato la riapertura degli stadi d’Inghilterra, la maggior parte dei club di Sua Maestà non ha fatto i salti di gioia. Anzi, più di qualche società ha commentato con un certo scetticismo il piano del governo per la riapertura degli impianti.
L’idea è piuttosto semplice: i club che rientrano nelle aree della “Tier 1”, ossia le zone dove la circolazione del virus è più limitata, potranno far entrare nei propri stadi fino a un massimo di 4mila persone. Quelle della “Tier 2”, dove il contagio procede a passo più svelto, la metà. Gli stadi della “Tier 3” invece rimarranno chiusi. Tradotto in pratica, 51 dei 104 club di Premier League, EFL e della Women’s Super League potrebbero accogliere nuovamente i propri tifosi. Non senza differenze significative: le società di Londra e Liverpool potrebbero tornare a giocare a porte aperte. Manchester City e United, Newcastle, Leeds, West Bromwich Albion, Sheffield United, Leicester e Burnley, no. L’Arsenal è stato il primo ad approfittare della nuova misura. Così la partita di giovedì contro il Rapid Vienna sarà la prima gara di una inglese davanti ai propri spettatori dal marzo scorso. E i gunners hanno già affermato che i biglietti saranno venduti fra i membri “gold” e “platinum” secondo il principio “first come, first served”, il caro vecchio chi prima arriva meglio alloggia.
L’idea, però, non è andata giù a Marcelo Bielsa. “Qui non si tratta del fatto di rientrare in una di queste categorie e delle sue conseguenze – ha detto il tecnico del Leeds – si tratta di mantenere il più possibile equa una competizione. La presenza dei tifosi incide sui risultati“. E ancora: “Così chi viene dalle aree dove c’è un rischio maggiore di infezione sarà penalizzato“. Il problema, però, è molto più complesso. Ed è essenzialmente economico. Aprire gli impianti per una percentuale così esigua di pubblico vuol dire andare incontro a perdita certa. Un’eventualità che i club, alle prese con bilanci colorati di rosso dalla pandemia, vogliono evitare a tutti i costi. Una posizione che era già stata espressa a settembre, quando il governo aveva lanciato la proposta di riaprire gli stadi a un migliaio di tifosi. Allora la risposta dei club era stata chiara: con meno di 10mila biglietti venduti al botteghino, riabbracciare i tifosi diventa addirittura antieconomico.
C’è un dato che spiega piuttosto bene questo cortocircuito. Per un club di League Two, ossia la quarta serie inglese, i costi per gli steward e la sicurezza per un match a porte chiuse si aggirano sulle 1300 sterline. Che diventano 15mila in caso di riapertura dei cancelli. Una cifra che difficilmente potrà essere ripagata con un’affluenza così limitata. Basta fare le dovute proporzioni per capire quanto sia complessa la questione per i club di Premier League. Il Brighton & Hove Albion, sedicesimo in classifica, ha stimato in circa un milione di sterline la perdita netta per ogni partita casalinga giocata a porte chiuse. Ma subito dopo ha chiarito di non avere molta fretta di riabbracciare i propri tifosi. O meglio, si è detto pronto a riaprire i cancelli solo quando sarà possibile servire di nuovo da bere e da mangiare ai propri fan.
Sì, perché fra le misure allo studio del governo ce ne sono alcune destinate a far discutere. Ai tifosi, che non potranno comunque togliersi la mascherina, potrebbe essere proibito di cantare, di urlare e di acquistare e bere alcolici. Un divieto che rischia di pesare, e anche parecchio, sull’economia dei piccoli club. “Per guadagnare durante i giorni delle partite contiamo sui tifosi e sul loro acquisto di cibo e birre – ha detto al Guardian Ryan Sparks, direttore del Bradford City, club di League Two – senza dubbio tutte le spese cresceranno e noi non guadagneremmo un soldo durante le partite casalinghe. Per alcuni club queste misure sono molto dannose“.
