L'emendamento che introduce un prelievo sulle grandi ricchezze riammesso dopo il ricorso dei firmatari. Alla lista dei sottoscrittori si aggiungono anche due deputati cinque stelle. L'altra proposta di modifica alla legge di bilancio prevede un limite a 500milioni di euro per i crediti fiscali consessi alle banche che si aggregano
Uscita dalla porta, la proposta di patrimoniale rientra dalla finestra della commissione Bilancio della Camera. L’emendamento firmato da deputati di Leu e Pd, a cui si sono aggiunti oggi due cinque stelle, unito, prevede la soppressione di Imu seconda casa e bolli su conti correnti e dossier titoli, in cambio l’introduzione di un prelievo progressivo sulle ricchezze dai 500mila euro in su. La prima aliquota è dello 0,2%, quindi, secondo gli estensori, considerando le tasse eliminate, la misura si tradurrebbe in un risparmio fino a un milione di euro (prima casa al netto del mutuo incluso). Alla luce di queste “compensazioni” e della conseguente incertezza sulle coperture, ieri la Commissione aveva ritenuto inammissibile l’emendamento. Oggi è stato però riammesso ai voti come risultato del ricorso presentato dai firmatari. La proposta dell’istituzione “di una imposta sostitutiva sui grandi patrimoni” si legge, è stata riammessa “in considerazione della difficoltà di effettuare una puntuale quantificazione riguardo alla stima degli effetti di gettito derivanti dalla proposta emendativa, fermo restando che più puntuali informazioni potranno essere acquisite in proposito dal Governo nel corso dell’esame dell’emendamento stesso”.
“Quando abbiamo presentato l’emendamento si è messa in moto una gigantesca macchina della disinformazione: hanno detto che vogliamo mettere le mani nelle tasche degli italiani, colpire il ceto medio; ieri sera persino Luigi DI Maio è intervenuto. A Luigi dico: ‘facciamo un confronto e soprattutto leggiamo i testi che ciascuno di noi proponè. Dire che basta avere una casa per essere colpiti è un imbroglio: si può essere in disaccordo ma occorre dire a verità”. Così Nicola Fratoianni in una conferenza stampa alla Camera per spiegare le ragioni dell’emendamento alla manovra sulla patrimoniale.
Senza dubbio la proposta sta accendendo animi e dibattito. ” Dalla sinistra una misura insensata, che colpisce la classe media senza incidere sui veri grandi patrimoni, tutti custoditi in paradisi fiscali. La Lega farà le barricate in commissione e in aula affinché questa vergogna non vada in porto”, scrive Alberto Bagnai. “Con la riammissione dell’emendamento sulla patrimoniale torna a pendere la spada di Damocle sulla testa degli italiani. Questa proposta è una mina sul futuro del Paese: va bocciata senza se e senza ma“, dichiara il deputato e capogruppo di Forza Italia in Commissione Bilancio Andrea Mandelli. Merita attenzione anche quanto dichiarato in mattinata dal numero uno di Intesa Sanpaolo Carlo Messina. Se il Pil “non crescerà almeno del 2% ci troveremo con un debito difficilmente gestibile nel confronto con gli altri paesi”. Bisogna investire in infrastrutture, green, digitale e formazione e combinare tutte queste cose insieme per far crescere l’economia, “altrimenti bisognerà fare delle manovre strategiche sul debito o sul patrimonio degli italiani e non credo che sia assolutamente auspicabile”. Una lettura della situazione che riecheggia quella del sottosegretario all’Economia Pierluigi Baretta che nei giorni scorsi ha affermato che la patrimoniale potrà essere evitata se si riuscirà a rimettere in circolo almeno una parte dei soldi oggi parcheggiati sui conti corrente.
La dote per Monte dei Paschi – La commissione Bilancio ha riammesso al voto l’emendamento del M5s alla manovra per ridurre a un massimo di 500 milioni i crediti fiscali per le banche che si aggregano nel 2021. La richiesta di modifica riguarderebbe anche una eventuale acquisizione di Mps da parte di un altro istituto di credito, riducendo i benefici dell’operazione per l’acquirente. Difficile però che con una dote così striminzita qualche banca sia disposta ad impegnarsi in un matrimonio con la non ambitissima senese. In tal caso il Tesoro, oggi azionista con il 68%, resterebbe con il cerino in mano, anche perché, in base agli accordi con Bruxelles, lo Stato dovrebbe uscire dalla banca entro la fine del 2021. La questione Mps è stata anche il punto su cui si è consumata la rottura all’interno di Unicredit che ha portato all’addio dell’a.d. Jean Pierre Mustier. Secondo il manager francese, una dote di 3 miliardi di euro sarebbe stata comunque insufficiente per rendere economicamente interessante l’operazione.