Sono ore di trattative serratissime all’interno del governo per ultimare le regole per il Natale che verranno presentate dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte in tv alle 20.15. Quel che è certo, stando al decreto Covid che fa da cornice al nuovo dpcm approvato nella notte e già firmato dal capo dello Stato, è che Natale e Capodanno saranno “blindati” dentro i confini comunali. In più dal 21 dicembre al 6 gennaio sarà vietato spostarsi tra le Regioni e raggiungere le seconde case. Nel Consiglio dei ministri, dopo una animata discussione, si è anche deciso di confermare lo stop alle lezioni in presenza alle superiori fino al 7 gennaio (con un rientro graduale al 75%) e il via libera nella stessa data agli impianti sciistici. Ma è sugli spostamenti nei giorni festivi – e sulle eventuali deroghe – che ormai si è arrivati al tutti contro tutti: i presidenti di Regione hanno accusato il governo di “scorrettezza” per non averli consultati sul decreto e chiedono una retromarcia dell’ultimo minuto, così come un gruppo di senatori del Pd.

La risposta di Conte nel corso del vertice tra esecutivo ed enti locali, stando a quanto riferito all’Adnkronos, è stata un secco no. “Ho partecipato alla conferenza delle Regioni che era un passaggio chiave perché abbiamo definito con loro e raccolto le loro osservazioni sulla bozza del dpcm per gestire la pandemia”, fa poi sapere il premier. Il ministro Francesco Boccia ha definito “incomprensibile” lo stupore delle Regioni per le norme inserite nel provvedimento, dal momento che “le conoscevano bene”. A spalleggiare la linea di Palazzo Chigi sono invece il segretario dem Nicola Zingaretti – che ricorda come oggi ci siano stati quasi mille morti – e i Comuni. “Il Governo non dia un segnale di allentamento”, è stata la sollecitazione del presidente dell’Anci Antonio Decaro. “Rappresenterebbe un rischio. I sindaci sono preoccupati per quel che può accadere per esempio il giorno della vigilia di Natale, quando le zone centrali delle città medie e grandi richiamano migliaia di persone per il rito degli auguri e dell’aperitivo”.

I senatori del Pd: “Norme sbagliate, cambiarle” – Il gruppo del Pd a Palazzo Madama, sulla spinta di 25 senatori, ha chiesto invece di togliere lo stop nei superfestivi: “Mi rivolgo al premier Conte: cambi le norme sbagliate inserite nel decreto sulla mobilità comunale del 25, 26 e 1 gennaio – dice il capogruppo Andrea Marcucci – Lo chiedono le Regioni e 25 miei colleghi senatori del Pd”. “Non è una questione di poco conto, riguarda milioni di famiglie che abitano in zone limitrofe, divise soltanto dai confini del proprio Comune – aggiunge – Bisogna, a mio avviso, rendere possibile, nel rispetto delle norme, i ricongiungimenti familiari ed affettivi anche solo per poche ore. Servirebbe anche non discriminare tra attività economiche di città ed attività economiche di Paese”. A firmare la lettera sono stati 25 dei 35 senatori dem. Non l’hanno sottoscritta i 6 dell’area riferibile a Franceschini, ovvero Mirabelli, Rossomando, Pinotti, Astorre, Boldrini, Zanda, oltre ai tre senatori con ruoli nel governo (Misiani, Malpezzi e Margiotta). La spaccatura tra i dem è evidente dalle parole di Andrea Orlando: “Ogni volta che sono state introdotte misure restrittive è stato detto che erano assurde. Poi però si è dovuto verificare che era assurdo non averle prese per tempo con l’adeguata correttezza – dice il vice segretario – Quindi io credo che ci voglia ancora questo sforzo, perché purtroppo il virus non conosce le feste comandate. Sarebbe una beffa peggiore”. Della stessa idea il segretario Nicola Zingaretti: “In 24 ore quasi 1000 persone sono morte a causa del Covid. Rifletta chi non capisce quanto è importante tenere alta l’attenzione con regole rigorose“.

Zaia e Toti: “Scorrettezze dal governo” – Sul piede di guerra pure i governatori, con il ligure Giovanni Toti che già in mattinata ha espresso tutta la sua insofferenza per le decisioni unilaterali del governo, accusandolo di “scorrettezza”. Sono piovute critiche anche da Attilio Fontana, Michele Emiliano e Luca Zaia, che dice: “A noi è arrivata la bozza alle 2.30 di questa notte. Evito commenti ma concordo con Toti”. E torna a spiegare che “non si possono mettere sullo stesso piano piccoli comuni, come i nostri del Veneto e i grandi comuni per limitare gli spostamenti: la salute pubblica è in pericolo se si spostano i 120 abitanti del comune di Laghi, il più piccolo del Veneto, così come se lasci spostarsi liberamente 3 milioni di abitanti del comune di Roma, che sono il doppio di quelli del Friuli Venezia Giulia. Questo non è giusto”.

