Le indagini sulla fondazione Open, la cassaforte del giglio magico negli anni della scalata di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, rimarranno a Firenze. Almeno per ora. La procura del capoluogo toscano ha infatti respinto l’eccezione di competenza territoriale presentata dai legali dell’ex premier, che puntavano a trasferire l’intera partita a Roma o, in subordine, a Velletri o Pistoia. La loro tesi è che il primo degli episodi su cui si basa il presunto finanziamento illecito ai partiti contestato a Renzi e agli altri indagati – cioè il versamento da parte della British american tobacco – si sarebbe consumato nella Capitale (dove l’azienda ha la sua sede). Ma i magistrati fiorentini, che hanno iscritto nel registro degli indagati il leader di Italia Viva, e i suoi ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti, l’impenditore Marco Carrai e l’avvocato Alberto Bianchi, la pensano diversamente.

I difensori di Renzi, gli avvocati Federico Bagattini e Gian Domenico Caiazza, potranno ora opporsi alla decisione dei pm, Luca Turco e Antonino Nastasi, entro dieci giorni. Lo permette l’articolo 54 quater del Codice di Procedura Penale, secondo cui è possibile ricorrere alla procura generale della corte di Cassazione. A quel punto il pg, assunte le necessarie informazioni, provvederà entro 20 giorni dal deposito della richiesta. Anche nel caso in cui l’indagine dovesse spostarsi da Firenze, gli atti di indagine preliminare già compiuti sono validi e potranno essere utilizzati dal nuovo ufficio competente.

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