A spaventare le società sono i costi dei protocolli sanitari che dovrebbero essere applicati per garantire la sicurezza. Secondo alcuni, infatti, si verrebbe a creare una situazione paradossale in cui le spese necessarie a ospitare fra i due e i quattromila spettatori sarebbero addirittura superiori a quelle dell’era pre-covid. Ogni società dovrebbe impiegare steward per garantire il distanziamento sociale, per regolamentare l’ingresso alle strutture, per vigilare sul rispetto del codice messo a punto dal governo. In più potrebbe essere chiamato a eseguire test rapidi in massa all’ingresso degli impianti. Una misura più performante rispetto al termoscanner, che (al netto di qualche imprecisione) eviterebbe l’ingresso anche agli asintomatici. Ma a frenare il ritorno dei fan allo stadio potrebbe essere anche la mancanza di steward. Secondo quanto spiegato dallo Sports Ground Safety Authority, che sta buttando giù le regole per la riapertura degli impianti, la situazione sarebbe piuttosto delicata. Molti steward hanno perso il proprio lavoro durante la pandemia, mentre molti altri lavoratori sotto contratto potrebbero non avere più la possibilità di lavorare negli eventi sportivi. Le agenzie di steward, infatti, hanno delle licenze che devono essere ciclicamente rinnovate. E visto che molte sono scadute, questo segmento di nuovi disoccupati è stato riassorbito nel mercato del lavoro con dei contratti a tempo e potrebbe essere restio a tornare. Una situazione complessa che non riesce a dare risposta a un interrogativo: a chi conviene davvero far tornare i tifosi allo stadio? Forse, per il momento, a nessuno.
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Stadi, il governo inglese annuncia la riapertura fino a 4mila tifosi. Ma molti club sono contrari: “Le spese aumentano e non guadagneremmo”
La scorsa settimana Boris Johnson ha spiegato che le società che rientrano nelle “Tier 1” e "Tier 2", ossia le zone dove la circolazione del virus è più limitata, potranno far entrare gli spettatori. Ma aprire gli impianti a una percentuale così esigua di pubblico vuol dire andare incontro a perdita certa. E le nuove regole impongono anche il divieto di vendita di alcolici. In più, mancano gli steward per aumentare controlli e sicurezza
Questa pandemia lo ha ribadito in modo piuttosto chiaro: giocare davanti ai propri tifosi è essenziale per tutti i club. E non solo perché la ripetuta visione di spalti nudi e scheletrici ha prodotto il “football light”, un progressivo disimpegno da parte dei fan che iniziano a venir meno ai propri “obblighi” domenicali. Il vero problema, infatti, è molto meno romantico. Zero spettatori vuol dire anche zero incassi al botteghino. E, di conseguenza, più grattacapi per tutti quei club che devono accontentarsi della fetta più piccola della torta dei diritti televisivi. Eppure quando la scorsa settimana Boris Johnson ha annunciato la riapertura degli stadi d’Inghilterra, la maggior parte dei club di Sua Maestà non ha fatto i salti di gioia. Anzi, più di qualche società ha commentato con un certo scetticismo il piano del governo per la riapertura degli impianti.
L’idea è piuttosto semplice: i club che rientrano nelle aree della “Tier 1”, ossia le zone dove la circolazione del virus è più limitata, potranno far entrare nei propri stadi fino a un massimo di 4mila persone. Quelle della “Tier 2”, dove il contagio procede a passo più svelto, la metà. Gli stadi della “Tier 3” invece rimarranno chiusi. Tradotto in pratica, 51 dei 104 club di Premier League, EFL e della Women’s Super League potrebbero accogliere nuovamente i propri tifosi. Non senza differenze significative: le società di Londra e Liverpool potrebbero tornare a giocare a porte aperte. Manchester City e United, Newcastle, Leeds, West Bromwich Albion, Sheffield United, Leicester e Burnley, no. L’Arsenal è stato il primo ad approfittare della nuova misura. Così la partita di giovedì contro il Rapid Vienna sarà la prima gara di una inglese davanti ai propri spettatori dal marzo scorso. E i gunners hanno già affermato che i biglietti saranno venduti fra i membri “gold” e “platinum” secondo il principio “first come, first served”, il caro vecchio chi prima arriva meglio alloggia.
L’idea, però, non è andata giù a Marcelo Bielsa. “Qui non si tratta del fatto di rientrare in una di queste categorie e delle sue conseguenze – ha detto il tecnico del Leeds – si tratta di mantenere il più possibile equa una competizione. La presenza dei tifosi incide sui risultati“. E ancora: “Così chi viene dalle aree dove c’è un rischio maggiore di infezione sarà penalizzato“. Il problema, però, è molto più complesso. Ed è essenzialmente economico. Aprire gli impianti per una percentuale così esigua di pubblico vuol dire andare incontro a perdita certa. Un’eventualità che i club, alle prese con bilanci colorati di rosso dalla pandemia, vogliono evitare a tutti i costi. Una posizione che era già stata espressa a settembre, quando il governo aveva lanciato la proposta di riaprire gli stadi a un migliaio di tifosi. Allora la risposta dei club era stata chiara: con meno di 10mila biglietti venduti al botteghino, riabbracciare i tifosi diventa addirittura antieconomico.