Le Regioni: “Venuta meno leale collaborazione” – Così al momento del faccia a faccia, alle 14.30, arriva il redde rationem: “La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome esprime stupore e rammarico per il metodo seguito dal Governo che ha approvato, nella serata di ieri, il decreto legge, in assenza di un preventivo confronto”, mettono nero su bianco i governatori. “Tale metodo contrasta con lo spirito di leale collaborazione, sempre perseguito nel corso dell’emergenza considerato peraltro che la scelta poteva essere anticipata anche nel corso del confronto preventivo svolto solo 48 ore prima”, aggiungono. Quindi sottolineano che le “forti limitazioni” imposte a “spostamenti e relazioni sociali” dal 21 dicembre al 6 gennaio “rendono di fatto pleonastico il pronunciamento su parti essenziali del Dpcm”. E i governatori contestano anche che nei provvedimenti “non si fa riferimento alcuno” ai ristori promessi dal governo per le attività che saranno sospese. Poi in serata il presidente lombardo Fontana spiega di aver proposto a Conte di “inserire un emendamento per modificare questo decreto legge”, in modo tale da rivedere in Parlamento lo stop agli spostamenti durante le festività in fase di conversione in legge del provvedimento. “Conte ha preso atto della mia richiesta e vedremo”.

Restano le zone, cautela sulla scuola – Confermata, invece, la classificazione del territorio in tre zone, anche se l’auspicio è che l’intera Italia possa diventare gialla dalla prima metà di dicembre. Già venerdì, complice l’abbassamento della curva, il ministro della Salute Roberto Speranza, sulla base del monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di Sanità, firmerà le nuove ordinanze che da domenica potrebbero rendere più gialla l’Italia, facendo passare alcune Regioni da zona rossa ad arancione e altre da arancione a gialla. Tra queste, come ha annuncia Eugenio Giani, ci sarà la Toscana. Ma la cautela resta massima. Specie sulla scuola: il governo sceglie, dopo un lungo e teso confronto, di riportare gli alunni delle superiori in classe solo il 7 gennaio e al 75% (in una prima bozza si parlava del 50%): in Consiglio dei ministri Lucia Azzolina e il M5s confermano la preferenza per il ritorno in classe a dicembre, ma su questo punto è stata accolta la richiesta delle Regioni di aspettare il nuovo anno, organizzando intanto il sistema dei trasporti.

Le altre regole – Nel nuovo dpcm sono poi confermate molte delle regole già in vigore, a partire dal coprifuoco in tutta Italia, che resta alle 22 e dai ristoranti chiusi in zona gialla sempre alle 18. Poi nei venti giorni tra Natale e l’Epifania nessun ammorbidimento: anzi, i blocchi cresceranno, le misure si faranno ovunque più rigide. Compreso il giorno di Capodanno, quando è previsto un coprifuoco “rafforzato” che durerà fino alle 7, quindi due ore in più. Il nuovo decreto, approvato mercoledì sera e composto di due soli articoli, serve a dare “copertura” proprio alla stretta natalizia. Permette a Conte di firmare un Dpcm che duri fino a 50 giorni (ora il limite è 30) e quindi di fissare la scadenza del decreto in vigore dal 4 dicembre al 15 gennaio. Ma soprattutto, consente misure più rigide nelle festività a prescindere dal “colore” delle Regioni. E stabilisce che dal 21 dicembre non ci si potrà spostare tra Regioni e province autonome se non per lavoro, salute e “situazioni di necessità”, oltre che per tornare nella propria residenza, domicilio o abitazione. È proprio sull’interpretazione di queste eccezioni – in particolare le “situazioni di necessità” – che si dibatterà ancora nelle prossime ore con le Regioni. E anche su misure di dettaglio come quella di far chiudere i ristoranti degli alberghi la notte del 31 dicembre o sulle deroghe alla quarantena per chi rientri dall’estero, su cui si è dibattuto a lungo in Consiglio dei ministri. Così come si è parlato della possibilità di impugnare la legge della Valle D’Aosta che è in contrasto con il Dpcm sulle norme anti contagio. Una possibilità molto concreta anche se la decisione non è stata formalizzata.

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