L’Istat prevede una marcata contrazione del Pil italiano nel 2020 (-8,9%) e una ripresa parziale nel 2021 (+4%,). La prima non è una notizia, la seconda sì e non particolarmente buona. Il calo del 2020 è ormai assodato, il nuovo dato Istat è sostanzialmente in linea con le ultime previsioni di Ocse e Standard & Poor’s e di un soffio migliore rispetto al – 9% previsto dal governo. E’ sul rimbalzo del prossimo anno che il numero dell’istituto di statistica appare deludente e al di sotto di quanto pronosticato da altre organizzazioni. Per l’Ocse, ad esempio, il Pil italiano 2021 dovrebbe salire del 4,3%.

Nel suo Report sulle prospettive economiche per l’Italia, l’Istat evidenzia come, quest’anno, la caduta del Pil sarà determinata prevalentemente dalla domanda interna, in discesa del 7,5%, per questa voce, nel 2021, è stimato un recupero del 3,8%. In particolare la spesa delle famiglie scenderà quest’anno del 10% per poi recuperare, solo in parte, il prossimo anno (+ 4,5%). Il tasso di disoccupazione dovrebbe fissarsi al 9,4% nel 2020 per poi salire all’11% nel 2021. Le unità di lavoro annuali (Ula) dovrebbero ridursi del 10% nel 2020 e crescere del 3,6% il prossimo anno. La disoccupazione crescerà anche per il rientro nel mercato di persone rimaste inattive quest’anno che quindi non rientrano nelle statistiche delle persone in cerca di lavoro, oltre che per il venir meno, da aprile, del blocco dei licenziamenti.

Il dato Pmi su servizi e industria, elaborato in base alla previsioni dei responsabili degli acquisti delle aziende, ha oggi registrato una decisa contrazione, ad ulteriore testimonianza di come al boom dei mesi estivi sia seguita una nuova frenata in autunno. In novembre l’indice Pmi composito, è sceso a 42,7 punti da 49,2 di ottobre, un calo peggiore delle stime e il livello più basso dallo scorso maggio. Sprofonda in particolare il settore dei servizi, col relativo indice in picchiata a 39,4 punti da 46,7 del mese precedente. La soglia dei 50 punti fa da spartiacque tra espansione e contrazione.

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