C’è un dato che spiega piuttosto bene questo cortocircuito. Per un club di League Two, ossia la quarta serie inglese, i costi per gli steward e la sicurezza per un match a porte chiuse si aggirano sulle 1300 sterline. Che diventano 15mila in caso di riapertura dei cancelli. Una cifra che difficilmente potrà essere ripagata con un’affluenza così limitata. Basta fare le dovute proporzioni per capire quanto sia complessa la questione per i club di Premier League. Il Brighton & Hove Albion, sedicesimo in classifica, ha stimato in circa un milione di sterline la perdita netta per ogni partita casalinga giocata a porte chiuse. Ma subito dopo ha chiarito di non avere molta fretta di riabbracciare i propri tifosi. O meglio, si è detto pronto a riaprire i cancelli solo quando sarà possibile servire di nuovo da bere e da mangiare ai propri fan.
Sì, perché fra le misure allo studio del governo ce ne sono alcune destinate a far discutere. Ai tifosi, che non potranno comunque togliersi la mascherina, potrebbe essere proibito di cantare, di urlare e di acquistare e bere alcolici. Un divieto che rischia di pesare, e anche parecchio, sull’economia dei piccoli club. “Per guadagnare durante i giorni delle partite contiamo sui tifosi e sul loro acquisto di cibo e birre – ha detto al Guardian Ryan Sparks, direttore del Bradford City, club di League Two – senza dubbio tutte le spese cresceranno e noi non guadagneremmo un soldo durante le partite casalinghe. Per alcuni club queste misure sono molto dannose“.
A spaventare le società sono i costi dei protocolli sanitari che dovrebbero essere applicati per garantire la sicurezza. Secondo alcuni, infatti, si verrebbe a creare una situazione paradossale in cui le spese necessarie a ospitare fra i due e i quattromila spettatori sarebbero addirittura superiori a quelle dell’era pre-covid. Ogni società dovrebbe impiegare steward per garantire il distanziamento sociale, per regolamentare l’ingresso alle strutture, per vigilare sul rispetto del codice messo a punto dal governo. In più potrebbe essere chiamato a eseguire test rapidi in massa all’ingresso degli impianti. Una misura più performante rispetto al termoscanner, che (al netto di qualche imprecisione) eviterebbe l’ingresso anche agli asintomatici. Ma a frenare il ritorno dei fan allo stadio potrebbe essere anche la mancanza di steward. Secondo quanto spiegato dallo Sports Ground Safety Authority, che sta buttando giù le regole per la riapertura degli impianti, la situazione sarebbe piuttosto delicata. Molti steward hanno perso il proprio lavoro durante la pandemia, mentre molti altri lavoratori sotto contratto potrebbero non avere più la possibilità di lavorare negli eventi sportivi. Le agenzie di steward, infatti, hanno delle licenze che devono essere ciclicamente rinnovate. E visto che molte sono scadute, questo segmento di nuovi disoccupati è stato riassorbito nel mercato del lavoro con dei contratti a tempo e potrebbe essere restio a tornare. Una situazione complessa che non riesce a dare risposta a un interrogativo: a chi conviene davvero far tornare i tifosi allo stadio? Forse, per il momento, a nessuno.
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Roma, 19 mar. (Adnkronos) - L’ambiente domestico italiano si sta trasformando, con una crescente adozione di tecnologie smart per la pulizia che promettono di semplificare la vita e liberare tempo prezioso. A fare luce su questa tendenza è una ricerca commissionata da Roborock, leader mondiale nella robotica domestica ultra-intelligente, e condotta da Bva Doxa, azienda leader nelle ricerche di mercato in Italia e parte del gruppo Bva. Lo studio svela un mercato in fermento, con un elevato livello di conoscenza dei robot aspirapolvere e un apprezzamento diffuso per i benefici che offrono. L'indagine ha permesso di delineare diversi profili attitudinali tra gli italiani, evidenziando come l'approccio alle pulizie automatizzate sia tutt'altro che uniforme: a dominare il panorama è il "Pragmatico Digitale" (62%), che valuta attentamente l'efficacia delle nuove tecnologie prima di adottarle. Seguono i "Tech-Entusiasti" (25%), maggiormente propensi a introdurre l'innovazione nelle loro case, con una maggiore concentrazione tra gli uomini (circa il 30%) e nella fascia d'età 25-44 anni. Gli "Scettici Tradizionalisti" rappresentano invece il 13% del campione, con una rappresentanza significativa di intervistati over 45.
