Sono stati revocati gli arresti domiciliari a Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, finito agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della procura di Genova sulle barriere fonoassorbenti. Il tribunale del Riesame hanno però disposto per il manager l’interdizione. “Siamo molto soddisfatti per la revoca dei domiciliari. Avevamo detto fin da subito che la misura ci sembrava sproporzionata. Aspettiamo le motivazioni” dichiara l’avvocato Carlo Longari. Secondo la procura e la Guardia di finanza, gli allora vertici di Aspi sapevano che le strutture erano difettose ma non le cambiarono per fare risparmiare la società. Il top manager è indagato anche per la vicenda delle gallerie, inchiesta aperta dopo il crollo della volta della galleria Bertè in A26 la Genova – Gravellona Toce il 30 dicembre dell’anno scorso. Quella sera caddero oltre due tonnellate di cemento, nessun mezzo rimase coinvolto. A seguito di quell’episodio partì una nuova inchiesta su Aspi e scattarono controlli sulla rete che portano a interventi di manutenzione che hanno causato code chilometriche e danni economici per circa un miliardo e la pratica è sul tavolo del ministero dei Trasporti
Il gip che ne aveva disposto i domiciliari aveva motivato il provvedimento sostenendo che il topo manager dimostrava “una personalità spregiudicata e incurante del rispetto delle regole, ispirata ad una logica strettamente commerciale e personalistica, anche a scapito della sicurezza collettiva”. Un manager che “ha sempre avuto il pieno controllo di Aspi e per molto tempo anche di Atlantia e, nonostante le sue dimissioni dal gruppo, sussiste il pericolo attuale e concreto di inquinamento probatorio e di reiterazione di reati”. Un inquinamento che veniva contestato anche a Michele Donferri Militelli, che stando a una intercettazione, dopo il licenziamento chiese a un collega di portar via dal suo ufficio i documenti sul Polcevera, ovvero il ponte Morandi collassato. Donferri Mitelli invece resta ai domiciliari. “È una decisione ingiusta – ha commentato l’avvocato Giorgio Perroni – e faremo ricorso in Cassazione”.
Secondo i pm di Genova Castellucci il giorno della sentenza di Avellino per la strage dell’acquedotto Acqualonga, dove morirono 40 persone, incontrò Paolo Berti, ex direttore operazioni di Aspi, per “rabbonirlo” dopo la pesante condanna a cinque anni e 10 mesi. Ma soprattutto lo vide per promettergli “una garanzia per tutta la vita per lui e la famiglia”. Ma questo non era contestato nel capo di imputazione. Sul caso Avellino nell’ordinanza erano citate, a dimostrazione del possibile inquinamento probatorio, le intercettazioni di E Donferri che diceva a Berti “perché ha chiesto una mediazione con te ti vuole rasserenare che ti aiuterà per tutta la vita ti vuole dire questo messaggio”. Donferri aveva incoraggiato Berti a fare” tesoro dell’attuale momento. Rivendica quello che devi rivendica…Hai capito Paole’ … questo però, che tu sia stanco non è chi, gli puoi… imputa’,, lui che ci sono quarantrè morti de là .. quaranta de qua. Stamo tutti sulla stessa barca”.