La ricerca Doxa dipinge un quadro chiaro: i robot aspirapolvere non sono più un oggetto ostico e di difficile gestione, ma una presenza sempre più familiare nelle case degli italiani, in particolare in quelle in cui vivono animali domestici. Il 90% degli intervistati dichiara di conoscere questi dispositivi, segno di una crescente consapevolezza dei vantaggi che possono offrire. Non si tratta solo di conoscenza teorica, ma anche di apprezzamento concreto: il 70% degli italiani ritiene che i robot aspirapolvere semplifichino la vita, liberando tempo da dedicare ad attività più piacevoli delle faccende domestiche. Un ulteriore dato interessante riguarda la percezione di competenza: il 61% degli italiani si sente competente nell'uso dei robot aspirapolvere, segno di una buona familiarità con la tecnologia e di una crescente fiducia nelle proprie capacità di gestirla al meglio.
Per i pet owner, poi, i robot aspirapolvere rappresentano un vero e proprio alleato nella lotta contro peli, sporco e allergeni, contribuendo a mantenere un ambiente domestico più pulito e salubre. Non a caso, il 68% dei possessori di animali domestici li considera strumenti almeno molto utili, con un picco del 32% che li definisce "estremamente utili". Questo beneficio è particolarmente sentito nelle regioni del Sud, dove le attività all'aperto possono portare più sporco in casa.
Nel contesto generale emerge chiaramente quanto gli italiani abbiano a cura la pulizia della casa, dedicandole oltre sei ore a settimana nel 25% dei casi. Nel dettaglio, il 59% degli intervistati – principalmente donne – dichiara di essere l’unico in famiglia a prendersi carico da solo di questo compito. Spicca quindi come molto positivo il supporto di aspirapolvere robot: coloro che già li utilizzano, apprezzano soprattutto il tempo risparmiato, che può essere dedicato ad attività piacevoli e gratificanti. Nello specifico, il 37% degli intervistati dichiara di utilizzare questo tempo per prendersi cura di sé, con una maggiore propensione da parte delle donne (43%) che dichiarano di trovare finalmente spazio per il ‘me-time’ e il benessere personale. Un altro 32% lo dedica invece a trascorrere più tempo con la famiglia.
La ricerca ha inoltre evidenziato come l'adozione di un robot per la pulizia dei pavimenti porti, per quasi due intervistati su tre tra i possessori di un robot, a una significativa riduzione del carico di lavoro, con il 27% che ha visto un miglioramento per tutti i componenti della famiglia. Tale percezione è particolarmente sentita dai "Tech-Entusiasti" (74%), dagli uomini (66%) e dagli abitanti del Sud Italia (67%). Inoltre, il 27% si aspetta una gestione più equa dei compiti domestici tra i membri del nucleo familiare, contribuendo a un ambiente più armonioso tra le mura di casa.
Gli italiani guardano al futuro con fiducia, immaginando un mondo in cui i robot aspirapolvere saranno sempre più integrati nella vita quotidiana. Il 73% degli intervistati è convinto che questi dispositivi diventeranno la norma entro i prossimi dieci anni, segno di una crescente fiducia nelle potenzialità dell'automazione domestica. Le aspettative per il futuro si concentrano su una maggiore capacità di pulizia e sanificazione degli ambienti domestici (26%), sulla capacità dei robot di adattarsi alle esigenze specifiche di ogni casa (25%) e sulla possibilità di automatizzare sempre più la pulizia e la manutenzione (25%).
Nonostante l'interesse e l'apprezzamento, la ricerca Doxa per Roborock evidenzia alcune barriere che frenano un'adozione ancora più ampia dei robot aspirapolvere. Il costo iniziale elevato rappresenta la principale preoccupazione per il 43% degli italiani, che cercano soluzioni accessibili e con un buon rapporto qualità-prezzo. Da evidenziare, però, come chi abbia già un robot sia propenso ad una spesa più elevata rispetto alla media, riconoscendo il valore aggiunto dello strumento: tra chi è disposto a spendere oltre 200 euro, infatti, il 76% è già possessore di questo device. Altre perplessità riguardano l'affidabilità (25%) e l'autonomia delle batterie (24%), che devono garantire una pulizia completa e senza interruzioni.
Anche gli ingombri domestici rappresentano un ostacolo significativo: il 79% degli intervistati ritiene che i robot abbiano difficoltà a navigare in ambienti con molti ostacoli, come mobili, tappeti e, soprattutto, giocattoli e accessori per animali domestici. Questo aspetto è particolarmente rilevante per chi vive in contesti più piccoli, dove lo spazio è limitato e gli ostacoli sono più frequenti.
Infine, la fiducia nell'automazione completa è ancora in fase di sviluppo: solo il 21% si dichiara totalmente disponibile a delegare la gestione manuale, mentre il 56% preferisce un approccio graduale, che consenta di mantenere un certo controllo sulle attività di pulizia, soprattutto in presenza di animali domestici che richiedono un'attenzione particolare.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Oggi lei ha deciso di oltraggiare la memoria europea ma noi non accetteremo tentativi di riscrivere la storia. Il Manifesto di Ventotene è riconosciuto in tutta Europa come base su cui è fondata l'Unione. Scritto da giovani antifascisti mandati al confino dai fascisti che non risposero all'odio con altro odio". Lo ha detto Elly Schlein nelle dichiarazioni di voto alla Camera.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Chiedo a Giorgia Meloni quali interessi sta facendo: quelli dell'Italia o quelli degli amici? Voleva fare la pontiera e invece di si è ridotta a complice silenziosa di Trump". Lo ha detto Elly Schlein nelle dichiarazioni di voto alla Camera.
"La voglio rassicurare: tutti sappiamo che l'Europa non può far affidamento su nessuno per la sua sicurezza e che nessuno pensa di rinunciare al rapporto con gli Stati Uniti ma di fonte agli insulti si reagisce e invece lei è rimasta muta. La vostra è una neutralità ideologica di chi non sa scegliere tra l'Europa e Trump. Questo silenzio a testa bassa relega il nostro Paese ai margini".
Roma, 19 mar (Adnkronos) - "Nella vostra risoluzione per non dividervi in tre posizioni diverse avete fato sparire la Difesa comune e il piano di riamo di Ursula von der Leyen, l'avete scritta con l'inchiostro simpatico. Facile far sparire le proposte divisive, ci credo che siete compatti, non avete scritto nulla". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar (Adnkronos) - "Giorgia Meloni è fuggita di nuovo, non la vedevamo dal dicembre scorso e le volte che si è palesata in aula si contano sulle dita di una mano. Si è chiusa per mesi nel silenzio imbarazzato di chi non sa cosa dire o non vuole dire cosa pensa". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar (Adnkronos) - La Lega "ha sostanzialmente commissariato la presidente Meloni dicendo che non ha mandato per esprimersi al Consiglio Ue". Lo ha detto Elly Schlein alla Camera.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Nessun impegno, nessun nuovo modello e nessuna certezza su occupazione e investimenti. Oltre i modi garbati di Joh Elkann non c’è nulla di nuovo". Lo affermano Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra.
"Abbiamo chiesto - proseguono i due leader di Avs - a John Elkann di fare davvero il Presidente e il Ceo dell’azienda che dirige. Solo lui potrebbe e dovrebbe dare garanzie concrete su investimenti e occupazione in Italia. Dal 2014 ad oggi il settore ha perso 15mila lavoratori, con un danno sociale ed economico enorme per il paese. Vogliamo riportare le produzioni delocalizzate in Italia, come quella della grande Panda in Serbia, interrompendo il trasferimento degli stabilimenti all’estero. È inaccettabile che Stellantis continui a produrre modelli di grande diffusione lontano dal nostro Paese utilizzando l’immagine made in Italy solo per gli spot".
"Chiediamo un progetto industriale chiaro, che preveda investimenti definiti, nuovi modelli da realizzare in Italia e precise garanzie sul fronte produttivo e occupazionale. Tocca costatare che anche oggi non è arrivata nessuna risposta sulla Gigafactory di Termoli, sul reshoring delle produzioni trasferite all’estero, così come la fine della spinta alle delocalizzazioni, che impoveriscono il nostro tessuto industriale. L’audizione di oggi evidenzia anche - concludono Bonelli e Fratoianni - l’inadeguatezza del governo Meloni, più impegnato a fare la guerra alla transizione ecologica che a investire seriamente nelle infrastrutture necessarie, come le stazioni di ricarica e le Gigafactory. La destra non capisce che, se l’Europa non procederà con determinazione verso l’elettrico, sarà schiacciata dai colossi globali come l’americana Tesla e la cinese Byd. Serve una politica industriale lungimirante, non la difesa di modelli ormai superati".